La grande foto del Papa Buono campeggiava da sempre sulla parete che dal disimpegno porta al cucinino che mio padre aveva ricavato quasi dal nulla per fare cucinare alla mamma "senza che i cattivi odori appestassero la cucina nuova".
Mi ha sempre sorriso da quella foto enorme, con addosso mozzetto rosso, stola pontificia e rocchetto; era una gigantografia a mezzobusto, sacra per la cristianità di mia madre.
Noi maschi l'avevano addottata come un componente della famiglia e la spolveravamo sempre con cura.
Giovanni XXIII, appunto il Papa Buono, era stato a suo tempo un Papa dal forte impatto emotivo, cristiano mediatico in tempi in cui media era semplicemente una parola di origine latina che indicava generalmente gli organi di stampa.
Mia mamma ha iniziato a diventare donna e madre negli anni del suo pontificato e la vita ha iniziato lì a giocarle contro, quasi naturale che lei si rifugiasse nella Chiesa guidata dal Patriarca di Venezia.
E con tutti i crismi della sua cristianità il venerdì per la nostra tavola non passava mai una pietanza che avesse la carne come ingrediente.
I Papi e la tradizione cristiana nei secoli hanno quasi imposto il digiuno dalla carne il venerdì, non solo, anche dalle bevande che potessero indurre in tentazione l'uomo; anche oggi che di anni ne sono passati più di duemila, il perché persista questa regola (per altro oltremodo ferrea e rispettata più di un articolo qualsiasi della nostra Costituzione) non è dato sapere con assoluta certezza, tanta è la confusione attorno ad essa.
Dai Papi conniventi coi commercianti, in barba a Gesù e ai mercanti nel Tempio, del porto di Civitavecchia (il porto più importante dello Stato Vaticano) per imporre un giorno a settimana il consumo del tanto pescato dalle imbarcazioni vaticane alla teoria che lega questo digiuno alla Passione di Cristo avvenuta da calendario di Venerdì.
Altre ancora riconducono il venerdì "solo pesce" ai quaranta giorni nel deserto, alla resistenza con cui Gesù non cedette mai alle prove del Demonio.
Ecco, qui in mezzo c'è sicuramente la verità storica ma per quel che mi riguarda mia madre era cattolica, credente, quindi il venerdì maiali e polli sapevano di avere il giorno libero dal nostro desco e quella era l'unica verità contemplata.
Senza repliche da parte di mio padre, di mio fratello o mie.
Il profumo, l'odore intenso di mare e salsedine, arriva forte alle narici, come uno schiaffo.
La terrina è pronta nel ripiano, prendo con una mano lo scolapasta e con l'altra il sacchetto aperto. Mi sposto sopra il lavello e con un colpo deciso rovescio il contenuto del sacchetto nello scolapasta e agito con forza quest'ultimo per far colare l'acqua in eccesso.
Quando sono sicuro che non ci sia più acqua verso il contenuto dello scolapasta nella terrina.
Il contenuto si posa sul fondo e lo ricopro fin quasi l'orlo del contenitore di acqua fredda e getto per ultimo una manciata di sale grosso. Lascio sul ripiano la terrina e vado a prendermi cura del giardino che sta soccombendo alle piante selvatiche.
Devo lasciare la terrina a riposare che il suo contenuto lavori poi fra qualche ora cambierò l'acqua e aspetterò ancora qualche ora e potrò iniziare a preparare la cena.
Non è sempre per cena, negli anni lo è stato anche per tanti pranzi, preparando la sera prima la stessa terrina.
Sul ripiano di formica verde del cucinino di servizio mia madre lasciava riposare al buio la terrina piena di acqua e sale grosso. Passata la nottata, mentre aspettava di fare colazione ripeteva le stesse mosse.
Più tardi lo farò anche io.
Guardando con lo sguardo dolce mamma salutava col segno della croce il Papa Buono che comunque lo guardassi pareva rispondere sempre col sorriso buono il saluto della mamma.
Mentre passo preso da altre cose davanti la terrina sento che il sale sta facendo il suo lavoro, quell'azione chimica che permette alle vongole immerse nel recipiente di aprirsi e fare uscire tutto il salso al loro interno. Una sola volta non basta quindi più tardi cambierò loro l'acqua e terminerà così la fase di "spurgo".
La padella un po' storta e un po' annerita dagli anni di cottura viene irrorara dalla mamma con un giro d'olio di oliva e pochi secondi dopo vi gettava uno spicchio d'aglio che aveva schiacciato solo un po' con il lato del grande coltello da cucina, usato anche per tagliare grossolanamente un piccolo peperoncino, gettato anch'esso ad insaporire l'olio.
L'aglio imbiondito viene tolto e nella padella ci finisce tutto il chilo di vongole.
Alzo la fiamma del fornello e stappo una bottiglia di vino bianco un tempo denominato Tocai, ora dopo le carte bollate ungheresi chiamato semplicemente Friulano. Uso un vecchio cavatappi professionale comperato nel1988 per la prima stagione estiva della mia vita.
Prendo un tumbler basso dalla dispensa e dopo aver aperto la bottiglia annuso il tappo di sughero gradevolmente imbevuto dal profumo di mandorla amara del vino, verso velocemente un goccio del primo vino e riempio il tumbler di quel vino color giallo paglierino.
Cercando con lo sguardo una laicissima immagine di Keith Haring appesa alla parete della mia cucina e alzo il bicchiere insegno di saluto prima di versarlo nella pentola con le vongole. Copro il tutto e sorrido pensando che è mercoledì, carne potevo cucinarne.
Altri Papi, anche in tempi recenti, hanno cercato di dare al mondo cristiano la certezza del venerdì senza carne, né bevande che possano"indurre in tentazione". In tempi recenti la voce di Giovanni Paolo II, per chi ha la mia età è l'unico Papa riconosciuto tale per spessore umano e carisma, anche da chi come me poi è diventato ateo, ha cercato di giustificare la presenza di carne almeno bianca sulle tavole italiane.
Ovviamente tranne le tavole attorno alle quali gravitava la signora Nelly, la mia mamma.
Papà ha provato un tempo a spiegare che va bene il Papa Buono, va bene crederci o meno, ma lui muratore da una vita, la pasta al ragù la considerava elemento primario ed essenziale nel suo regime alimentare, arrivando a promettere che l'indomani, il sabato, giorno di riposo, avrebbe accesso anche tutte le candele della chiesa.
Il nulla, come risposta materna.
Dopo un quarto d'ora il vino evapora e si può togliere il coperchio. Lascio andare come vedevo fare alla mamma senza coperchio e dopo qualche minuto verso nello scolapasta le vongole, avendo cura di raccogliere in un pentolino il liquido di cottura.
Con la benedizione papale sempre a vista rimetteva le vongole nella padella un po' storta e filtrava il liquido di cottura dagli ultimi residui di sabbia.
E buttava i resti del peperoncino; velocemente rimetteva quel brodo opalescente nella padella un po'storta e copriva tutto col coperchio.
Mentre aspettava papà che rientrasse per la pausa pranzo metteva ad abbrustolire una decina di fette di pane casereccio sopra la stufa economica.
Bastavano pochi attimi per renderlo croccante e girarlo.
Quando papà rientrava, quasi subito in realtà perché la mamma non aveva solo fede ma conosceva bene i tempi per servire in tavola tutto ancora caldo.
Tolgo la leccarda dal forno e la adagio sopra una presina di feltro, di quelle che trovi nelle cucine italiane anche ricamate col punto e croce. Le fette di pane hanno il profumo buono del mattino sotto i portici di Loreo.
Metto anche il pane in tavola.
Papà una volta seduto a tavola spezzava subito una fetta di pane e la intingeva nella pentola, appena insaporita da qualche foglia di prezzemolo, scatenando le ire di mia madre che voleva prima riempire tutti i piatti ma il papà giustamente aveva fame e non poteva non farlo.
Ogni volta che mamma serviva il pasto io avevo l'idea che il Papa Buono dalla sua gigantografia invidiasse mio padre ma poteva essere un pensiro di bambino.
La pentola un po' storta restava al centro del tavolo ma veniva riempita di fette di pane dal papà che chiudeva quel pranzo così "ecclesiastico" finendo di fatto il guazzetto delle vongole.
Contento.
Come mia madre che era riuscita a nutrirci rispettando i canoni della fede.
Addento goloso il crostone di pane guardando la laicissima immagine di Keith Haring che mi guardano sodisfatto dalla parete della mia cucina.
Amen.
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