Pucallpa è una cittadina dell'ovest del Perù, Appena dentro l'immensa giungla dell'Amazzonia.
Puerto Inca poggia sulle rive del fiume Rio Pachitea; sorge anch'esso all'inizio della foresta amazzonica.
Lima del Perù è la capitale e si trova ai piedi della catena montuosa andina, posta sulle coste pacifiche del paese.
Lima e Pucallpa distano poco più di 700 km, un normale collegamento aereo riduce i tempi di viaggio fra la sponda oceano a del paese e il polmone verde oltre le vette delle Ande.
Anche la vigilia di Natale del 1971.
La famiglia Koepcke vive in Perù, nella capitale Lima, ma è tedesca. Nello stato sudamericano ci vivono per il lavoro del capofamiglia, Hans-Wilhelm, zoologo. Anche la moglie Maria è una studiosa, ornitologa. Il Perù e l'Amazzonia sono in quegli anni un immenso libro aperto, da scoprire e la sua flora e la sua fauna un paradiso cui approfondire caratteristiche e specie.
Con loro c'è la figlia Juliane, bionda, con gli occhiali che di quel territorio così diverso dalla fredda Germaniasi innamora come tutti i bambini e poi gli adolescenti che hanno a disposizione la natura, nuda e pura e a casa libri e libri per leggere ed approfondire ogni argomento che quotidianamente incontra.
A diciassette anni conosce le coste oceaniche, conosce le montagne e i venti che ne discendono e conosce altrettanto bene la giungla amazzonica, la porzione che il padre le fa conoscere.
Maria Koepcke e la figlia Juliane la vigilia di Natale si imbarcano sul volo Lonsa 508 diretto a Pucallpa dove Hans-Wilhelm sta studiando, lontano dalla famiglia.
Il volo è uno dei tanti che nel periodo delle festività riempiono i cieli del mondo, vittime a loro volta della frenesia di chi viaggia e di chi quei viaggi li vende.
Juliane è fissata al sedile, guarda la madre che le sorride, osserva oltre il finestrino il mondo che cambia in un tempo relativamente breve: dalle onde schiumose dell'oceano alle vette con la neve delle Ande, le nubi scure che la stessa montagna sembra nutrire e fare nascere.
Oltre quelle vette Juliane e gli altri passeggeri del volo Lonsa 508 sanno che inizierà la giungla, un clima opposto a quello della capitale, per aprirsi in località Pucallpa e permettere al volo di atterrare e ai passeggeri di festeggiare il Natale con amici e famiglie.
Juliane pensa a quello che le ha raccontato il padre; le specie animali che abitano la giungla, la loro vita.
È curiosa, è una giovane donna ormai prossima a scegliere quale percorso di studio universitario intraprendere. La biologia e la zoologia le interessano da sempre in fondo. Sembra una scelta quasi naturale.
La mamma sembra addormentarsi da un momento all'altro nonostante il vento all'esterno. Le nubi sotto il velivolo sono color grigio piombo, e sembrano spostarsi alla stessa velocità dell'aereo. Qualche sbalzo, uno scossone più brusco di un altro impedisce ai passeggeri di affrontare il volo con tranquillità. Juliane con la mano stringe la cintura che la fissa al sedile. Si appoggia allo schienale, lo fa anche la signora Maria. Il velivolo sembra dondolare in mezzo alle nubi di tempesta perché quelle nubi nere sulle cime delle Ande sono diventate tempesta e loro adesso ci sono in mezzo.
Il cielo si illumina a giorno, un lampo, i fulmini, i tuoni, dall'oblò del finestrino si vede un muro di acqua e fulmini.
L'aereo sempre danzare una danza tribale; all'improvviso un rumore assordante, simile ad un colpo di artiglieria forse, un rombo, secco. Uno schiocco che ha fatto sobbalzare tutti i passeggeri e poi il buio, immediatamente.
Juliane si gira verso la madre che le stringe la mano. È quasi Natale, non possiamo in fondo non festeggiarlo, lo pensano le due donne, lo pensano gli altri passeggeri e anche i piloti.
Juliane sente la gola bruciare, su accorge in quell'istante che la carlinga è invasa dal fumo.
Un fulmine li ha colpito appena oltre le montagne; a 6400 metri sul livello del mare.
Tossisce, tossisce la mamma, tossiscono tutti mentre l'aereo si muove sconnesso, il fumo annebbia la vista, riduce i profili delle cose. A Juliane sembra che la testa giri, non capisce bene, stringe fino a quando può la mano della madre Maria. Poi il boato, tonfi sordi, il sopra che diventa sotto, il sotto che diventa sopra, i finestrini che esplodono, dall'esterno entrano foglie, rami, odore di pioggia e umido.
Juliane chiude gli occhi, prova a non pensare a nulla e cerca di raggomitolarsi come nel grembo materno.
Non sente più nulla, come se ogni rumore attorno a lei fosse così forte da non essere più udibile.
L'aria che la risveglia è un refolo di vento pesante, umido. Apre gli occhi, fatica a mettere a fuoco le cose attorno a sé. Legata al sedile dell'aereo si rende conto che non ha gli occhiali. Si rende conto che per qualche motivo la carlinga è aperta, non è più invasa dal fumo.
Si sveglia da sola, lontana da quello che rimane della carlinga. Si slega non senza fatica dal sedile ma il rimettersi in piedi le provoca un dolore che non ha mai provato prima. Non vede la madre, non sente le urla di pancia di quando tutto era buio e fumoso.
Sente il viso umido, bagnato: ha una ferita all'occhio e respira a fatica. Ogni respiro una stilettata vicino al collo. Ha anche una clavicola rotta. A fatica si rialza, si mette in piedi, si accorge che attorno a sé ci sono rami, fronde, rottami, valigie. Alza non senza fatica la testa, non ce la fa, il mondo attorno a lei gira violentemente. La testa sembra scoppiare e ha un forte senso di nausea, vomita, tossisce, si appoggia ad un albero, un braccio sembra bruciarle: ha una profonda ferita, si siede ai piedi di un albero. È stanca.
La mamma non ce l'ha fatta, come lei altre 75 persone, fra passeggeri ed equipaggio. Lei è viva, ferita ma viva. Come lei altre 14 persone.
Juliane non sa chi siano, non vede la madre ma conosce la giungla, l'ha visitata con il papà e la mamma. Le hanno spiegato cosa sia, cosa può darti e cosa può toglierti.
Lei sa cosa può fare, deve cercare di capire dove si trova.
La testa le scoppia, ancora non lo sa ma ha una forte commozione cerebrale.
Il volo Lonsa 508 è precipitato nella giungla amazzonica in località Puerto Inca; il fatto che superate le vette andine il velivolo sia caduto nella giungla, tra le fitte cime degli alberi ha fatto sì che l'impatto al suolo sia stato meno duro, le fronde hanno fatto da rallentatore; i resti sono sparsi su un'ampia area.
Juliane si asciuga le ferite aiutandosi con quello che trova in natura, quello che conosce. Sente un fiume scorrere vicino la foresta, ha male, la testa sembra scoppiare.
Le ricerche del velivolo iniziano subito, i giorni che seguono il disastro sembrano tutti uguali.
Sa che la foresta può essere amica ma sa anche che può rivelarsi fatale. Dopo qualche giorno nota delle larve nella ferita sul braccio che le si è infettata.
"Non devi mai preoccuparti Juliane, i batteri, le larve delle mosche, non sopportano gli odori forti, pungenti. Benzina, alcuni saponi. Li passi sopra, ti aiuti con un lembo di tessuto ed uno straccio. Lo strofinio sopra la ferita, farà un po' male, ti brucerà ma ti aiuterà a guarire e a tenere larve e batteri lontani."
Riascolta le parole del padre, le sembra di vederlo mentre la accarezza spiegandole una piccola, importantissima regola di sopravvivenza.
La testa le fa mal, il corpo smagrito è provato dal dolore ma Juliane sa che deve tornare al punto in cui si è risvegliata, qualcosa sicuramente troverà che la può aiutare. Mettendo a fuoco a fatica i contorni della giungla ritorna verso i resti del velivolo. Ha la febbre alta e diverse ferite e fratture ma la voglia di vivere la sorregge.
Raggiunti i resti cerca, sposta oggetti altrui, scatole, quel che rimane di bagagli aperti nell'impatto. Trova una piccola tanica di benzina, ecco la soluzione salvavita.
Versa la benzina sulla ferita, sulle larve. Brucia come fuoco vivo, piange, urla, il braccio se possibile le fa ancora più male. Le sembra di non respirare più, le sembra di svenire, forse si addormenta, forse per il dolore.
"Se senti scorrere dell'acqua avvicinati e segui il corso. Vicino all'acqua c'è sempre la civiltà."
Hans-Wilhelm glielo dice piano, sicuro che la figlia ricorderà le sue parole.
L'acqua scorre, lenta ma scorre vicina a lei, è il Rio Pachitea.
Juliane segue il rumore, sente gli odori e i suoni tipici dei corsi d'acqua, la vegetazione che inizia a farsi più rada, alla fine un capanno di legno, di pescatori o boscaioli forse.
Juliane entra, mangia una delle ultime caramelle che teneva in tasca e si stende sul letto che arreda con poco altro la baracca di legno. La testa che le scoppia, il dolore, la ragazza si addormenta.
Il sonno forse le porta pensieri, consigli, sogni in bianco e nero ma riesce a dormire. La ritrovano addormentata i proprietari della capanna, pallida, magra, ferita.
Juliane nel suo particolare risveglio sente l'acqua scorrere vicino a lei, la luce del sole che le arriva da sopra, da un punto in alto nel cielo.
Si risveglia in ospedale accarezzata dalle mani del padre Hans-Wilhelm.
Juliane le sorride, è viva, ha sempre ascoltato le parole di suo papà, gli insegnamenti, il guardare la natura e quello che ti può dare.
Juliane Koepcke oggi è una affermata biologa e zoologia oltre che apprezzata scrittrice.
Il volo Lonsa 508 si scoprì poi era un volo assemblato con pezzi di altri aerei, "costretto" a volare per le insistenze delle compagnie di volo durante il periodo delle festività.
Juliane lo saprà in seguito. Ancora oggi è uno straordinario esempio di resilienza e voglia di vivere.
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