Rodion Camataru, la Scarpa perduta

Spesso i regimi dittatoriali hanno attinto allo sport per dare di sè una immagine positiva. 
Ceausescu in Romania, mettendo comunque in ginocchio milioni di romeni, allo sport ha sempre guardato con voracità; la voracità di avere medaglie altrui da esibire, campioni da esportare nel mondo col marchio Romania. Ginnastica artistica, Nadia Comaneci su tutte, e calcio, la Steaua Bucarest sul tetto d'Europa nel 1986, più delle altre discipline.
Quasi che in ventidue anni di dittatura socialista lo sguardo del mondo oltre confine si fermasse allo sport.
Negli anni della dittatura romena la rivista calcistica francese France Football inventa un premio individuale, dedicato all'attaccante che ha segnato di più nei campionati europei. 
È un premio che va a campioni che hanno lasciato un segno indelebile nel calcio come il portoghese Eusebio, il tedesco Müller o l'austriaco Krankl e protagonisti di campionati alla periferia del grande calcio come il romeno Georgescu, il cipriota Kaïafas e il bulgaro Slavkov.
Il premio di chiama Scarpa d'Oro, oro griffato Adidas.
Ceausescu delega ai figli la gestione dell'intero sistema calcio. Come tutti i regimi dell'area socialista i club dei campionati maggiori sono dipendenze di apparati statali: Dinamo per gli Interni, Rapid per l'esercito, Lokomotiv per i trasporti e così via.
Si deve vincere a tutti i livelli, coi club ed individualmente. La Scarpa d'Oro è un ottimo biglietto da visita per il regime.
Valentin, il figlio sadico del dittatore costruisce un sistema di reclutamento dei giocatori che spesso muta il calciomercato in minacce e aggressione. Il sistema da qualche frutto sporadico come la doppia Scarpa d'Oro a Georgescu della Dinamo Bucarest a metà degli anni '70 e poco altro fino alla metà degli anni '80.
I giovani reclutati qua e là, con la forza o meno, sono maturi, guidati da allenatori col grado di colonello, nel club caro al figlio del dittatore, la Steaua Bucarest, baluardo socialista legata ai servizi segreti, con il vento della Perestrojka che soffiava e la centrale nucleare di Chernobyl appena esplosa.
La Steaua sublima nel maggio 1986 a Siviglia il sistema Ceausescu, sotto la guida del colonello Emerich Jenei. La finale contro il favorito Barcellona dell'inglese Venables si chiude ai rigori, trascinati dalle mani forti del portiere Ducadam che para tutti i tiri dei blaugrana.
Ceausescu padre ha un'altra medaglia da esibire al mondo dopo i fantastici, mitici, 10 della ginnasta Comaneci alle Olimpiadi di Montreal1976.
Ceausescu ha la squadra che sublima la sua Romania ora che sente il vento della Perestrojka soffiare vicino alla quasi neonata Casa del Popolo ha bisogno di un singolo atleta, l'uomo che da solo rappresenti la nazione.
Ecco il punto preciso dove inizia la storia di Rodion Camataru, attaccante dal fisico imponente che si è imposto nel calcio romeno con la maglia dell'Universitatea Craiova della quale diventa il terminale offensivo per più di un decennio. Con la "squadra degli studenti" Rodion vince anche due campionati nazionali all'alba degli anni '80, impreziositi da quattro coppe di Romania, quando non era una cosa così scontata.
Rodion viene dai confini dello stato, da Strehaia, e si muove lento per il campo di gioco, grande e grosso com'è. Ha la capigliatura folta, corvina con grandi basette.
Viene dal luogo che ospita una delle più grandi colonie della Tartaruga di Hermann; non può avere la velocità fra le sue doti.
Però segna, fa tanto gol, arriva in nazionale della quale diventa l'attaccante principale.
Partecipa all'europeo di Francia del 1984 e al mondiale di Italia '90 senza però lasciare il segno.
La buona carriera all'Universitatea attira su Rodion le attenzioni dei funzionari del ministero degli interni, della famiglia Ceausescu, che vedono in Camataru l'erede di Georgescu.
La Dinamo è squadra di regime ma non è la favorita di Valentin Ceausescu, non è la Steaua. Le vittorie non arriveranno per la squadra del ministero degli interni ma in qualche modo la placida potenza dell'attaccante di Strehaia deve essere riconosciuta. E aiutata.
È sempre il 1986, l'anno di grazia per il calcio romeno.
Camataru sa che non può vincere il campionato ma sa segnare, anche se è lento e grosso. Ci prova e ci riesce.
A fine stagione a referto mette 44 reti in 33 presenze, il campionato sfugge, la Steaua sale sul tetto d'Europa e Rodion fra la sorpresa generale è la nuova Scarpa d'Oro, beffando con 18 reti negli ultimi 6 incontri l'austriaco Polster fermo a 39 reti.
Ceausescu ha la seconda stella da esibire.
Mentre il vento attorno ai regimi socialisti cambia i confini e gli equilibri di potere, l'ignaro Camataru continua a segnare, meno in verità che nell'anno di grazia 1986.
Forse in cuore suo non si aspettava tanto clamore, vorrebbe ritirare la testa nel carapace e nascondersi ma non può.
Oltre confini Polster, France Football gridano allo scandalo, passano il trofeo al setaccio: troppo strane quelle valanghe di reti in così poche giornate.
Tante polemiche feriscono il gigante, in fondo buono, di Strehaia.
Il trofeo viene congelato, non ci segnato. Non resta altro da fare che ingrassare gli scarpini e continuare a fare gol.
Rodion però è stanco; delle critiche, dei sospetti e del regime, lui che per certi aspetti lo ha impersonato.
Il 1989 sarà decisivo per Camataru e per la Romania.
Partendo da Timisoara la protesta degli oppositori sfocia in rivoluzione vera e propria con tanto di esecuzione capitale di Ceausescu e la moglie il giorno di Natale del 1989.
Pochi mesi prima della rivoluzione Rodion accetta l'offerta del club belga dello Charleroi, così da preparare al meglio il prossimo Mondiale di Italia '90 e fare ricredere France Football e poter finalmente alzare al cielo l'agognata Scarpa d'oro.
In Belgio dura poco ed è un'avventura in chiaro scuro, sceglie l'Olanda, l'Hsc Heereenven, squadra con la maglia a righe blu e cuori rossi.
Rodion ritrova la miglior vena realizzativa e nel 1993 segna il suo ultimo gol da professionista, nella sfortunata finale di Coppa d'Olanda persa contro l'Ajax.
Il placido Camataru si ritira e torna nella sua Strehaia ad osservare come la rivoluzione ha cambiato il suo paese e a sperare che la Scarpa d'Oro possa finalmente finire nelle sue mani.
France Football non poteva vedere di buon occhio il premio dedicato alla "grandeur" degli attaccanti venir sminuito da una selva di carneadi sconosciuti.
Forte del ricorso di Polster e di una parziale ammissione della Federcalcio romena, la rivista francese decise così di inviare in Austria il prestigioso premio ufficialmente e in seguito di sospenderlo al fine di evitare brogli sempre più evidenti.
Perentorio l'ordine del regime di "farsi da parte" o quantomeno di "non ostacolare" le giocate del bomber della Dinamo per tutte le squadre avversarie delle ultime sei giornate del campionato '85-'86.
Sarà con altri criteri e maggiori coefficienti di difficoltà la European Sports Media a rilanciare il premio qualche anno dopo.
Rodion si ritira nel suo guscio come una tartaruga di Hermann e inizia a studiare da allenatore.
Iniziò ad allenare anche per cercare una via onesta al gol, un attaccante che non venisse ignorato per ordine superiore, dai difensori avversari.
Il suo titolo di cannoniere rimane negli annali romeni come l'impresa del regime, lesto a sacrificare agonismo e spettacolo per un'immagine vincente.
A farne le spese, per l'opinione pubblica il gigante Camataru, non più onesto attaccante ma strumento di regime.
Eppure, lo avrà pensato anche Rodion passeggiando per il parco naturalistico di Strehaia, i gol li sapeva fare senza l'appoggio di un regime.
C'è riuscito anche in Olanda, lo pensa ancora, Rodion.





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