Ebbene si, lo confesso, sono interista per colpa del dna paterno.
Un dna che é costato anni di sfottó da praticamente tutte le altre squadre della lega, che mi ha peró insegnato a soffrire e a non piangere sui propri errori. Un dna che ti porta a complicarti le cose anche quando queste ti sembran quasi portate a compimento.
Se il dna era già dentro di me la folgorazione nera e azzurra si é compiuta davanti ad una foto di Karl Heinz Rummenigge con la maglia della Beneamata addosso.
Fu folgorazione e capire che il calcio era oltre Platini e la Juventus.
Insomma, che dire, da quel momento in avanti ci son stati momenti di autentico dramma sportivo e poche ma intensissime gioie. Ancora mi vengono i lucciconi se ripenso all'Inter dei record, tedesca e milanese. Lì quello che sembrava l' inizio dell'apoteosi é stato l'inizio di un lungo periodo grigio e nero, con qualche sporadica gioia in campo europeo. E giù con gli sfottó e i patimenti fino a quasi dieci anni fa. L'ennesimo scandalo, retrocessioni decise a tavolino ed uno scudetto che forse era meglio rifiutare. Nuovo appeal internazionale, una messe di scudetti lunga un lustro e la fine lunga e agonizzante di un gruppo forse irripetibile.
Paradossalmente tutto il mio dna nerazzurro si é raffreddato con i successi acquisiti. Perché purtroppo chi vince diventa antipatico. E la scorza che resisteva a rovesci sportivi epocali aveva perso resistenza. Molto meglio ora che non si vince, che si acquistano a peso d'oro sconosciuti o quasi carneadi che prima, quando fra profeti col ciuffo e specialoni si vinceva e basta.
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