Lo Sceicco che scende in campo

Il protagonista di questo racconto ha scritto la propria storia in pochi istanti, diversi fra loro; inconsapevolmente ha anche scritto una pagina surreale dei Mondiali di calcio, quelli di Spagna '82.
L'ha scritta a modo suo, come altrimenti non avrebbe saputo fare.
E nella Storia, quella vera qualche anno dopo ci è tornato suo malgrado.
Golfo Persico, un decennio difficile.
Il Kuwait negli anni '80 è un paese per chi ha la mia età che sai dov'è, inteso come area geografica, sai cos'è, a grandi linee un emirato, qualcosa di simile ad un regno, che ha il petrolio, tanto, la benzina, quella con l'insegna Q8 che pronunci in italiano ma non in inglese. Di più non si sapeva, tantomeno si vedeva perché internet così come è oggi era molto lontano dal divenire.
Men che meno si pensava che a quelle latitudini si potesse giocare a calcio, col caldo che fa, per di più con la decennale guerra Iran-Iraq pochi chilometri più a nord dell'emirato. 
Forse ci arrivavano i più esperti di football perché gli Emirati di allora erano allora come oggi gli scenari per l'ultimo ballo dei campioni più famosi.
Sapevo dal telegiornale, dalla voce dei cronisti dove erano localizzate Baghdad e Teheran, i fiumi Tigri ed Eufrate. Sapevo che erano a nord del Golfo Persico, ogni sera che guardavo la TV i due paesi erano in guerra. Una guerra brutta, sporca, brutale.
Poco più a sud gli emiri continuano la vita di sempre, quella che si svolge sotto il sole cocente del Golfo, con le fiamme dei giacimenti petroliferi che bruciano perenni dalle sommità di lunghi comignoli. Emiri che si sono suddivisi in base a vecchie radici storico-familiari tutta la sabbia della penisola araba, almeno quella dei territori che si affacciano sul Golfo.
Qatar, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Buthan; nomi esotici, buoni da ricordare per l'interrogazione di geografia o per approfondire meglio le proprie conoscenze calcistiche.
Il campionato di calcio del Kuwait non è il campionato più bello del mondo, sicuramente agli antipodi del campionato italiano, inglese, francese. Sicuramente però è un campionato già ricco, dollari, auto, agi, privilegi soprattutto se vieni dal Brasile e sai che quelli che stai per tirare saranno gli ultimi calci al pallone che stai per dare. 
Il Kuwait ancora oggi è un paese piccolo, privo di risorse naturali di acqua (gli emiri sono stati i primi a desalinizzare l'acqua del mare), circondato dal deserto e dal caldo tropicale che alza la temperatura oltre i 45°. 
Ma è uno stato ricco, dotato di un porto naturale nella propria baia e di una nazionale di calcio che non apparirà mai fra le prime del ranking mondiale ma che ha trionfato sei anni di fila, dal 1970 al 1976 nella Coppa del Golfo.
Carlos Parreira lo sa, è un allenatore brasiliano atipico, conosce l'Asia e il Medio Oriente e anche lo sceicco Fahad Al-Ahmed Al-Jaber Al Sabah, fratello dell'emiro, presidente della federcalcio kuwaitiana.
Lo sceicco vuole confermare i progressi dei suoi calciatori non solo nei confini del Golfo Persico ma nel continente, l'Asia.
Quello che a noi occidentali sembra qualcosa di pittoresco, di esotico in realtà è una scelta azzeccata: Parreira in due soli anni centrerà la vittoria della Coppa d'Asia nel 1980 e la prima storica qualificazione al mondiale, Spagna 1982. Gli sceicchi festeggiano, incuranti della guerra esplosa pochi chilometri a nord fra Iran ed Iraq che porterà ad otto anni di sanguinoso conflitto. Festeggiano il successo nello sport, storico, e appoggiano Saddam Hussein e il suo Iraq nella crociata contro gli ayatollah iraniani.
Fahad Al-Ahmed Al-Jaber Al Sabah sembra non ascoltare i venti di guerra soffiare da nord e concentra le sue forze sull'impegno mondiale della sua creatura.
Il girone toccato in sorte al Kuwait è quello che si definisce un girone di ferro: Cecoslovacchia, Francia ed Inghilterra. Il baffuto sceicco gonfia il petto d'orgoglio, meglio contro nazionali forti
che contro squadre più deboli.
Mentre la guerra procede, noi occidentali comperiamo televisioni a colori e gadgets con la mascotte del "Mundial", un arancio calciatore chiamato Naranjito appunto, arriva l'estate del 1982, la Spagna, l'esordio.
Che per i ragazzi di Parreira significa un dignitoso pareggio per 1-1 contro la Cecoslovacchia, storica esponente del calcio mitteleuropeo. Lo sconosciuto marcatore kuwaitianao è Al Dikhal, sconosciuto anche alla stampa specializzata.
Agli occhi dello sceicco si compie un vero miracolo, qualcosa di storico, un viatico verso la gloria.
Il ritiro del Kuwait è una ridda di guardie armate, lusso, emiri con copricapi colorati e folti baffi neri. Qualcosa di comunque lontano dal calcio, così come lo contempliamo noi che il mondiale lo stiamo seguendo da casa.
La seconda giornata vede gli asiatici scendere in campo contro la Francia di uno strepitoso quadrilatero di centrocampo, Giresse-Fernandez-Tigana-Platini. L'arbitro è il russo Miroslav Stupar.
Il 26-6-1982 allo stadio di Valladolid in tribuna, circondato da sodali e guardie del corpo non manca lo sceicco Fahad Al-Ahmed Al-Jaber Al Sabah che dalla balaustra indica, urla, incita,quasi allena i suoi uomini.
Carlos Parreira osserva e sorride sornione.
Il pareggio nel primo turno ha caricato oltremodo le aspettative dello sceicco e all'allenatore brasiliano il caldo umido di Valladolid sembra più umido di sempre.
L'emiro è solo in parte nascosto dalla struttura gialla in metallo che compone la balaustra quando l'arbitro fischia l'inizio dell'incontro. 
Fahad Al-Ahmed Al-Jaber Al Sabah dimentica la guerra a pochi passi da casa, la promessa di Saddam, il deserto e diventa allenatore aggiunto dei suoi uomini.
La Francia non è la Cecoslovacchia, anzi chi ha la mia età sa che quella è una delle nazionali più belle schierata dai transalpini che chiuderà quel mondiale sul podio e due anni dopo sui campi di casa conquisterà un bellissimo Europeo. Non è la Cecoslovacchia e infatti all'inizio della ripresa è avanti 3-0.
Parreira ha capito come finirà, mastica calcio da quando era bambino, ha esperienza di calcio e penisola araba, sa quando la testa non segue più le gambe.
Lo sceicco è serio, incredulo a volte, con lo sguardo feroce altre.
Il pomeriggio di Valladolid è caldo, quello umido che ti entra nella pelle, un catino che a breve scriverà una pagina di storia del football.
L'arbitro Stupar non ha avuto grossi problemi disciplinari a gestire l'incontro. Al 75' Al-Buloushi accorcia, Parreira gioisce, lo sceicco si alza.
È al minuto 80 però che si scrive la Storia.
Alain Giresse recupera palla e senza venir contrastato da nessun avversario arriva davanti al portiere che rimane fermo, immobile, nulla di più facile che accompagnare la palla in rete per il piccolo attaccante francese. Parreira osserva l'arbitro, l'arbitro fischia la convalida della rete, i francesi esultano, l'allenatore brasiliano alza gli occhi al cielo, lo sceicco gesticola furibondo. 
I calciatori arabi circondano l'arbitro, non è giusto, loro si sono fermati perché l'arbitro aveva fischiato. L'arbitro afferma che non ha fischiato, lo spiega a tutti quelli che glielo dicono. 
Fahad Al-Ahmed Al-Jaber Al Sabah ha oltrepassato la balaustra che separa tribuna e terreno di gioco, punta il direttore di gara. Si sposta in capannello di persone vario, giornalisti che hanno colto lo scoop del Mundial iberico, la guardia civil intenta a mantenere un minimo d'ordine, calciatori, personaggi in divisa o in divisa da gioco.
La kefiah bianca e rossa dello sceicco si nota nel gruppo, ben visibile dalle tribune; gesticola, indica ai suoi calciatori di uscire, di abbandonare, come fosse suo il torneo, il campo, il pallone. Punta l'indice contro l'arbitro, Parreira è in silenzio, ha capito come finirà. Platini e i compagni osservano, sanno quale sarà il finale.
L'arbitro è sconvolto, annuisce, ha perso la serenità. Ascolta le invettive dello sceicco, forse è scappato davvero un fischio, non era dalle tribune come effettivamente è stato. Annuisce, fischia, indica un punto nel terreno di gioco: gol annullato. Lo sceicco tronfio ritorna in tribuna.
La partita riprende, Parreira non dà più indicazioni su suoi, i francesi segnano ancora, segnano il quarto gol e l'incontro termina 4-1.
L'arbitro Stupar manderà negli spogliatoi anche la propria carriera.
Poco male, ormai l'immagine del Kuwait è condizionata dalle gesta dello sceicco.
L'ultima gara in programma è contro i maestri inglesi che vincono 1-0; tutto sommato un'eliminazione onorevole non fosse per la sceneggiata del presidente della federcalcio del Kuwait.
Gli arabi lasciano la competizione e la Spagna con il loro presidente squalificato.
Per noi che guardavamo dal catodico tornano fra le sabbie del deserto a veder estrarre il petrolio incuranti degli eco bellici provenienti dal nord del Golfo.
Il Kuwait scivola verso l'anonimato globale, Carlos Alberto Parreira lascia l'emirato ma non del tutto la penisola araba; allenerà, vincerà ancora, tornerà ai mondiali sedendo su altre panchine.
Lo sceicco Fahad Al-Ahmed Al-Jaber Al Sabah riassapora i ritmi
familiari del Medio Oriente, distratto appena dal conflitto sulla porta di casa. Lentamente c'è il rientro alla normalità, gli impegni sportivi e quelli politici; calcisticamente parlando il bel Kuwait di inizio anni '80 si spegne, esaurisce la sua spinta a favore degli Emirati Arabi Uniti e dell'Arabia Saudita. Non ci saranno altre vetrine mondiali per i kuwaitiani.
La storia concede allo sceicco un giusto anonimato lasciando spazio al conflitto Iran-Iraq, ai gas nervini, alla furia degli ayatollah. Quelli della mia generazione hanno imparato in questo modo la geografia del Medio Oriente, al telegiornale, guerra dopo guerra con l'estemporanea folclore esotico di una Olimpiade o di un Mondiale di calcio.
La Storia, maiuscola questa volta, scrive la parola fine al conflitto mediorientale ufficialmente il giorno 20-8-1988, dopo otto anni di morti, prigionieri che hanno ridotto alla fame i popoli dei due paesi belligeranti.
Mentre noi occidentali, proprio noi che non usciamo dai confini apprendiamo tutto dalla televisione, festeggiano una pace a quel punto inaspettata, lontano dai riflettori e dai taccuini inizia la contabilità post bellica, la suddivisione fra le potenze delle risorse della regione.
Gli sceicchi del Kuwait non sono come noi adolescenti degli anni '80 ce li immaginiamo dopo il "mundial", esotici, pittoreschi, divertenti. No.
Sono principi, mercati, sono feroci e sono ricchi, forti delle loro risorse naturali.
Anche a palazzo Dasman, residenza del fratello dello sceicco, l'emiro Jaber III Al Ahmad Al-Jaber Al Sabah, non sono da meno.
La questione sul tavolo è in fondo semplice ma seria. Adesso che il conflitto in Mesopotamia è finito l'Iraq deve risarcire gli aiuti ricevuti dal Kuwait ma il momento storico è sbagliato, è tremendo. Saddam con le sue scelte belliche ha messo in ginocchio il suo popolo, le casse statali sono allo stremo, impossibile per il Rais iracheno saldare quanto chiede l'emiro.
Dal 20-8-1988 al 2-8-1990 passa poco meno di un biennio in cui noi occidentali assistiamo alla caduta del Muro di Berlino, la nascita di nuovi stati, ai Mondiali di Italia '90.
Nel Golfo Persico però i venti di guerra non si sono placati, anzi, hanno fatto solo finta di dormire per tornare poi più violenti che mai fra il 2 e il 4 di agosto del 1990, giorni in cui Saddam Hussein decide, in virtù di origini e ragioni storiche chiaramente riviste ad hoc, di annettere all'Iraq lo stato creditore del Kuwait.
E in questo momento il nostro protagonista incrocerà ancora la storia, questa volta quella più cruda e drammatica.
Non potendo saldare gli aiuti ricevuti nel conflitto con l'Iran, Saddam invade coi suoi uomini il Kuwait, mandando le forze speciali all'assalto dei palazzi del potere di Kuwait City, fra cui Palazzago Dasman.
L'emiro però informato da voci di intelligence era già lontano, al sicuro all'estero. Lo scontro a fuoco nel palazzo iniziò poco prima dell'alba, fra le 4 e le 6 del mattino e ne seguirono 14 ore di conflitto duro che vide gli iracheni prevalere sui soldati kuwaitiani.
A questo punto per lo sceicco Farad Al-Ahmed Al-Jaber Al Sabah la storia si fa nebulosa, incerta. Ironicamente esotica come le altre sue gesta.
Voci di propaganda dicono che lo sceicco sia caduto sotto i colpi iracheni nella battaglia di palazzo Dasman, altre che sia stato riconosciuto dai soldati invasori fra i passeggeri su un volo diretto in Malaysia.
L'unica certezza è che l'irascibile sceicco dai folti baffi neri è stato ucciso all'inizio dell'invasione e sepolto dagli stessi soldati sotto falso nome per non dare nessun riferimento ai kuwaitiani.
Non vedrà mai Deserto Storm, la campagna Nato contro l'Iraq di Saddam, non vedrà i pozzi petroliferi lasciati dagli iracheni in fiamme. Non vedrà la fine dell'invasione, la campagna degli alleati lasciare ancora uno scampolo di potere a Saddam.
Noi che andiamo verso i cinquanta lo vedremo ancora scendere urlante dalla tribuna di Valladolid.




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