La festa della disunità

Ho quasi quarantadue anni ed esprimo le mie preferenze politiche da quasi ventiquattro anni. Ce lo sempre fatta ad entrare nel seggio con le idee ben chiare in testa. Fino alle ultime tornate elettorali peró.
Per chi come si é avvicinato ai fatidici 18 sull'onda lunga di personalità importanti come Berlinguer, gestire il dopo Pci é stato sempre uno sforzo pari ad un esame di maturità.
Passare appunto dal buon Enrico e i suoi immediati successori, alla attuale classe dirigente é stato un lungo calvario in cui si é fatto a gara per seppellire credibilità e nome del partito.
Agli albori della mia vita di elettore ho vissuto il traumatico, drammatico e in alcuni casi inutile, ciclone chiamato Tangentopoli, che di fatto ha portato all'attuale disastro politico italiano.
Prima di allora, del pool di mani pulite e Di Pietro, mi baso  sui racconti della mia famiglia e ovviamente sui libri di storia, il paese si muoveva abbastanza solido, affrontando i vari ostacoli(petrolio, terrorismo in primis), diviso semplicemente in destra o sinistra. Facendo leva sul consenso popolare, masse operaie o meno che fossero grazie a quello che il leader, il segretario del partito sapeva dire, urlando a volte nel microfono o sussurrandovi come durante un'omelia, per chiarire, non spiegare, ribadire la posizione del partito.
E da figlio di un socialista, iscritto rigorosamente al sindacato, sono cresciuto di un certo colore.
E in più, ancora, come in tutti i paesi di campagna fino a qualche anno fa non c'era estate senza festa dell'Unità.
La festa vera che culminava con infuocati interventi dei dirigenti locali, se non proprio il segretario, con l'oratore trafelato e in maniche di camicia.
Il tutto terminava con un'ovazione degna di un Peppone.
Con questi stimoli ho votato la prima volta, anche se nel Pci si allungava già l'ombra sinistra di un Occhetto pronto a buttare falce e martello e abbattere ulivi, querce e partiti in ordine sparso. Contento delle mie scelte lo son sempre stato prima che scandali, tangenti, pm, processi in diretta tv mi scombussolassero il mondo.
Inutilmente come già detto.
Tangentopoli ci ha offerto la gogna di quella che era la nostra classe dirigente, consegnando alla storia politici in fuga o arrancanti di fronte all'incalzante giudice.
Giudice che poi si é riproposto come politico del nuovo che avanza, guardando sempre all'indietro però.
Abbiamo dovuto fare i conti con partiti di vecchie ideologie ma nomi nuovo, loghi improponibili e dalla confusione che ne é uscita sono diventati protagonisti personaggi come Bossi, Vendola o Berlusconi stesso.
Con elezioni figlie sempre più di campagne elettorali confuse e becere, siamo arrivati al caos attuale, all'apparire ad ogni costo.
Ora le feste dell'Unità sono salottini per giovani leader in maniche di camicia e ipad, la platea comprende i soliti noti muniti di pass e la polemica passa diritta dai social, dove esserci conta più della presenza costante all'emiciclo.
A sinistra si é stati bravi a confondere l'elettore, trattato come popolo bue, senza consegnare alla storia un cambiamento deciso.
Anzi, nome a parte, il cambiamento maggiore é stato chiudere senza salvarlo, o provarci, il giornale di partito: l'Unità appunto.
Si, ma quale?

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