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Numero di frequenze, della smorfia napoletana, un'età qualsiasi.
Un numero che in realtà da sette anni per molte persone significa attesa. Attesa di un rientro a casa che non potrà esserci, sostituito dalle lacrime, dal ricordo, dal dolore soprattutto per quello che è stato e si poteva evitare perfettamente secondo il manuale del malcostume del Paese.
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È il numero che identifica subito, quasi quanto la data del 14 agosto 2018, una tragedia italiana che ha tolto alle famiglie 43 persone che transitavano per i più svariati motivi sul ponte Morandi, sopra il fiume Polcevera a Genova.
Identifica la portata della tragedia che si è consumata in una frazione di secondo, in tempi estremamente piccolo.
In un attimo 20 fra autovetture e mezzi pesanti sono stati travolti dal crollo del viadotto; coinvolti loro malgrado anche i capannoni sottostanti il ponte.
Un miracolo in una vigilia di Ferragosto piovosa ha salvato le case di chi sotto il viadotto, il ponte Morandi, ci abitava. 550 persone che poi, dopo, hanno dovuto abbandonare le loro abitazioni.
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È il numero che deve rimanere impresso nella memoria di tutti per trovare la forza di correggere, cancellare se necessario, tutto il marcio di un sistema che devasta il Paese.
Come è emerso dal lungo dibattimento seguito al crollo, anni di incuria, di manutenzione mai fatte o fatte a metà, costi gonfiati per lavori mai svolti hanno esteso la responsabilità a tutti i componenti della filiera che gestisce e cura, dovrebbe e avrebbe dovuto, le strade e le autostrade in Italia.
Propietà e tecnici che hanno nomi noti, che all'indomani del frollo, della drammatica conta finale seguita al crollo del viadotto,  43 vittime, ha festeggiato il Ferragosto, ha tirato una riga sul ponte, forse ha cancellato tracce di storica e radicata incuria nella speranza che tutto di finisse subito.
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Le vittime del crollo che hanno noni e cognomi e che vivono nel ricordo delle loro famiglie. Sono le vittime che hanno permesso che si rivedesse tutto il sistema italiano delle concessioni stradali ed autostradali (a seguito del crollo di Genova iniziarono controlli mirati a buona parte dei viadotti dati in concessione a privati).
Oggi Genova ha un nuovo ponte, l'Italia ha un sistema apparentemente più sicuro per la gestione delle infrastrutture pubbliche e private, il processo ha fatto emergere verità dolorose e i nomi delle persone coinvolte. 
Gli attimi successivi il crollo hanno evidenziato altresì l'enorme forza e coraggio dei Vigili del Fuoco come esempio che non tutto è da rivedere nel Paese.
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Sono le persone che non ritorneranno più a casa, che continuano a vivere nei nostri pensieri anche se non potevamo conoscerli, non sapevamo prima chi erano.
Sono il numero che deve pesare nel giudizio che la Storia darà ai colpevoli di questa tragedia.

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