È la storia semplice di Dio, un Dio a metà strada fra Inghilterra e Francia, con addosso una maglia a righe verticali bianche e rosse.
È un Dio con la faccia semplice, i lineamenti e i capelli da impiegato, un po' sgraziato, ma che cammina su due piedi che parlano e comandano la palla e fanno proseliti laici e pagani in un tempio dal nome di The Dell.
Dio nella parte di Inghilterra che guarda il Canale della Manica, ha le sembianze comuni di Matthew Le Tissier, dall'isola di Guernsey.
L'isola di Guernsey è britannica ma incastonata in quel tratto del Canale della Manica che guarda negli occhi la costa normanna della Francia.
Ma appartiene alla Corona anche se i suoi abitanti hanno quasi tutti origine nella vicina Normandia.
Anche i Le Tissier hanno origine normanna e sull'isola sono una famiglia normale fra le circa 60000 anime che la abitano.
Il football anche a Guernsey è seguito ed è quello inglese composto da Liverpool, Arsenal, Tottenham e Manchester United.
La rivoluzione della Premier League come la vediamo oggi è ancora lontana.
Matthew è l'ultimo dei quattro figli di Ruth e Marcus e da bambino corre in lungo e in largo per l'isola, per i suoi prati.
Lo spazio non gli manca, l'attenzione neppure.
Il pallone lo attrae anche se a volte rotola lontano e lui non ha voglia di rincorrerlo.
Matthew nelle giornate estive si arrampica sulla vetta più alta dell'isola, che vetta in realtà non può essere perché Hauntnez è alta 111 metri appena sul livello del mare, e osserva verso nord quello che la nebbia marina diradandosi li lascia vedere.
Quando scende osserva i fiori dell'isola che punteggiano le colline e i campetti da calcio che compongono anch'essi l'isola.
Non ha però voglia di correre, preferisce usare la testa e provare a giocare a cricket. Sport nobile per i sudditi della Regina ma che non colpisce più di tanto l'attenzione di Matthew.
A Saint Peter Port oltre ad allevare pregiati capi di bestiame, bovini di Guernsey appunto, Matt decide che riprova con il calcio, con i colori del Vale Recreation, nei campionati isolani.
I campionati isolani per il pigro Matt sono in realtà un trampolino di lancio.
Dall'altra parte di quel canale così freddo e nebbioso c'è Southampton, il porto che dalla vetta dell'Hauntnez Matt cercava di collocare sulla linea blu dell'orizzonte.
A Southampton c'è un club antico che indossa la casacca a righe verticali bianche e rosse. Per tutti i suoi giocatori sono i Saint's e anche se la bacheca è vuota, una sola Coppa d'Inghilterra datata 1975/76, ha il suo seguito come tutti "gli sconfitti di successo".
I Saint's organizzano un camp nel 1981 e il tredicenne Matthew decide di parteciparvi.
A Guernsey ormai lo conoscono tutti e anche papà Marcus è convinto che il football possa sfruttare le doti del figlio.
E il padre come tutti gli uomini di mare guarda lontano e sa che Southampton per il figlio non è il porto verso l'America ma la sua destinazione finale.
Al Camp Matthew fa parlare i piedi, corricchiando e fornendo assist agli improvvisati compagni di squadra.
Ormai i Saint's lo seguono e nel maggio 1985 gli offrono il primo contratto.
Il diciassette Matthew Le Tissier è ormai un centrocampista offensivo dei biancorossi.
I tifosi lo seguono fin dal primo allenamento,lui sorride, mostrando senza timore un sorriso sghembo. Si chiedono se quel ragazzino sgraziato con un dente storto sia davvero il talento che gli osservatori del club hanno scovato sull'isola.
Matt capisce da bravo uomo di mare qual'è il vento giusto e se anche si nasconde in allenamento alla prima importante, il debutto da professionista, decide che il vento è quello giusto per alzare le vele.
L'esordio è in Coppa di Lega il 4 novembre 1986 all'Old Trafford col Manchester United, in procinto di divenire il Manchester dominatore del calcio inglese.
E Le Tissier sale in cattedra. È sgraziato e non ama correre, è quasi indolente ma il suo tiro è potente e forte con entrambi i piedi, è uno spettacolo nello spettacolo e suggella l'esordio con due reti nel 4-1 finale.
I tifosi non ci credono ma si lucidano gli occhi. Quel ragazzino con la casacca numero 7 troppo grande può essere il futuro.
Chris Nicoll, l'allenatore, lo dosa però per non bruciarlo. Matthew non alza la voce e aspetta.
È abituato a guardare i vitelli crescere e i fiori di Guernsey sbocciare; aspetta allenando il destro e il sinistro.
Nicoll lo fa debuttare in campionato contro il Barnsley a marzo del 1987. È ancora una vittoria per 4-1.
Al The Dell ora Matthew ha una nuova casa e un secondo padre che ne smussa gli angoli.
Nicoll vede la classe del ragazzino farsi largo e lo fa crescere piano piano fino a che nel corso della sua quarta stagione in maglia Saint's Le Tissier viene premiato come miglior giovane del campionato, PFA Young Player.
È un Southampton da battaglia, che non può competere per il titolo o le coppe; coltiva talenti e se arriva al settimo posto è un titolo comunque da mettere in bacheca.
Anche Matthew dovrebbe essere destinato ad altri club ma è lo stesso Le Tissier a rifiutare le offerte delle big inglesi; Southampton è il suo arrivo. Tutte le partenze saranno da qui e termineranno qui.
Al The Dell.
È amore a prima vista e Matt sente la passione dei propri tifosi ricompensarlo ad ogni giocata.
È una passione che sopravvive anche alle piccole incomprensioni, come in tutte le storie d'amore e passione, dovute alle incomprensioni con il nuovo coach Ian Branfoot.
È un biennio difficile per il giovane talento di Guernsey ma che non ne scalfisce la classe.
Sa aspettare il vento giusto e sa che dopo un periodo senza vento la vela troverà la corrente giusta.
Corrente che arriva con il cambio di allenatore.
Arriva Alan Ball e per Le Tissier ricominciano gli applausi. È un biennio ad alto tasso tecnico che apre al ragazzo anche le porte della nazionale maggiore, in realtà mai troppo morbida per il calciatore.
Sarà un amore mal corrisposto, fatto di solo otto presenze e Mondiali ed Europei solo sfiorati.
In fondo il The Dell scandisce il suo nome, applaude i gol del suo numero sette.
Si gode ogni singolo rigore e pazienza se Mark Crossley della nobile decaduta Nottingham Forest ha sporcato la media parando l'unico rigore sbagliato dal nostro; alla fine lo score dirà 47 realizzazioni su 48 rigori calciati.
Matthew disegna archi nel cielo di Southampton, arcobaleni che finiscono quasi sempre in rete.
Sembrano disegnati da una divinità e per questo, per due piedi che sanno parlare alla palla, che Matthew Le Tissier diventa semplicemente Le God.
Dio, appunto.
E se si entrava al The Dell era impossibile non notare il cartello recitante "Benvenuti nella casa di Dio".
Potere della classe, del tifo e dell'attaccamento alla maglia.
È un Dio umano che dopo più di un decennio a dispensare classe e gol a 30 anni sente il peso dei contrasti e dei falli subiti.
Nonostante le giocate e le reti inizia il declino per Matthew che a 33 anni il 30 gennaio 2002 dirà basta.
Chiude vincendo 2-0 contro i londinesi del West Ham.
Chiude come aveva iniziato, vincendo, sentendosi Dio nella propri casa.
Il pubblico, anche quello avversario, applaude in piedi quello sgraziato calciatore che prendeva il pallone fra le braccia per proteggerlo e consegnarlo alla rete avversaria.
Applausi, anche se non si sono alzati trofei perché le giocate, l'orgoglio di indossare la divisa a righe verticali bianche e rosse non a prezzo.
Lo score in maglia Saint's dirà 540 gare e 209 reti.
Una enormità, il minimo per essere semplicemente Le God.
Si ritira ufficialmente l'anno seguente, dopo una stagione fra i dilettanti dell' Eastleigh, zona di Southampton, mai lontano dal suo porto con vista sulla Manica.
Tornerà anni dopo suo campi da calcio, più rotondo, rubizzo in volto per una gara soltanto con la maglia del Guernsey; la classe sempre la stessa di quando gli avversari scendevano sa Londra.
Matthew Le Tissier ammaina le vele ma si ferma sulla banchina. Non andrà lontano dal suo football e negli anni diventerà un ottimo commentatore sportivo.
Dio non può lasciare il suo gregge, neanche se ha tolto la maglia tanto amata.
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