Vivo

Vivo.
Vivo con due gatti, un coniglio, altri gatti randagi, qualche topo unito agli scorpioni, un figlio piccolo che va all'asilo, uno più grande che va alle medie e un'altra che va alle elementari in non so bene quale quartiere di un'altra città.
E poi?
Poi c'é la mia compagna con la quale siamo coppia da qualche anno e un figlio, e che ogni tanto la vita ci porta in un saliscendi di emozioni.
Di più.
Sono nei pensieri di vari istituti di credito che a vario titolo mi inseguono o si sincerano che le mie condizioni psicofisiche siano sempre delle migliori.
L'umore?
A volte bene a volte male, il più delle volte sul punto di scoppiare e in quel momento decido di scoppiare a ridere.
Che é sempre meglio come soluzione.
Vivo e lavoro.
Ma non sono soddisfatto dell'uno e dell'altro.
Il lavoro é di una semplicità imbarazzante e lo staff una armata brancaleone alla quale manca solo un fido Aquiante col quale partire al galoppo.
É uno di quei lavori vecchi come il mondo che le nuove mode, le new economy del mondo hanno stravolto imbottendo ogni cosa di termini anglofoni quasi che fosse l'unica cosa che conta.
Ecco, l'inglese.
Io lo parlo male ma riesco a farmi capire e rimango male quando mio figlio, uno a caso, lo parla meglio di me.
Tempi moderni.
Tempi che corrono anche troppo svelti.
Il lavoro, dicevo.
Meritocrazia;il primo termine che ho sentito al colloquio di lavoro.
Bello, quasi pomposo, di quelli che butti lì ad una cena solo perché non ne hai altri e sai che fai colpo sugli altri commensali.
L'ho sentito, l'ho elaborato. Ho cercato di farlo mio e di trasformarlo in uno di quei mantra che ti segnano la strada da prendere.
E poi? Poi ho visto lo staff, ho visto il mantra prendere una strada diversa dalla mia e che forse quel termine pomposo non era proprio così pomposo.
E allora vai di facchinaggio. Ti rimbocchi le maniche e litighi perché a casa non é facile, né automatico che capiscano e condividano il tuo punto di vista.
E sfacchini per nulla perché alla fine ci sono sempre persone che usano la loro testa per le tue cose.
E io che non riesco a trovare un concept adatto a me e alle mie misure.
Curioso.
Divertente.
Noioso.
Se penso a concept mi viene in mente una ridda di cose ma temo non mi venga in mente quella giusta.
La soddisfazione il lavoro me la sta dando il dieci del mese quando sul conto arriva lo stipendio.
Felicità per altro effimera che dura al massimo due ore, dipende sempre dalla coda che trovo allo sportello.
Vivo.
Anche in questo modo.
Nutrendomi di code in uffici vari per cercare di restare a galla nella melma in cui mi muovo di solito.
Gli affetti più cari che mi sono rimasti vivono lontani da me e paradossalmente vedo con maggior frequenza il mio direttore di banca del mio papà.
E anche il distinto e gentile signore del recupero crediti o la signorina che ogni mese si ricorda di me a nome di una delle tante finanziarie.
Ho ricostruito il giro delle amicizie che avevo perduto con altre figure che ironia della sorte sono quelle più presenti.
Ci starebbe un emoticon al termine di questa frase ma nelle mie opzioni di scrittura non c'é.
Vivo.
Dicevo.
Ci provo, confermo.
A volte bene a volte male. Forse il più delle volte.
Anche se non sempre la colpa é la mia. O non solo mia.
Sono entrato ormai da un pò di tempo in quel club di persone che soffrono di dolori vari già dal mattino appena sveglio e non avrei nessun motivo di sorridere al nuovo giorno ma il mio sorriso va alla mia vecchia kukkuma da sei tazzine che ogni mattina si sveglia con me.
Forse i dolori e il lavoro, e lo stress, vanno di pari passo, intrecciandosi uno all'altro.
Vivo.
Male quando inevitabilmente alzo la voce e non ho voglia di discutere. Meglio arrivare subito ad alzare la voce. Si fa prima a discutere e a preparare il divano per la notte.
L'ho sempre fatto accidenti ma non riesco a non farlo.
Ora parto subito in direzione del divano che almeno non fa storie e ormai mi conosce bene.
Siamo intimi.
La famiglia?
Ce l'ho e a caduta paga le conseguenze del lavoro che ho.
Peró ha portato anche alle conseguenze dell'amore in un percorso ad ostacoli come neanche ad un' Olimpiade.
L'amore, si.

Commenti