Nel 1891 il professore J.Naismith non lo sa che la richiesta fattagli dai colleghi avrebbe cambiato il modo di intendere lo sport e il tempo libero degli Stati Uniti prima, del mondo in seguito.
Il professore J.Naismith è un medico che insegna in virtù della sua laurea, ginnastica in una cittadina americana si nome Springfield.
È canadese, non americano.
La richiesta è legata al clima invernale non mite e dall' esigenza di fare fare attività sportiva al coperto ai giocatori dei team di baseball e football americano.
Il professore J. Naismith osserva il mondo attorno a sé, non ha molte alternative.
Dalla cantina estrae due comuni cesti in vimini come quelli per portare le pesche dopo raccolte.
Le appende a circa due metri di altezza alle estremità opposte di in un campo lungo circa quindici metri. Usa una palla di cuoio pesante, del peso circa di mezzo chilo. Divide in due squadre di nove giocatori ciascuna gli atleti presenti in palestra e da il via a quello che sarà destinato a diventare uno degli sport più seguiti e praticati del mondo.
Mezzo secolo dopo, nel 1946, sempre negli Stati Uniti nasce l' NBA, la Lega basket per antonomasia.
Anni dopo in Italia, partendo dai campetti di erba e sabbia che circondano Mestre, la terraferma della città di Venezia, lascia ogni velleità calcistica per provare con il basket un ragazzo alto e robusto, moto coi capelli corti, di Mestre; Davide Ancilotto.
Da Mestre si guarda la laguna, si guardano i granata della Reyer di Drazen Dalipagic e Spencer Haywood battersi contro Milano, Varese e Cantù, la Lombardia della pallacanestro che domina Italia ed Europa.
Il Palasport Taliercio è a Mestre, dietro casa Ancilotto.
E Davide prova a entrare in quel mondo incrociando il suo cammino con quello del suo mentore, mister Celada.
Davide sfida i ragazzi più grandi nelle fila del Basket Mestre, e lo fa bene, muovendosi a volte in maniera squilibrata mettendoci il fisico quando serve.
Fisico che si rafforza e si allunga.
Si allunga anche la lista delle pretendenti famose per il giovane mestrino.
Decide di seguire a Desio mister Celada come testa di ponte per i parquet più famosi. Il passaggio in Lombardia è solo l'inizio per Davide.
Ormai ha chiaro il suo obiettivo e come muoversi sul legno lucido dei palazzetti.
Fra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90 oltre o confini lombardi il basket era Livorno e Caserta.
La Juve Caserta era l'alternativa a Milano, forte dei giovani e vincenti Gentile ed Esposito. E Davide vi entra di diritto, giovane e forte, un "guaglione" con l' accento di Venezia e la forza del Leone di San Marco.
Coi bianconeri campani arriva la serie A dei grandi nel ruolo di guardia.
Davide sa cosa deve fare quando corre per i parquet, lo sa bene.
Il suo è un ruolo relativamente giovane; è stato inventato a cavallo degli anni '70 e '80 ed è identificato con il numero 2. Occupa la zona che sta al limite della linea da tre punti. È il miglior tiratore della squadra e assiste nelle azioni i compagni.
È un ruolo di precisione e anche fisico; Davide si ricorda di aver visto tirare Dalipagic a Mestre e si ricorda i movimenti.
Intepreta il ruolo alla sua maniera quasi atipico: alto più di due metri e difficilmente marcabile per il continuo movimento. Dopo un passaggio all'Olimpia Pistoia ecco la grande occasione di Roma, Virtus.
Davide gioca con fantasia, quasi appartenesse alla scuola jugoslava, sicurezza. Tiene il pallone di 80 cm di circonferenza stretto fra le mani grandi come al campetto quando il pallone è tuo. Il tiro pare leggero a dispetto dei seicento grammi di peso.
Non ha paura Davide, neanche quando zittisce i tifosi a Treviso.
Se lo colpisce il Leone di San Marco reagisce e colpisce.
Piace Davide agli addetti e al coach azzurro Messina, che anche su un giovane deciso come Ancilotto vorrebbe impostare il progetto Italia.
A 23 anni Davide sfodera coraggio e forza anche con la canotta azzurra esordendo nella fredda Helsinki, Finlandia.
Anche sana incoscienza rifiutando un'offerta dal Badalona, Spagna, squadra cui è sempre stato difficile dire di no.
Davide lo fa, lui è di Venezia il mondo lo conquista a modo suo.
Il 16/8/1997 la Virtus Roma gioca un'amichevole con Nancy a Gubbio. Una normale sgambata estiva.
Coach Caja osserva. Vede Davide correre come sempre al limite dei tre punti.
Vede Davide passare il pallone più pesante dei seicento grammi al compagno vicino e avvicinarsi.
Sono passati pochi minuti e Davide chiede il cambio, è affaticato.
Coach Caja asseconda la guardia.
Il tempo del "cinque", uno sbuffo di fatica, l'asciugamano sul collo e Davide si accascia al suolo, inerme.
Non sente la voce dei compagni, il silenzio del palazzetto, coach Caja che lo chiama.
Non sente più l'odore forte del parquet.
Davide è tornato a Venezia a guardare Dalipagic segnare 70 punti alla Virtus Bologna.
Non sente il 118 rianimarlo, trasportarlo all'ospedale.
Non sente la canotta giallorossa sfilarsi.
Coma profondo dovuto ad ischemia cerebrale.
Da Perugia il trasferimento a Roma, senza riprendere mai conoscenza. Otto giorni di coma profondo.
Il 24/8/1997 il cuore di Davide si ferma.
Fatalità diranno giustizia e bollettini medici. Può essere vero ma a 23 anni dopo aver detto no a Badalona è ingiusto finire così.
La Virtus Roma ha ritirato la canotta numero 4 che ora svetta al Palalottomatica in mezzo ai vessilli dei trionfi giallorossi.
Tanti palazzetti sono intitolati a Davide nei luoghi dove ha portato il vessillo si San Marco come un novello Marco Polo.
Il professore J.Naismith è un medico che insegna in virtù della sua laurea, ginnastica in una cittadina americana si nome Springfield.
È canadese, non americano.
La richiesta è legata al clima invernale non mite e dall' esigenza di fare fare attività sportiva al coperto ai giocatori dei team di baseball e football americano.
Il professore J. Naismith osserva il mondo attorno a sé, non ha molte alternative.
Dalla cantina estrae due comuni cesti in vimini come quelli per portare le pesche dopo raccolte.
Le appende a circa due metri di altezza alle estremità opposte di in un campo lungo circa quindici metri. Usa una palla di cuoio pesante, del peso circa di mezzo chilo. Divide in due squadre di nove giocatori ciascuna gli atleti presenti in palestra e da il via a quello che sarà destinato a diventare uno degli sport più seguiti e praticati del mondo.
Mezzo secolo dopo, nel 1946, sempre negli Stati Uniti nasce l' NBA, la Lega basket per antonomasia.
Anni dopo in Italia, partendo dai campetti di erba e sabbia che circondano Mestre, la terraferma della città di Venezia, lascia ogni velleità calcistica per provare con il basket un ragazzo alto e robusto, moto coi capelli corti, di Mestre; Davide Ancilotto.
Da Mestre si guarda la laguna, si guardano i granata della Reyer di Drazen Dalipagic e Spencer Haywood battersi contro Milano, Varese e Cantù, la Lombardia della pallacanestro che domina Italia ed Europa.
Il Palasport Taliercio è a Mestre, dietro casa Ancilotto.
E Davide prova a entrare in quel mondo incrociando il suo cammino con quello del suo mentore, mister Celada.
Davide sfida i ragazzi più grandi nelle fila del Basket Mestre, e lo fa bene, muovendosi a volte in maniera squilibrata mettendoci il fisico quando serve.
Fisico che si rafforza e si allunga.
Si allunga anche la lista delle pretendenti famose per il giovane mestrino.
Decide di seguire a Desio mister Celada come testa di ponte per i parquet più famosi. Il passaggio in Lombardia è solo l'inizio per Davide.
Ormai ha chiaro il suo obiettivo e come muoversi sul legno lucido dei palazzetti.
Fra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90 oltre o confini lombardi il basket era Livorno e Caserta.
La Juve Caserta era l'alternativa a Milano, forte dei giovani e vincenti Gentile ed Esposito. E Davide vi entra di diritto, giovane e forte, un "guaglione" con l' accento di Venezia e la forza del Leone di San Marco.
Coi bianconeri campani arriva la serie A dei grandi nel ruolo di guardia.
Davide sa cosa deve fare quando corre per i parquet, lo sa bene.
Il suo è un ruolo relativamente giovane; è stato inventato a cavallo degli anni '70 e '80 ed è identificato con il numero 2. Occupa la zona che sta al limite della linea da tre punti. È il miglior tiratore della squadra e assiste nelle azioni i compagni.
È un ruolo di precisione e anche fisico; Davide si ricorda di aver visto tirare Dalipagic a Mestre e si ricorda i movimenti.
Intepreta il ruolo alla sua maniera quasi atipico: alto più di due metri e difficilmente marcabile per il continuo movimento. Dopo un passaggio all'Olimpia Pistoia ecco la grande occasione di Roma, Virtus.
Davide gioca con fantasia, quasi appartenesse alla scuola jugoslava, sicurezza. Tiene il pallone di 80 cm di circonferenza stretto fra le mani grandi come al campetto quando il pallone è tuo. Il tiro pare leggero a dispetto dei seicento grammi di peso.
Non ha paura Davide, neanche quando zittisce i tifosi a Treviso.
Se lo colpisce il Leone di San Marco reagisce e colpisce.
Piace Davide agli addetti e al coach azzurro Messina, che anche su un giovane deciso come Ancilotto vorrebbe impostare il progetto Italia.
A 23 anni Davide sfodera coraggio e forza anche con la canotta azzurra esordendo nella fredda Helsinki, Finlandia.
Anche sana incoscienza rifiutando un'offerta dal Badalona, Spagna, squadra cui è sempre stato difficile dire di no.
Davide lo fa, lui è di Venezia il mondo lo conquista a modo suo.
Il 16/8/1997 la Virtus Roma gioca un'amichevole con Nancy a Gubbio. Una normale sgambata estiva.
Coach Caja osserva. Vede Davide correre come sempre al limite dei tre punti.
Vede Davide passare il pallone più pesante dei seicento grammi al compagno vicino e avvicinarsi.
Sono passati pochi minuti e Davide chiede il cambio, è affaticato.
Coach Caja asseconda la guardia.
Il tempo del "cinque", uno sbuffo di fatica, l'asciugamano sul collo e Davide si accascia al suolo, inerme.
Non sente la voce dei compagni, il silenzio del palazzetto, coach Caja che lo chiama.
Non sente più l'odore forte del parquet.
Davide è tornato a Venezia a guardare Dalipagic segnare 70 punti alla Virtus Bologna.
Non sente il 118 rianimarlo, trasportarlo all'ospedale.
Non sente la canotta giallorossa sfilarsi.
Coma profondo dovuto ad ischemia cerebrale.
Da Perugia il trasferimento a Roma, senza riprendere mai conoscenza. Otto giorni di coma profondo.
Il 24/8/1997 il cuore di Davide si ferma.
Fatalità diranno giustizia e bollettini medici. Può essere vero ma a 23 anni dopo aver detto no a Badalona è ingiusto finire così.
La Virtus Roma ha ritirato la canotta numero 4 che ora svetta al Palalottomatica in mezzo ai vessilli dei trionfi giallorossi.
Tanti palazzetti sono intitolati a Davide nei luoghi dove ha portato il vessillo si San Marco come un novello Marco Polo.
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