Pasqua, che passione...

Adesso che Gesù è risorto per la gioia dei cattolici e degli auguri "a lei e famiglia", che le uova pasquali hanno inondato le case e le tavole degli italiani lasciando quintali di ciotoline vuote e carta plastificata nascosti nelle varie differenziate, torniamo a guardare tristemente quello che accade attorno a noi, nel nostro paese e non.
I primi giorni del ponte pasquale, Liberazione e Primo Maggio, all inclusive of course e pace per tutti se nei suddetti festivi si lavora solo in alcuni settori, sono stati tristi, infelici, funerei.
Facendo una rapida carrellata dei vari lanci di agenzia oltre i confini dello stivale, non si può non rimanere colpiti dal maestoso incendio che si è portato via la cattedrale di Notre Dame, con tutti i suoi capolavori e la foresta di querce a sorreggerla, seguiti nella cenere dalla storia di Quasimodo ed Esmeralda. Hugo fu tragico profeta, certo all'oscuro che due improvvidi mozziconi in mezzo ai lavori di restauro cancellassero secoli di storia. Quello però che colpisce di più è la corsa, davvero una gara, fra i ricchi di Francia nel "donare" milioni di euro (Pinault marchio del lusso ha "donato" cento milioni, sicuramente con la promessa che le tasse verranno sempre pagate) per rispettare i cinque anni di lavoro promessi dall'incerto Macron nella foga della prima ora. E il mondo intero, Notre Dame è comunque patrimonio UNESCO, ha pianto, ha esternato dolore. Giustamente viene da dire ma io nel mio piccolo, sono legato al pessimo trattamento riservatoci da Charlie Hebdo in occasione dei terremoti nel Centro Italia e del crollo del ponte Morandi e a memoria non ricordo nei nostri crolli, nei nostri disastri aiuti e costernazioni così plateali. Ora mi aspetto che tutti gli operai vengano passati al setaccio, giudicati colpevoli come assassini per aver fumato in pieno cantiere. È sbagliato ovviamente e pericoloso, ma ora che l'incubo Isis è sventato ecco il perfetto capro espiatorio.
E i cugini continueranno a raccogliere montagne di euro e a segnare 2024 sul calendario.
E l'Isis?
Nonostante viviamo in un tempo strettamente legato ai sogni distopici di Orwell in cui i tuoi risparmi, il tuo navigare in rete, le tue chat sono tutt'altro che segrete e in realtà vengono custodite gelosamente da oscure e avide entità (così, come Facebook dimostra, si spiega come sia possibile registrarsi ai vari siti di interesse "gratis"), la piaga del terrorismo non riusciamo a sconfiggerla, anzi, spesso subiamo lo scacco da questa o quella fazione.
Qualche mese dopo la folle aggressione anti-islamica "on line" di Christchurch (doppiamente incredibile per il luogo, Nuova Zelanda, dove è avvenuta; nessun premier però si è fatto riprendere con un mitra in mano, anzi, hanno subito messo al bando le armi), l'Isis o qualcosa che macabramente le somiglia, ha risposto nel lontano Sri Lanka colpendo a morte il cuore cristiano allungando sulla "lacrima dell'India" i tentacoli di una radicalizzazione che parte anche dall'Europa, dalla Gran Bretagna in questo caso e non radicalizza solo individui di origine povera, umile, ma anche,come in questo caso, rampolli di ricchi commercianti, giovani borghesi in attesa di diventare madri che trascinano nella mortale esplosione anche la creatura che hanno in grembo.
Le morti sono state tante, troppe, davvero da ogni parte del mondo. La cosa che fa più paura è il non riuscire a prevenire, contenere, il rischio terrorismo oggi che le Intelligence del mondo dispongono di sistemi satellitari tali da scoprire anche quando un anonimo impiegato usa la toilette sul posto di lavoro.
Fa rabbia il sapere, sempre postumo, dopo il dolore, come i servizi segreti (a questo punto, dopo anni di casi e drammi simili a tutte le latitudini, eminenze grigie una volta di più delle trame geopolitiche) dello Sri Lanka sapessero e non sono stati capaci di arginare almeno gli attentati. A giudicare dall'elevato numero di ordigni non esplosi era tutto pronto da tempo; vigliacco colpire così famiglie in vacanza, onesti lavoratori, la vita quotidiana, in un giorno di festa.
Appare chiaro anche ai profani come chi scrive quale sia il ruolo delle superpotenze (a onor del vero sono quattro non di più nel mondo: Usa, Russia, Cina e India con gli americani leggermente in affanno dopo la politica  guerrafondaia di Bush jr, l'illusorio Obama e il presente psico-comico di Trump) nella lotta al terrorismo.
Anni di guerre, anche e soprattutto verso l'italia, contro le chiusure di frontiere, dei porti, contro l'immigrazione che non è solo i barconi nel Mediterraneo o i passeur dai Balcani che porta in Europa i terroristi senza in realtà bloccare niente e nessuno. La radicalizzazione avviene nei Paesi sviluppati come Francia, Inghilterra, Germania e Italia, inutile nasconderlo. E Putin, eterno zar di tutte le Russie sta manovrando lo scacchiere europeo a suo piacimento. Da anni appoggia la Siria e garantisce sopravvivenza politica e fisica al presidente Bashar e ai suoi accoliti (e prima di lui al governo del padre) bloccando di fatto il Califfato, distraendo l'opinione pubblica da quello che in Siria accade, da come adesso la Siria stessa sia in immenso campo profughi che si sposta da un cumulo di macerie all'altro. L'Isis, notizia rilanciata in questi giorni è nuovamente sconfitto ma il caro Vladimir omette di ricordare che l'Islam vive e prolifica alle porte di Mosca, nella Cecenia che rappresenta una permanente spina nel fianco dell'Orso sovietico. E dal Caucaso perennemente in fiamme ( tutto d'un fiato nei miei quarant'anni ricordo il Nagorno-Qarabag, la Cecenia e il conflitto con la Georgia) partono alla conquista dell'Occidente Imam simil profughi e nuovi muezzin.
E con Gesù in questa Pasqua 2019 sono risorte le velleità da Superpotenza della Russia putiniana.
È cronaca di questi giorni l'incontro di Vladivostok con il "caro" leader nordcoreano Kim Jong Un, sempre più una riproduzione sovrappeso del padre nel look e nell'aspetto.
Incontro non secondario, tutt'altro, del nordcoreano visti i chiari problemi esistenti sull'asse Pyongyang-Washington sul tema del disarmo nuca di leare.
Il diabolico duo yankee Trump-Pompeo, che già così direbbe tutto, resta fermo sulla linea dell'intransigenza: zero embarghi, zero sanzioni solo dopo totale rinuncia di ogni velleità nucleare nordcoreana. Rinuncia totale che avrebbe ripercussioni catastrofiche sulla già avvilente economia nordcoreana.
Ecco quindi che la mano tesa di Vladimir al giovane presidente nordcoreano assume una doppia valenza: appoggiare le riappacificate nazioni della penisola coreana anche nella difficile uscita dal nucleare (in tutta onestà non è noto quanto a fondo, lontano da taccuini e flash, stia lavorando l'intelligence russa) mettendo sul piatto economico la costruzione di oleodotti e gasdotti e consolidare una volta di più il ruolo di superpotenza della Russia Putiniana.
E mentre nella povera America apparentemente avulsa su se stessa, dove Trump twitta e pensa al pericolo Cina, fa schizzare i dazi da pagare e tiene alla fame davanti al tanto caro muro messicano migliaia di disperati alla ricerca di condizioni di vita solamente un po'più umane (e l'assalto alla Bestia, colossale treno merci che fa la spola fra Usa e Messico è solo l'ultimo episodio), il resto del mondo va avanti con il ghigno gelido dell'ex spia Putin cui spesso, troppo, sempre vengono perdonate le mani sporche nella moria di ex spie sovietiche domiciliate nella precaria e poco isolata per loro sfortuna Gran Bretagna.
Il discorso sui rapporti ambigui fra Potenza-Arroganza-Leccaculismo è ampio e non parla solo russo.
L'esempio più eclatante e urticante è la nuova Arabia Saudita simile alla vecchia ma giocoforza social e quindi un po'più alla mercé dei naviganti. Non voglio accennare alla disparità di trattamento uomo/donna (se anche un musulmano come Salah dice basta a questa disparità è un piccolo segnale di cambiamento, certo al momento al di fuori dell'Emirato) ma sulle ingerenze politiche e criminali del nuovo Re, Salman. Un Re che non esita a far uccidere attraverso figli e parenti, un giornalista fermamente e fieramente contrario al regime medioevale dell'Arabia, Jamal Khashoggi, anche se in terra straniera (i soldi non solo non puzzano ma varcano tutti i confini), ma durante i giorni per noi festivi della Pasqua fa giustiziare dodici persone usando anche la crocifissione come metodo.
Ecco, mi ferisce la non condanna della comunità internazionale.
Alla quale fa comodo guardare dall'altra parte, sbattere via la sabbia dai vestiti, Papa compreso.
È evidente che a tutti il mondo arabo fa comodo così com'è.
Torniamo ai moderni zar...
Avanti di questo passo, nonostante le fatiche in stile Asterix più che Ercole che il nostro premier Conte sta facendo, l'unico interlocutore utile a sbrogliare la complicata matassa rimane proprio il Vladimir da San Pietroburgo.
Ora come detto, dopo aver messo più o meno velatamente le mani sulla Siria, passando dalla Turchia dove tiene sulle ginocchia il Sultano Erdogan, l'Orso punta sullo scacchiere libico.
Dal 2011 quando cadde il regime del colonnello Gheddafi sotto la spinta un po'forzata del duo Francia-Gran Bretagna lo stato Libico di fatto è un insieme di varie entità, di tribù, dove tutti reclamano qualcosa. C'è un governo con sede a Tripoli guidato da al-Sarraj, riconosciuto dall'Onu e sulla cui spalla c'è appunto la mano di Putin e c'è un'entità ribelle guidata da Haftar che con l'appoggio dell'ambiguo Egitto di al Sisi e di Trump (in silenzio, lontano da Twitter) muove da Tobruk, cuore della Cirenaica, verso quella Tripoli tutt'altro che bel suol d'amore.
I venti che arrivano a Lampedusa odorano di kerosene, proiettili e sabbia.
Ecco la Fatica di Conte, al di là delle beghe interne nostrane.
Capire cosa succede a 300 km dalle nostre coste, cercando di non diventare nuovamente attracco massivo di barconi e ong, ma soprattutto di salvaguardare gli enormi interessi italiani nella nostra ex colonia (che visto il presente, schiacciata com'è fra Est ed Ovest, rischia di ripetere la nefasta genesi dell'attuale Somalia), prima fra tutti l'Eni.
Russia sempre protagonista anche in Ucraina, vecchio granaio malato di tutte le Russie.
Succede che le presidenziali le ha vinte un oscuro comico prestato alla politica (noi lo abbiamo fatto prima con Berlusconi poi con Grillo).
Possibile?
Si.
Interpretando un presidente sullo schermo si inventa una lista con lo stesso nome dell'emittente che lo trasmette, Kvartal95, priva però di un programma elettorale ben definito.
Zeren'skyj, questo il nome, è di origine ebrea e seguendo ironicamente il luogo comune, deve essere un ottimo commerciante, visto che si è venduto benissimo agli ucraini senza mai sostenere un solo dibattito col rivale. Rivale che ad onor del vero lo ha riconosciuto come vincitore. Il sospetto ad Occidente è che l'onnipresente Vladimir da San Pietroburgo abbia messo a governare l'Ucraina per chiudere in via definitiva il conflitto scoppiato nel Donbass e che ha messo in ginocchio il paese di Chernobyl, e vedere chiuse le sanzioni cui è sottoposta la Russia per lo stesso conflitto.
Intreccio da spy story forse ma temo che questo comico sia un po'più da temere dei comici di casa nostra.
Se tutto questo è una spruzzata di quel che succede nel mondo cosa succede nel nostro paese?
Verrebbe da dire il solito.
Il solito tran tran da commedia del Bagaglino. Solo che a teatro era satira, ben fatta.
Mentre noi abbiamo assistito alle consuete beghe da cortile, e per cortile corre automatico il pensiero a Montecitorio.
E per protagonisti il solito diabolico duo che dal momento dell'inserimento, della firma del fatidico contratto di governo. Di Maio e i pentastellati dopo la famosa tessera del reddito di cittadinanza presentata al popolo bue con tanto di cerimonia degna della Fifa, hanno sistemato il mirino sulla Lega e sul Matteo Salvini, novello Clark Kent abile a mettere e togliere le felpe del luogo o del Corpo che visita. E già questo ci potrebbe spingere a stracciare il contratto di governo.
Ora la Lega è sotto "fuoco amico" ma non ha fatto molto per evitarlo. I motivi sono due e diversi fra loro.
Il primo è lo scandalo, le intercettazioni telefoniche non lasciano spazio alla fantasia, che riguarda il sottosegretario alle infrastrutture Siri.
Ha avuto la pensata di chiedere una mazzetta, chiamiamola con il nome giusto, alla famiglia Arata per la gestione dei propri impianti eolici. Nulla di quasi strano in quanto Siri come tanti altri forse è cresciuto guardando in TV le udienze del Pool di Milano e dell'avvocato Spazzali nello show "Mani pulite", restando affascinato forse dalla facilità di aumentare le proprie entrate che dalla faccia sudata, sofferente, arrancante di un Forlani in massima difficoltà.
Così, fedele a quella politica vintage non intende mollare la poltrona, né tantomeno glielo chiede il suo segretario, lo stesso Matteo che ad un incontro coi Nocs ha impugnato un mitra, con una postura piuttosto precaria a dire il vero, ed è finito diritto sui social, in questo caso la pagina del suo spin doctor Morisi.
Verrebbe da dire leggendo le feroci critiche da destra, da sinistra, dei Travaglio e dei Saviano, e quindi?
È il ministro dell'interno ad un incontro con un Corpo, una sezione speciale dei Carabinieri, alle sue dipendenze.
Le critiche feroci sono più frutto della campagna elettorale che del gesto in sé.
Salvini dal canto suo tira dritto e non da molto peso alle critiche, come da copione già collaudato.
Del resto la fattura con gli alleati forzati di governo posa sulle critiche reciproche, dando l'idea spesso di lasciare il boccino nelle mani del premier Conte.
È di questi giorni la notizia che la legittima difesa tanto cara a Salvini è legge ma, come Mattarella ha chiarito è di difficile interpretazione da parte della giustizia il concetto di "spinta emotiva": ecco, per ipotesi, se qualcuno lo trovo di notte a casa mia ho chiaramente una spinta emotiva che mi può fare agire in maniera inconsulta ed inconsueta. Grave potrebbe essere se ho a portata di mano un'arma. E questo sarà il nodo che la Giustizia dovrà essere brava a sciogliere.
Le ultime news parlano dell' economia bocciata una volta di più da Standard&Poor's, d'accordo ma sono gli stessi analisti che promuovevano le banche americane dai nomi improbabili prima del grande default Usa.
Memorabile la critica a questo governo del presidente Tajani, come se fosse un problema esploso in questi mesi di governo bicolore.
Del resto la nostra economia è a rilento, basta fare una passeggiata per qualsiasi centro storico d'Italia e contare le serrande chiuse delle attività commerciali. S&P ci boccia ma non scopre di certo l'acqua calda.
Economicamente parlando, a dispetto dei no di facciata non sono sparite le accise sul carburante, con conseguenze evidenti sulla benzina (2 euro ormai nelle colonnine autostradali; in Germania rimane a 1,20/1,30....) e sulle bollette di gas e luce.
Troppi gestori a dispetto della libera concorrenza per contenere i costi e troppi amministratori degli stessi seduti sulle poltrone che contano.
E poi?
Poi è stato approvato l'aumento dell'iva per il 2020....
Come ha detto Conte?
Ah sì, sarà bellissimo......

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