Il signor D e il signor Vlad

"Ma Volodymyr lo chiami tu?"
Il signor D tiene il telefono incastrandolo fra la spalla e il collo.
Prende un pennarello nero, grosso, con la punta a scalpello. Inizia a disegnare distrattamente su un angolo bianco del foglio appoggiato alla scrivania. 
Disegna banconote. E missili. È un continente alla deriva. Tutto in attesa della risposta dall'altro capo del telefono.
Cancella frasi sullo stesso foglio, poco importa.
"No, avevi detto che ne parlavi con Emmanuel e poi lo chiamate..."
L'interlocutore lascia la frase in sospeso.
Il signor D stringe le labbra e piega la bocca verso il basso. Una smorfia che sembra espressione naturale.
Sbuffa, posa il pennarello, prende il telefono con la mano sinistra. La voce si fa ancora più stridula di quanto non lo sia normalmente.
"Vlad lo sai che dobbiamo decidere, una volta per tutte ma dobbiamo farlo a sapere anche gli altri..."
Gli altri, già. Il signor D e il signor Vlad lo sanno che devono dirlo agli altri ma in realtà non sembrano volerlo.
"D lo sai che poi se chiamiamo Emmanuel poi lui ne parla agli altri due, all'inglese e al tedesco."
"E chi è il tedesco?"
"Dai,quello che ti ha regalato il tuo albero genealogico nello Studio Ovale."
"Ah, era un albero genealogico quello? Non avevo capito..."
Un attimo di silenzio sulla linea telefonico, il signor D pensa che dovrà intervenire anche su questo aspetto. Osserva l'agenda mentre sente il signor Vlad parlare a bassa voce con qualcuno. D è sicuro che si tratti di Sergej, lo spilungone.
Osserva che dovrà chiamare quelli di Bruxelles e poi Volodymyr e poi chi altro ancora? C'è il pilates di Mel in agenda e due buche a golf. Vabbè, si passa una mano fra i capelli.
"Vlad sai che ho un trilaterale nel pomeriggio, con quella signora tedesca. Che devo dire?"
Vlad sorride, ride.
"Parli pure con il ragazzotto?"
Lo dice divertito ma pungente. Sa che anche quello strano trilaterale telefonico non porterà a nulla senza le decisioni sue e del signor D.
"I Volenterosi, si sono definiti così vero?, e Volodymyr sanno cosa chiederti non ti preoccupare D e tu falli aspettare."
D ascolta l'amico che non sembra scherzare. È cosciente che in questi tre anni di guerra ha fatto il bello e il cattivo tempo, lasciando a quel continente vecchio e malmesso ad osservare senza colpo ferire. 
"I Volenterosi, già..."
D lo dice con il tono rassegnato di chi sa che toccherà decidere tutto in Alaska da soli, lui e Vlad.
Gli anni passati con l'amministrazione del vecchio e inaffidabile Joe ha lasciato a lui, a D la patata bollente.
"Senti Vlad, Anchorage ti va bene? È quasi come se fossi a casa tua..."
Lo dice sorridendo, cosciente di quanto gli Usa pagarono alla Russia perciò territori dell'Alaska.
"L'Alaska D va bene, anche perché possiamo andare subito a pesca così passiamo subito alle cose importanti."
Risata sguaiata, una voce baritonale ride a questa battuta. D ha la certezza che dall'altra parte del telefono Vlad è in compagnia di Sergej.
Cerca di non esagerare coi toni; riprendeva disegnare. Un missile che arriva sull'Europa, tutta intera, e una nuvola di fumo. Sorride, ecco il desiderio del signor D.
Sullo stesso foglio bianco scrive un appunto: call, controllo tariffa telefonica, dazi telefono e uno smile enorme.
"Quindi non vuoi che invitiamo anche Volodymyr? "
Quasi una supplica.
"Perché? A che serve? Non abbiamo già deciso?"
Ecco, il signor D chiude il pennarello. Lo posa.
"Va bene Vlad, ci vediamo ad Anchorage io e te."
"Bravo D."
Cade la linea. Silenzio.
Il signor D si gira verso il giovane uomo con la barba sembre durata seduto su uno dei divanetti della stanza. Sbuffa, scuoterla testa, la riscuote anche quando osserva i calzini orrendamente colorati del giovane uomo.
"Hai capito J, ora viene il bello..."
J sorride ma non è sicuro di aver capito bene cosa stia per succedere.

Commenti