Nuovi giorni, vecchi addormentati

E' un nuovo giorno che non porta nulla di buono, non porta nessuna buona notizia, tutt'altro. Porta con sé l'odore acre delle cose che bruciano, di ricordi e oggetti che ardono come se questo effetto chimico e bellico fosse la normalità. Arde il palazzo, arde l'automobile, arde la sabbia su cui devi essere veloce a correre e salvarti.

Purtroppo è l'ennesimo giorno che passa e nulla cambia, in cui i conflitti in corso si riaccendono minacciosi, mortali. Un nuovo giorno in cui l'Occidente europeo in particolare si rivela assente, inutile, evanescente. Un continente alla deriva capace di vanificare nel nuovo secolo altri secoli di storia.

E' una Europa, nella sua versione Comunitaria, che si dimostra incapace di fermare le armi, incapace di condurre trattative di tregua e pace, avulsa alla realtà delle cose. Incapace di difendere stati vicini e lontani e lontana pure dall'apparente mano del partner americano, partner storico e isolato il giusto dalla beghe europee.

Attorno ai confini del Vecchio Continente, continuano due conflitti particolarmente sconvolgenti per le modalità con cui sono deflagrati; quello fra Russia ed Ucraina che al netto dei tanti, troppi, interessi commerciali internazionali, si trascina dal 2014 e forse ancora più all'indietro fino ai giorni neri frani due conflitti mondiali e quello fra Israele e parte del mondo arabo (espresso nelle sue falangi armate Hamas ed Hezbollah) che trova la sua origine nel 1948, anno di fondazione dello stato israeliano con relative parti di colpe nei paesi vincitori del secondo conflitto mondiale.

Radici storiche quindi che hanno fomentato per generazioni un odio reciproco che il nuovo secolo ha faticato a contenere entro determinati limiti.

Le due guerre sono guerre in corso raccontano di bombardamenti mirati russi su città, palazzi di governo e non, parchi gioco ucraine in risposta alle sortite di Kiev che deve comunque difendersi. E l'Europa, la sua coalizione dei Volenterosi oggi che la Francia è senza un governo dopo la sfiducia a Bayrou, sembrano ruotare attorno a indefiniti accordi, call e sedute in presenza senza mai fare un passo avanti tangibile e reale.

Paradossalmente dopo la parata a Pechino per festeggiare gli ottant'anni dalla vittoria cinese sul Giappone, l'esibizione di forza militare cinese e delle parole del presidente russo, zar a tutti gli effetti, Putin sul collega ucraino Zelensky la guerra nel Vecchio Continente ha subito una accelerata quasi che Mosca voglia sedersi finalmente ad un tavolo di trattative sicura della sconfitta di Kiev. Kiev che dal canto suo vive divisa a metà fra chi vorrebbe la pace, semplicemente la pace, anche cedendo i territori occupati alla Russia e chi in orbita governativa vorrebbe la pace ancora attraverso la guerra, reale e di nervi a questo punto. E fra questi sicuramente c'è il presidente Zelensky, forse conscio che il cessate il fuoco, la tregua, la pace porterà un ridimensionamento del proprio ruolo.

Nel mentre bruciano le citta, i palazzi, le auto in corsa e il fumo è nero come la notte e brucia nella gola sia che esploda fra palazzi e grattacieli o nella più sperduta delle campagne ucraine. E' senza dubbio una guerra snervante, violenta, che non lascia intravvedere nulla di positivo, tanto più dopo Pechino.

Dorme l'Europa, addormentatasi sui propri dubbi e sulle proprie debolezze. Almeno ai livelli più alti, quelle "che prendono tutte le decisioni", quelli dove operano statisti, diplomatici, politici di carriera insomma.

Dorme come se le implicazioni personali, politiche ed economiche che strisciano dentro ogni conflitto non la riguardasse. E osserva onde nere e crisi politiche inedite farsi strada mentre lontano dai confini terrestri del continente si muore a due passi dal mare, sulla spiaggia. Si muore cacciati dalla propria terra, senza cibi, senza acqua, senza più una casa, senza generazioni cui raccontare la propria storia o raccontarla ancora una volta.

Gaza è diventata una terra rosso sangue, bombardata senza tregua, incessantemente, senza ascoltare le voci che via via si alzano da ogni parte del mondo. Come se anche questa guerra in fondo serva a nascondere pecche politiche e sociali, corruzione e mal costume. Netanyahu sa che il cessate al fuoco con la pace porterebbe alla sua fine politica e sa che lentamente sotto le bombe e i colpi di mitragliatrice i suoi connazionali stanno alzando la voce per protesta, per cessare finalmente una volta per tutte il fuoco assassino, per riportare a casa gli ostaggi ancora in mano ad Hamas dopo i fatti del 7 ottobre 2023, o le loro spoglie.

E' un nuovo giorno, l'ennesimo in cui si allunga la lista delle cose che non si possono accettare, comprendere, condividere in silenzio. E' un giorno che inizia con l'attacco dei droni tunisini alle imbarcazioni della Global Sumud Flotilla diretta a Gaza; un attacco che nasce così, come monito per gli attivisti della Flotilla. Un attacco figlio di quegli accordi che probabilmente esistono fra presidenti e presunti tali che governano in alcune aree calde del mondo con l'avvallo dei grandi del mondo. Che oggi sono pochi. Sono due o forse tre.

Poi c'è l'Europa che non ricorda o non vuole farlo il proprio passato carico di storia e cultura e si arrovella cercando di dare un senso ad una entità che palesemente ha perso i suoi riferimenti, i suoi intenti originari.

E' un nuovo giorno dove si muore, si brucia, si piange, si cerca di dare un senso all'orrore del mondo.


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