Ritorno dagli ottomila

Gli ottomila da scalare sono l'università dell'alpinismo, il sogno di ogni appassionato e sportivo. Sono cime all'apparenza inarrivabili, cattedrali di roccia e ghiaccio che sembrano non finire mai; vie da aprire, strade da percorrere fra cascate di ghiaccio perenne e roccia millenaria. Fra venti che non ti lasciano scampo, l’aria che si fa pesante e corde e tende che passano attorno a corpi che il tempo ha unito alla montagna a suggellare per sempre una passione.

Passione, ecco. La catena montuosa dell’Himalaya attira ogni anno migliaia di appassionati pronti ad affrontare quelle vette in scalate memorabili. L’Everest, il K2, il Nanga Parbat, cime che hanno dato vita a leggende e letteratura che proseguirà ancora negli anni.

La passione per gli ottomila è una passione globale che è condivisa da sportivi, atleti estremi preparati , alla scalata, alla fatica estrema, e da professionisti di estrazione varia che condividono una passione che forse non si può spiegare.

L’Himalaya oggi vive una sorta di overturism che mette a rischio la stessa montagna, che rende quasi superfluo l’aiuto degli sherpa, nepalesi che storicamente aiutano gli scalatori nella loro impresa; portatori che sembrano non conoscere la fatica.

Gli ottomila sono il tetto del cielo, la rincorsa all’impresa di Edmund Hillary e Tenzing i primi ad arrivare in vetta al monte Everest il 29 maggio 1953 è il sogno di avvocati, medici, giornalisti, sportivi che negli successivi alla prima ascensione di Hillary hanno aperto nuove vie sulle immense pareti rocciose.

Beck Weathers nel 1996 ha cinquant’anni, nato in una famiglia di tradizione militare studia medicina e diventa medico patologo, si sposa ed ha due figli e dieci anni prima si iscrive ad un corso di alpinismo per trovare una via di fuga dalla depressione. Diventa ben presto la sua passione più grande. Beck si appassiona alle scalate di Richard Brass e alla conquista delle Sette Cime.

Le Sette Cime sono le montagne più alte presenti in ogni continente della Terra e Richard Brass è stato il primo uomo a scalarle tutte. L’impresa di Brass colpisce Weathers a tal punto da convincerlo che le scalate alle vette più alte del mondo siano fattibili anche da persone normali.

Persone normali che si incontrano sul massiccio Vinson, che programmano assieme una scalata verso la cima dell’Everest.

Beck Weathers la organizza con Sandy Pittman e l’aiuto di una società specializzata in ascensioni, la Adventure Consultants di Rob Hall per il mese di maggio 1996. Prima della spedizione il dottor Weathers si sottopone ad un intervento di cheratotomia radiale, una incisione per correggere la posizione della cornea. In quelle condizioni precarie  il giorno dell’inizio della scalata alla vetta dell’Everest Weathers è convinto che la luce del sole lo aiuterà a recuperare in toto la vista nel decorso post operatorio e si scontra con Hall che lo obbliga ad attenderlo al Campo IV, posizionato a 8400 metri.

A maggio 1996, il 10 e l’11 maggio si verifica una bufera di neve; Hall non riesce a tornare al Campo IV poiché muore aiutando un altro cliente a raggiungere la vetta.

Weathers e un compagno di cordata, Michael Groom iniziano a scendere una bufera di neve li sorprende e li disorienta. Il gruppo di alpinisti impegnati nella discesa approfittando di una pausa nella tempesta continuano la discesa alla ricerca di aiuto. Weathers e un altro compagno erano in stato confusionale, pesantemente indeboliti, a tal punto che vengono lasciati sul posto dai compagni di discesa, convinti che non avrebbero mai raggiunto vivi il Campo IV.

Successivamente Weathers viene soccorso da una seconda spedizione; nel corso della notte provato dallo stato confusionale, Beck si allontanò dal gruppo e venne ritrovato dalla spedizione di soccorso di Hutchinson. In situazione d’emergenza per via della tempesta scatenatasi sull’Everest ( gli alpinisti che perirono nella Tragedia dell’Everest furono 11) il dottor Weathers colpito da coma ipotermico venne giudicato impossibilitato a raggiungere vivo il campo base e lasciato solo.

Probabilmente il dottor Weathers nell’alpinismo aveva sempre visto la via di uscita dai suoi problemi, dalla sua depressione; probabilmente capì a 8400 metri di altezza che voleva dirlo alla sua famiglia, raccontare momenti bui ormai superati.

Risvegliatosi sull’Everest dal coma ipotermico Weathers riuscì a raggiungere i compagni, increduli al Campo IV; aveva il naso e le guance nere come la notte e le mani congelate. I compagni si limitarono a “prepararlo a morire” coprendolo con altri sacchi a pelo. Impossibilitato a bere e mangiare, riuscì a superare una nuova notte di bufera.

Riuscì a raggiungere da solo, con i piedi congelati i compagni nel campo base più basso dove un elicottero lo soccorse, ad una quota mai raggiunta prima, e lo evacuò dalla montagna.

Operato d’urgenza subì l’amputazione di tutte le dita della mano sinistra e di parte dell’avambraccio destro; il naso amputato venne ricostruito chirurgicamente.

Beck Weathers è riuscito a sconfiggere due volte la morte sulla vetta più alta del mondo; ha ripreso la sua vita di prima riaddattandola alla nuova realtà. Ha lavorato come medico presso lo staff di patologia del Medical City di Dallas e soprattutto scrivendo e descrivendo la sua avventura e tenendo conferenze motivazionali su come vincere la depressione e non mollare mai, nemmeno quando tutto e tutti ti credono morto.

La scalata non è riuscita, la natura ha imposto la sua legge a Weathers e a tutti gli altri ma nulla ha potuto contro la forza di volontà del dottore che anche a piedi è tornato dagli ottomila.



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