Il sorriso del signor Mario

È una mattina di novembre, può essere domenica, un giorno di festa o un feriale, il giorno è un dettaglio.
Il bar è affollato come sempre all'ora di punta e come sempre quando ne ho la possibilità mi siedoal solito tavolo e osservo, scrivo, parlo.
Conosco buona parte degli avventori, chi solo di vista, chi per amicizia, altri perché sono clienti abituali del mio negozio.
Passa tutto un calderone di umanità varia come in tutti gli esercizi pubblici, a maggior ragione se si tratta di una caffetteria e l'ora sui quadranti per tutti i dica la prima colazione.
Quasi alla solita ora mi verrebbe da dire la porta vicino al tavolo si apre delicata e vicino a me passa e occupa il tavolino una signora piccola dal fisico minuto, vestita con gusto, i capelli ancora quasi tutti neri nonostante l'età sia più o meno vicina agli 80 anni.
È veloce in tutti i movimenti: dall'entrata al saluto, allo scegliere il tavolo allo spostare le sedie, al chiamare il suo accompagnatore con un gesto altrettanto delicato della mano. 
Incrociamo gli sguardi, ci salutiamo a vicenda. Indossa bene anche i segni del tempo sul viso. Aspetta in piedi, vicino il tavolino. 
Arriva qualche istante dopo il marito. Il passo è naturalmente lento. Si ferma, appoggia una mano sullo schienale della sedia di fronte a me.
"Aspetto che gliela sposto."
Mi guarda, parla piano e non lo capisco. Continua a guardarmi mentre sposto la sedia; adesso può raggiungere la moglie al tavolo, la cameriera può passare con il vassoio pieno di caffè, cornetti e derivati di entrambi. Io osservo.
La moglie lo cinge con le braccia e delicatamente gli toglie il cappotto e il berretto. Gli accarezza testa e spalle. Prima di farlo sedere gli sistema il cardigan rosso con la mano libera. Il marito si siede, muove solo un po' prima la gamba destra poi la sinistra a volersi sistemare meglio il pantalone della tuta blu notte. Adesso che il marito è seduto si siede anche la moglie.
"Lo prendiamo il caffè?"
"Si, un caffè."
"Vuoi mangiare una brioche con la marmellata?"
"Si, mangio una brioche alla marmellata."
Domande semplici, dirette, risposte semplici, dirette.
"Mario aspetta che chiedo una sedia in più."
Fermo la signora prima che si alzi.
"Signora a me non serve questa sedia, se vuole può prenderla."
Mi sorride, ha un sorriso aperto, vivo.
"Grazie, devo sempre spostarmi con tante borse."
Ha ragione, ogni volta che vedo lei e il marito ha sempre con sé borse e sacchetti.
La cameriera porta i due caffè e le due brioches.
Il signor Mario non riesce ad aprire la bustina di zucchero; qualcosa ha attirato la sua attenzione sul pollice della sua mano sinistra. Con l'altra mano si strofina velocemente pollice su pollice.
Lo indica alla moglie.
"Vedi? È qui, non viene via."
Lei lo guarda, con il palmo della mano gli accarezza la fronte, rimette a posto un ciuffo di capelli apparentemente ribelle.
Il sorriso con cui accompagna il gesto è sereno ma triste al tempo stesso. Lui la guarda ricambiandone lo sguardo e sorride.
Il signor Mario ha un'età incerta fra gli 80 ed i 90 anni. 
Il signor Mario ha i capelli sale e pepe, curati, ben pettinati, con una aristocratica riga al lato. 
Il signor Mario ha la barba corta, curata, di chi la fa ogni mattina.
Cammina piano, un piede vicino all'altro senza mai farli toccare, quasi che non si fidi del terreno. Cammina sempre un passo o due dietro la moglie. 
Ha le mani curate nonostante qualcosa lo disturbi.
Sorseggia un piedi caffè, qualche goccia cade sul cardigan.
Esclama un no quasi disperato e indica anche le gocce cadute sul tavolo.
La moglie prova a pulire con le salviette del bar.
"Signora usi questo che sono più spessi."
Le passo dei fazzoletti e delle salviette prese dal mio zaino. Mi ringrazia e inconsapevolmente creiamo un contatto che non è più fatto solo di sguardi.
"Eh, sapesse, Mario è molto permaloso se si sporca."
Lo rimprovera bonariamente, il signor Mario annuisce e sorride.
Mi guarda e gli si allarga il sorriso, uno di quei sorrisi così grandi che ti si chiudono anche gli occhi ma la luce che c'è dietro la vedi comunque.
Lo fa una, due, tutte le volte che incrocio il suo sguardo parlando con la moglie.
Che mi racconta. Mi descrive uno spaccato di vita di chi ogni giorno combatte una battaglia che sa già essere difficile.
Indossa però un sorriso, le rughe del tempo portate con eleganza, anche se la sua storia, e quella del signor Mario ha descritto un finale che non avevano considerato.
Devo salutarli. MI dispiace perché sono quelle conversazioni che vorresti non fare finire mai. Saluto la signora, le porgo la mano, gliela stringo mentre il marito mi guarda. Gliela porgo anche a lui, me la stringe inaspettatamente forte. 
Ricordo; è un chirurgo in pensione, un medico. La mano è salda come quando poteva esercitare, come prima di scoprire il fastidioso compagno di viaggio.
Lo guardo, sorride, sorrido, involontariamente con la mano libero gli tocco la spalla. 
Il signor Mario ha il sorriso più bello che ho visto.



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