Forse è solo una mia impressione; l'impressione sbagliata di chi osserva da lontano e prova a fare un quadro della situazione.
Forse è solo la forza dei lanci di agenzia a far sembrare la situazione più seria di quello che è realmente.
Adesso inevitabilmente la memoria mi riporta indietro nel tempo, ai tempi della mia giovinezza quando il mondo era sostanzialmente diviso in due blocchi: Nato da un lato e Patto di Varsavia dall'altro. Usa contro Urss insomma. Passando da conflitti effimeri e sanguinosi come Vietnam e Afghanistan, attentati mai realmente chiariti, spy story e valigette sospette. Il mondo, il suo controllo erano un enorme tabellone del Risiko.
Ora che gli eventi, Reagan e Gorbaciov, la caduta del Muro di Berlino avevano dato l'altrettanto effimera sensazione che fosse tutto passato, alle spalle, chiuso nei libri di storia, ecco che riemerge tutto quello che ancora galleggiava sotto la superficie.
Forse è stata l'ascesa alla Casa Bianca del tycoon Trump (diciamolo, da italiani, non si capisce come si sia potuto votare un cowboy del genere) che ha "fatto saltare il banco", la quiete celata forse a colpi di accordi sottotraccia fra gli Usa, gli Obama e lo zar di tutte le Russie Putin.
Putin che forse non si è mai tolto gli abiti della spia e ormai da un ventennio guida la Russia con un discreto pugno di ferro e il placet benevolo di oligarchi e politici tutti dalla sua parte. Ca va sans dire.
Se le schermaglie che hanno caratterizzato la politica internazionale nel Medio Oriente in tempi recenti potevano rientrare in una normale contesa legata anche alle risorse minerarie, gasdotti, petrolio, rapporti da consolidare con gli Emiri della penisola araba, gli avvelenamenti al polonio nel Regno Unito di spie ex sovietiche, cui non è dato di sapere molto in verità causa vero sovietico, dimostrano quanto il conflitto Usa&Urss sia profondo e ancora ben radicato nei vecchi e nei nuovi protagonisti, purtroppo.
Turchia e Siria sono state un piccolo d pericoloso antipasto a quello che sta succedendo nell'altra America.
Quella povera.
Ecco, in tutto questo disquisire c'è un denominatore comune, quelli della povertà.
Povertà mantenuta tale ora dagli Usa, ora dalla Russia.
Ecco quindi la tensione salire in merito alla presenza di basi Nato a casa dell'emiro Erdogan, con lo zar russo ad osservare rancoroso.
Tensione che è sconfinata in Siria dove palese è l'aiuto sovietico all'ottimo Bashar, salito alla presidenza in virtù di una dittatura familiare alimentata dall'Orso sovietico.
Piccole schermaglie si direbbe in gergo militare.
Schermaglie che hanno vissuto un piccolo stop in occasione del disgelo Corea del Nord-Usa, col senno di poi storicissimo passo di pace fra un altro esponente di una dittatura familiare (curiosa coincidenza), Kim Jong Un, alimentato in maniera discutibile dagli zar e lo sceriffo americano Trump, ora notizia che è via via scivolata negli ultimi posti dei lanci di agenzia.
Il contrasto palese oltre ogni modo è riemerso ora con la crisi venezuelana, giunta a quanto pare al suo punto di svolta. Auspicabile per altro.
È una news che forse al di qua dell'Atlantico nel nostro avevamo interpretato quando alcuni mesi fa colonne di venezuelani scappavano verso le frontiere. Nessuno nella nostra classe politica si è chiesto da cosa o da chi scappassero. Men che meno la UE, preoccupata a mettere la testa sotto la sabbia delle spiagge mediterranee piuttosto che a chiedere lumi al bolivarano (e tutti i rivoluzionari dei secoli scorsi sono autorizzati a rivoltarsi nelle proprie tombe) Maduro, lasciato profondamente libero di uccidere una volta di più il paese sudamericano.
Si è focalizzata l'attenzione sull'onda di migranti honduregni e salvadoregni diretti verso Tijuana e quindi verso gli Usa. Si sono alzati cori, voci potenti contro il muro di latta di Trump, contro il divieto di ingresso per chi arriva da uno degli stati canaglia, come se avere origini, parenti chessò in Siria fosse il male unico del mondo.
Mentre tutto il mondo si indignava per la prova di forza esagerata dei cowboys a stelle e strisce, il bolivarano Maduro, mai neanche vicino al consenso univoco del predecessore Chavez, non esattamente uno stinco di santo ad onor del vero. Maduro ha contribuito ad affossare il popolo prima ancora che l'economia, del Venezuela. Col consenso ovvio e scontato delle multinazionali, sempre pronte a tutelare...i propri interessi, da che mondo è mondo (ora il petrolio come fu a suo tempo per la cacciata dello Scià di Persia o come agì la francese Carrefour, a capo chino nei confronti della Junta Militar argentina), e l'appoggio per nulla nascosto dello zar Vladimir. Ora che Cuba è solo la prigione Usa di Guantanamo e la Baia dei Porci, Fidel e gli esuli sono una pagina piccola dei libri di storia, i bolivarani del Sudamerica sono i nuovi Fidel. Se Morales in Bolivia è distaccato da certi giochi di potere pur appoggiando il collega venezuelano, Maduro abbraccia appieno l'ideologia marxista di Putin. Inseritosi nel solco indicato da Chavez, Maduro ha saputo fare peggio, portando migliaia di venezuelani alla fame, razionando cibo e medicine, nazionalizzando tutto quello che era impresa, lavoro e reddito. Ostentando un consenso solo militare, con la forza. Ora un po' di vento, una brezza leggera di nuovo c'è. Si chiama Guaidó e avrebbe vinto le ultime elezioni. Avrebbe, secondi lui e gli Usa, palesemente stanchi del bolivarismo a due passi da casa e saluti al volo sul carro del vincitore pur di liberarsi dello scomodo vicino. Ora il compito di trovare una soluzione a quello che già così è un dramma e che a detta dell'amministrazione Trump e di Maduro non può che portare ad una soluzione bellica. La guerra civile come spettro nero e fin troppo vicino.
Da una parte il legittimo vincitore, Guaidó, che si appella al mondo intero, trovando in maniera inaspettata un ostacolo nel veto italiano in seno alla UE, con legittimo imbarazzo del commissario Tajani; dall'altra oscure ombre russe che invadono Caracas con misteriosi arrivi di boeing non segnalati.
Il futuro più prossimo appare tutt'altro che roseo. L'incubo che pochi considerano, a parte il fortissimo rischio per la vita di Guaidó e il controllo di buona parte delle forze armate da parte di Maduro, è il possibile ruolo degli Usa in questa vicenda. Più del potere oscuro sovietico dovrebbe preoccupare Trump e tutto lo staff di cowboys. È storia, è risaputo, quanti e quali siano gli interessi Yankee in Sudamerica. Ed è altrettanto risaputo quanto la paura porti a decisioni drastiche e drammatiche. L'Operacion Condor è ancora viva, non solo nel ricordo. Ci sono tante zone d'ombra che non saranno mai chiarite. Se il piano americano è estromettere Maduro per il giovane, bello e più spendibile, Guaidó, e i vari Segretari di Stato invocano Guantanamo per lo stesso Maduro, citando ad esempio negativo Ceausescu e Saddam, vuol dire che Trump ha già nel cassetto il piano di intervento. E forse questo, al di là delle difficoltà enormi del popolo venezuelano, è l'aspetto più tremendamente negativo.
Gli Usa vivono di sotterfugi, spie e trame nascoste, fautori di un neocolonialismo che per amor di multinazionali ai più sfugge.
Forse anche allo stesso Guaidó.
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