Domenica mattina, due giorni soli dopo Ferragosto, il clima regala un cielo cupo da fine estate che mi richiama subito:"da ponente arrivavano grandi nuvole grigie cariche di pioggia, e gli odori acri della pineta si tramutavano in folate di vento fredde"(Sapore di Mare, indimenticabile ritratto estivo dei fratelli Vanzina).
Il 17 agosto, fine settimana, quasi ripresa della gita normale dopo le sbornie, letteralmente, ferragostane e di Supercoppa UEFA.
Domenica mattina e la consapevolezza che espandendo lo sguardo oltre i confini regionali molto sia cambiato, nonostante le attese le parole, le promesse e i ghigni fasulli dei protagonisti.
Mentre aspetto il caffè e vedere se da ponente davvero arriverà la pioggia leggo, mi informo. Penso, soprattutto.
Parto dal punto più lontano da dove mi trovo, da quella Anchorage capitale dell'Alaska, favolosa come ambientazione di film e serie TV ma che nella realtà di agosto 2025 è una fredda base militare americana che ospita l'incontro fra Trump e Putin, Usa e Russia, che porterà al tanto atteso dal mondo, dalla UE, soprattutto dall'Ucraina, piano di pace dopo tre anni di "Operazione militare speciale".
Dovrebbe, avrebbe dovuto ma purtroppo non è andata così.
In Alaska, quasi una gita fuori porta per il leader russo, è andato in scena uno spettacolo a senso unico dove probabilmente i due protagonisti già sapevano quale sarebbe stato il finale.
Il tenere fuori dagli inci tri, dalle trattative l'Ucraina, l'Europa, lasciava intendere che fra Trump e Putin il vero vincitore al di là delle dichiarazioni trionfali della vigilia del tycoon a stelle e strisce sarebbe stata l'ex spia del Kgb, inquilino senza nessuna intenzione di andarsene del Cremlino.
Lo abbiamo capito subito anche noi che l'incontro, almeno il momento dell'incontro appena scesi dai rispettivi aerei trasmesso in quasi tutti i canali TV, sarebbe stato tutto a favore di Putin, sicuramente più preparato per questi summit del tycoon, ex immobiliarista privo di pazienza.
Postura, strette di mano, sorrisi, il modo di gesticolare non rispondendo: tutti segnali che dei due quello che sarebbe tornato a casa più sicuro di prima fosse Putin.
Inseguito, a questo punto vanamente per altro, da un mandato di cattura internazionale.
Zelensky all'incontro di Ferragosto non avrebbe davvero potuto starci e i successivi trilaterali promessi da Trump serviranno a ribadire che oggi come oggi il mondo è stretto fraxduevimperi che non sono gli stessi degli anni cupi e bui della Guerra Fredda ma loro naturali discendenti, capaci di muovere e piegare la parte di mondo che gli interessa. E dall'Ucraina all'Artico c'è un mondo di interessi politico-economici in ballo fra Usa e Russia.
E l'Europa che fa? L'Ucraina cosa si aspetta? L'UE e i Volenterosi come si muoveranno?
Tutte domande che probabilmente troveranno risposta lunedì nella prevista call che Trump terrà con le cancellerie europee, palesemente viste alla Casa Bianca, come seccature.
Zelensky sembra appeso ad un filo sottile; l'alleanza con Trump ricucita dopo lo strappo allo Studio Ovale di febbraio sembra nuovamente lontana (legata soprattutto all'impazienza e all'umore americano) e anche fra i suoi connazionali il consenso sembra tornato lì tanto come prima del 2022. L'esasperazione di notti di angoscia, giorni che diventano mesi e poi anni lontani da casa, chiusi in rifugi sotterranei, hanno fatto emergere negli ucraini la convinzione che la tregua più giusta porta alla cessione dei territori oggi occupati da Mosca. Una richiesta di tregua certamente dolorosa ma comprensibile, che viene dalla pancia del paese non dal mondo politico ucraino che appare sordo a questo appello.
Sembra convinto il presidente Zelensky che i Volenterosi, l'Europa (che con la guerra ai confini si è rivelata essere inconsistente,svuotata del significato e del potere che portarono alla sua costituzione) possano essere gli alleati migliori per dare la spallata definitiva a Mosca.
Il cielo promette davvero pioggia e aria fredda.
Non ha capito, Zelensky, o forse non vuole capire che gli Starmer, i Macron e i Merz non sono nelle condizioni di mettersi di traverso fra i due impero neo nati.
La Gran Bretagna paga a livello sociale ed economico le illusioni tragiche della Brexit, l'uscita dalla UE voluta come soluzione di tutti i mali da Boris Johnson, e la Germania deve cercare di riprendere il ruolo oggi perso di locomotiva d'Europa contenendo la marea nera che dai länd dell'est sta politicamente montando.
Solo Parigi apparentemente sembra poggiare sulla solidità di sempre ma è anche storicamente vero che le proteste che hanno segnato la Storia sono iniziate in Francia e che oggi i francesi quando protestano non lo fanno "a vuoto".
Macron lo sa, è cosciente anche degli errori fatti nel recente passato (vedi le elezioni anticipate dello scorso anno) e sa che non può permettersi di perdere il consenso del suo popolo.
Gli altri? La Spagna appare isolata e staccata dalle dinamiche europee, la Polonia ha il leader sbagliato (lo stesso Trump interagisce con rappresentanti politici più vicini al suo Maga), l'Italia è nel mezzo, sicuramente impoverita rispetto al passato del ruolo in senno all'Unione. E l'Unione con Von der Leyen? Ferma all'incontro con il tycoon in Scozia sul tema dei dazi americani in vigore dal 7 agosto; e non sembra in grado di garantire un futuro forte e deciso alla Commissione che guida.
In questo scenario di alleanze e vicinato Zelensky aspetta la telefonata di Trump, quella che dovrebbe portare ad un incontro trilaterale con Putin e successivamente alla tregua. Sarà una tregua che inevitabilmente porterà Kiev a perdere buona parte delle zone minerarie (Donbass e Lugansk) e lo stesso presidente lontano da Kiev. E forse è quest'ultimo passaggio il punto più difficile da affrontare, Impensabile che nelle cancellerie dei Volenterosi non si sia parlato di questo.
L'Alaska nonostante Ferragosto si è dimostrata glaciale, grigia e la sua aria la sta portando qui a due passi dalle Alpi italiane. Non sarà una settimana tranquilla fra le diplomazie del mondo.
Soprattutto con la consapevolezza che con una stretta di mano è un tappeto rosso sono nati due nuovi imperi.
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