Il calcio balilla è un tavolo da gioco in legno che ha le sue origini in Europa, suddiviso fra gli stati del Vecchio Continente, appositamente attrezzato per simulare fra due o quattro giocatori, una partita di calcio con l'uso di stecche metalliche telescopiche o meno, le quali attraversano omini di plastica generalmente di colore rosso o blu. Ogni persona o coppia diventa quindi una squadra; le stecche per squadre sono quattro, generalmente portiere con un omino, difesa con due omini, centrocampo con cinque sagome e l'attacco con tre figurine. Il numero di figure sulle stecche varia a seconda del paese di origine, quelle sopra indicate fanno ovviamente riferimento alla versione italiana. Questo tavolo da gioco negli anni ha invaso sale da gioco, pubblici esercizi, taverne, oratori, in ordine sparso. Era il gioco preferito in inverno e in estate, a tutte le età perchè la pallina lanciata sulle sponde per riprendere il gioco dopo gol o fallo (che il calcio balilla è gioco ma con tanto di regolamento e federazioni) affascina dai 0 ai 99 anni, come i migliori giochi. E per giocare oltre al compagno di squadra e ai rivali di giornata servivano monete, grigie, piuttosto grandi del valore di 100 lire. 100 lire che valevano da sole buona parte del divertimento pomeridiano, 100 lire utili anche per il juke box che passava praticamente ininterrottamente la musica di compilation del Festivalbar, del Festival di Sanremo e dei gruppi più famosi di quegli anni. L'estate è sempre stato il momento migliore per sfidare qualcuno a calcetto, altro nome del calcio balilla, che fosse un turista di passaggio nel paese che voleva ristorarsi prima di riprendere il viaggio, o che tu fossi in trasferta al mare e li spesso la competizione assumeva una caratura da coppa europea perchè sulle spiagge non c'era solo il proprio gruppo di appartenenza ma anche i tanti turisti del Nord Europa calati sulle spiagge adriatiche in cerca di sole e le 100 lire dopo i cambi valuta erano presenti anche nelle loro tasche. Il chiosco sulla spiaggia ha una copertura tremenda costituita da fascetti di canne uniti assieme, chiamata da noi veneti comunemente "grisiola". Non riparava dal caldo, non teneva fresco, attirava ragni, ma era un tetto che potevi assemblare in una notte e ripararti, questa volta si, dal catasto. Ecco, sotto questa copertura partendo dal bancone in mattoni partiva una terrazzina piuttosto ampia priva di pavimentazione con alcuni tavolini, il juke box in un angolo vicino al frigorifero dei gelati e nel mezzo, in bella vista il tavolo da gioco del calcetto, così che inevitabilmente chi giocava avesse pure i tifosi al seguito. Spesso, anche nel caso dei miei ricordi, il tavolo da gioco godeva di una invidiabile vista mare, ma non solo mare e acqua ma pure bikini, topless e distrazioni visive varie. L'adolescenza impone che ci si concentri sul gioco non sul Sansonì (cono piccolo e tozzo di cialda sormontato da un cono sproporzionato di panna e cioccolato, prodotto ovviamente negli anni '80 dalla Sanson) che il bambino vicino a te sta mangiando sporcando ogni cosa attorno a sè, compresa la stecca segna punti posta sopra la tua porta. Non si rulla, non si fa compiere alla stecca con le sagome un giro completo di 360 gradi, quello è fallo e tocca alzare la voce per farlo capire a tedeschi, danesi, francesi, molto prima che il Var arrivasse a romperci ritmo di gioco e pazienza. Noi italiani nel bagno della spiaggia siamo di casa, anno dopo anno e qualche anno dopo passerò dall'altra parte del bancone, e giochiamo ore ed ore a calcetto occupandolo di fatto per interi pomeriggi a colpi di 100 lire, di canzoni che ci facevano cantare tutti assieme. I Righeira, gruppo italianissimo di Torino, cantavano da dentro il juke box "No tengo dineiro" e "Vamos a la playa" e per un lungo periodo erano le colonne sonore preferite di partite a calcio balilla che sembravano non finire mai, neanche quando il biliardino (altro nome del tavolo da gioco) aveva i quattro angoli pieni di sabbia portata dal vento che quasi bloccava la pallina quando questa ci finiva sopra. E quando arrivava l'inverno o semplicemente la fine del soggiorno al mare il calcetto ci aspettava nelle sale degli oratori delle parrocchie, complemento d'arredo indispensabile alla apri dell'altare e dell'organo in una chiesa, La musica che si ascoltava era la stessa che si ascoltava sulla spiaggia, le regole le stesse, solo i compagni di gioco cambiavano perchè giocavi con bambini e ragazzi che erano del tuo paese, della tua scuola; non per questo comunque la rivalità svaniva anzi, forse aumentava in virtù del campanilismo e della supremazia locale. La moneta una volta inserita nella fessura della gettoniera sbloccava una manopola che si tirava verso sè stessi; il rumore che ne seguiva era paragonabile al fischio iniziale dell'arbitro prima di un incontro di calcio. Era il rumore di nove palline, dispari rigorosamente così da evitare di finire le partite in pareggio, che riempivano una canaletta posta nel piano inferiore del tavolo da gioco. Li si prendevano le palline per iniziare l'incontro o per ricominciarlo dopo ogni gol e si facevano rimbalzare nella sponda opposta. Si ripeteva nove volte questo gesto, all'ottava volta a turno si preparava su uno dei bordi superiori la moneta per la gara successiva. Io ho sempre giocato in attacco, attacco e centrocampo, poche finte, fedele alla regola che una sagoma sulla stessa stecca può toccare la pallina di tre centimetri di diametro solo una volta. In fondo alla stanza il grammofono diffonde musica finalmente nuova, musica che porta lontano l'eco delle bombe; la voce di Nilla Pizzi in coppia col Duo Fasano e Luciano Benevene canta "Avanti e indrè" mentre il signor Garlando, piemontese, discute con tale Marcel Zosso di Marsiglia e del suo brevetto così moderno. La musica anche nel 1949 rilassa e concentra le persone. La musica arriva dall'angolo opposto al tavolo da gioco, così potente che non sento neanche il tonfo secco della pallina che entra in porta, la mia: sto perdendo, Denis stacca le mani dalle sue stecche e corre a braccia larghe per il salotto come cannoniere consumato. Mi chino appena per afferrare la pallina ricaduta nella canaletta. La sposo nel foro a centrocampo e aspetto che il piccolo di casa saluto la sua personale torcida. Zosso cede il suo brevetto in Italia a degli artigiani pratici a lavorare il legno, non propriamente per tavoli da gioco. Guardano assieme il disegno, piuttosto lontano dagli altri disegni appesi alle pareti del laboratorio, il signor Garlando sorride mentre la voce di Nilla Pizzi riempie la stanza. Annuisce, si può fare. Denis ha nuovamente le mani sulle stecche, una fissa sul portiere e l'altra che si sposta fra le altre tre. Riesce a non rullare gli omini e per un attimo sento la pallina schioccare contro il lato corto del biliardino. C'è confusione attorno al tavolo da gioco, il sole che entra di traverso dalla grande finestra illumina tutta la stanza dell'oratorio. Il mio compagno di squadra chiede una pausa, si allontana trascinando i piedi stanchi dentro le espadrillas verdi con il tallone con la paglia completamente sfilacciata; prende la moneta e la lascia cadere nella fessura, digita deciso e torna a giocare. "Un'estate al mare", anno 1981, Giuni Russo, senza dubbio la canzone di quelle estati e di quelle attuali. Siamo in quattro a muovere le stecche e a fare girare la pallina sul campo di gioco. È un pomeriggio uguale a tanti, dove i minuti sono lunghi come ore e le partite sono infinite. Partite che sostituiscono quelle a calcio vero, all'aperto che il caldo è insopportabile, allora come adesso. E se quel giorno preciso non siamo al mare il punto di ritrovo è rigorosamente dopo le 16 all'oratorio, habitat naturale del calcio balilla (al pari di biliardo e Juke box). Da Giuni Russo negli anni siamo passati agli inglesi Wham o agli islandesi A-ha, sempre giocando a colpi di 100 lire e palline di plastica. Il signor Zosso osserva gli articoli del laboratorio, sorride divertito in fondo il legno lavorato ha mille usi, ora dalle cass da morto con il faggio si costruiranno tavoli da gioco. E il signor Garlando negli anni '50 inizierà il cammino che lo porterà ad essere leader mondiale del calcio balilla. All'oratorio come al mare o in qualche taverna ci vai con gli amici più cari, quelli che conosci a scuola, mentre fai sport, nei momenti della tua vita. Ci giochi coi figli, coi padri, a vite anche voi nonni. Tutti, ma proprio tutti, in questo clima di goliardia imparano a giocare con le stecche fisse o telescopiche, ma anche che il calcio balilla o biliardino contiene in assoluto il punto più caldo del pianeta, quel punto in cui la temperatura brucia sulla pelle e sulle ossa. Il punto esatto è all'altezza del bordo superiore di quella che per il portiere del calcio balilla rappresenta la traversa della porta da difendere. Lo imparano da un amico più grande magari dal fratello, un pomeriggio che magari ci si annoia o semplicemente perché fa parte dell'essere un gruppo. Inizia con un gesto e una frase mentre il suddetto soggetto si avvicina con le sue Superga di tela sbiadite al lato corto del tavolo da gioco. Con l'indice di una mano, non importa quale, tocca lo spazio libero fra la traversa della porta e l'estremità del tavolo ed esclama:"Hai sentito che caldo che è?". Lo dice guardando il più piccolo del tavolo o l'ultimo arrivato che regolarmente finisce col toccare lo stesso punto indicato dall'amico. Quel che segue è un movimento repentino di un'altra persona, quello che tiene salda la stecca del portiere. La sagoma compie una mezza rotazione all'indietro, come una rovesciata. Con la base quadrata, pesante che rappresenta i piedi dell'omino, schiaccia contro il mobile il dito dello sventurato che quindi assieme al benvenuto riceve una botta secca sulla prima falange del dito che indicativamente sparirà del tutto alla fine dell'estate. Il punto più caldo del mondo in quel preciso istante su trasferisce dal calcio balilla al dito. Tutti ridono, anche lo sfortunato che ci ha rimesso la falange mentre dal Juke box escono le strofe di "Albachiara", Vasco Rossi. Chissà se i signori Zosso e Garlando avevano scoperto anche loro il punto più caldo del mondo.
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