Sei nato in Africa, quella nera, quella povera, quella del leone e della gazzella.
Sei nato vicino al lago Tanganica, nella capitale Bujumbura, Burundi.
Un nome che nel resto del mondo evoca crisi, carestie e povertà.
La tua vita non è fatta di agi, fratelli, capanne e il pallone che ti rotola a fianco.
Correre. È la prima cosa che impari.
Prima della scuola, del cibo.
La vita è a ridosso del lago, dove la città finisce in bosco e riva.
Capisci subito che la tua gazzella da inseguire è fatta di cuoio.
Faty Papy nasce a Bujumbura il 18 settembre 1990. Nasce nella capitale di uno degli stati più poveri del mondo. La pelle è nera, color dell'ebano. È un ragazzo alto, agile, veloce. Veloce come un leone.
La tua gazzella è rotonda, di cuoio, a pentagoni neri ed esagoni bianchi e corre veloce su una savana piatta, regolare, verde.
Tu sai solo che sei il leone.
Correre, per vivere, per mangiare e scappare.
Papy corre per rincorrere il pallone di cuoio e vincere. Vincere in Burundi è vivere e Faty Papy deve far vivere la sua famiglia.
Studia anche e si impegna nel gioco del calcio. Gioca a centrocampo, dove il leone può aspettare meglio i movimenti della gazzella. Da quella posizione può controllare il gioco.
Lo fa bene, talmente bene che attira l'attenzione dell'Inter Star. Entra nel vivaio.
Nelle giovanili il leone corre, contrasta, pensa alla famiglia ferma sulle sponde del lago.
Lo fa bene e nel 2007 esordisce in prima squadra.
Ora che ha afferrato la sua gazzella il leone serra la morsa.
La porta con sé nel calcio europeo.
L'anno è il 2008.
Faty Papy dal Burundi parte con destinazione Turchia, la città è Trebisonda, il club storico del calcio turco è conosciuto come Trabzonspor.
Il giovane leone color d'ebano corre nel centrocampo delle giovanili, per crescere, esordire finalmente nel calcio europeo.
A coronare il momento positivo arriva anche la convocazione nella nazionale maggiore nell'incontro con le Seychelles.
Per il club il giovane africano è un investimento e deve farsi le ossa fuori dalla Turchia.
Faty Papy nel 2009 accetta di portare la gazzella nei Paesi Bassi, a Maastricht città del Trattato. Fa freddo, umido. La lingua è fredda e dura e si vive sull'acqua, quasi a 360°. Il giovane africano gioca con continuità, non lotta per i trofei, ma gioca e sembra superare finalmente le difficoltà legate all'esordio in Europa.
Il rientro al Trabzonspor nel 2010 non porta però i frutti sperati e le zero presenze nella stagione riportano Faty Papy sulle rive del Tanganica.
Nel paese fra i due continenti il ragazzo ascolta i canti dal minareto e pensa alla capanna che forse non cambierà mai.
Il destino del giovane leone color d'ebano lo riporta in Africa nel 2011. In Ruanda, non esattamente uno dei campionati più seguiti dagli scout europei. L'acquisto è a titolo definitivo all' Apr. È solo l'inizio del giro africano del ragazzo che ora corre come un leone stanco. Forse l'orgoglio, forse la paura.
La consolazione ha il sapore dolce del primo gol in nazionale proprio contro il Ruanda.
Nel 2012 l'arrivo ai sudafricani del Bidvest Wist segna uno spartiacque importante per il ragazzo del Burundi.
Faty vuole correre a centrocampo fin da bambino, vuole la palla fra i piedi e non lasciarla andare più.
Per farlo ha stretto a sé la gazzella a nord, in Europa, l'ha riportato sulle rive del Tanganica.
Più di ogni altra cosa Faty ci ha messo il cuore. Un cuore che ha sempre fatto le bizze ma che nessuno in Turchia o in Olanda ha mai davvero visto.
In Ruanda il ragazzo ha un primo collasso in campo. Pur trovandosi nel martoriato paese africano il ragazzo ha il primo quadro reale della sua situazione clinica.
Il cuore del giovane leone batte male, non come dovrebbe. È necessario applicare un defibrillatore.
Faty si oppone; pensa alle capanne, al lago, alla famiglia a Bujumbura.
Vuole continuare. Si assume le proprie responsabilità e firma, firma tutte le carte necessarie per rincorrere ancora la gazzella. Sa che può farcela.
Trova finalmente un allenatore che a lui si affeziona, che non mastica scienza medica ma vede nel ragazzo un figlio.
Gavin Hunt non lo convoca, non lo fa giocare. Non è un provvedimento disciplinare, no, è umanità. Il giovane leone color dell'ebano ha un secondo collasso, una seconda e terza visita confermano la necessità del defibrillatore. Lo stop all'attività sportiva è un'eventualità che il ragazzo non accetta. Saluta coach Hunt. Lui musulmano innamorato di una palla consulta un sangoma, uno stregone. Pur di continuare ad indossare gli scarpini va contro i precetti religiosi, si convince di avere il malocchio.
Il leone è giovane, non può essere messo in gabbia.
Ora che è riuscito a portare alla sua prima Copia d'Africa il Burundi non può sedersi sulla riva del lago e vedere gli altri leoni correre al posto suo.
Saluta il Ruanda e si sposta nello Swaziland dove Trebisonda deve sembrare ancora più lontana, minuscola. A 28 anni Faty Papy indossa la divisa del Malanti Chiefs. Per far battere ancora il suo cuore e portarlo alla Coppa d'Africa
Basta solo quell'input per farlo correre ancora alla ricerca della gazzella.
Per uno strano incrocio del destino il 25 aprile 2019 si gioca a Eswatini Bidvest Wits-Malanti Chiefs.
Faty Papy ritrova i vecchi compagni. Scende in campo sorridendo come sempre. Come tutte le altre volte. Corre cercando di rubare la gazzella ai compagni del passato. Corre pensando che la savana è il posto migliore dove correre dietro alla palla di cuoio. Meglio perfino degli stadi rumorosi, freddi e a volte volgari dell'Europa. Correre sotto il sole, come da bambino aggirando bidoni e capanne.
Corre in mezzo alla savana il giovane leone.
Corre perché in fondo è tutto quello che vuole.
Corre.
Quando corri chiedi uno sforzo diverso al tuo corpo. Che si accende, che si mette in moto.
Corre Faty Papy e non sente il cuore un po'più pesante.
Non pensa alle firme fatte, al parere dei medici che lo hanno visitato.
Corre per tenersi stretta la gazzella ma il giovane leone stavolta non morde abbastanza forte. La preda sfugge.
Faty Papy cade a terra al minuto numero quindici. Cade sotto il sole caldo dell'Africa. Pensa che il calcio era tutto, più importante della sua vita.
I soccorsi non servono, il cuore del calciatore dopo altri quindici minuti di sofferenza si ferma, questa volta per sempre.
Infarto, fatale. Annunciato.
Il giovane leone si è fermato sulla roccia ad osservare il branco. Sorridente sereno che in fondo ha scelto lui stesso il momento di non rincorrere più la gazzella.
Rimangono i dubbi sulla medicina sportiva della vecchia Europa; possibile che né i medici sportivi turchi, né quelli olandesi abbiano riscontrato questo deficit cardiaco nel ragazzo?
Possibile invece che nella "retrograda" Africa invece se ne fossero accorti, ben tre volte, e che davvero sia bastata la firma autografa del calciatore sulla liberatoria per non fermarlo?
Sei nato vicino al lago Tanganica, nella capitale Bujumbura, Burundi.
Un nome che nel resto del mondo evoca crisi, carestie e povertà.
La tua vita non è fatta di agi, fratelli, capanne e il pallone che ti rotola a fianco.
Correre. È la prima cosa che impari.
Prima della scuola, del cibo.
La vita è a ridosso del lago, dove la città finisce in bosco e riva.
Capisci subito che la tua gazzella da inseguire è fatta di cuoio.
Faty Papy nasce a Bujumbura il 18 settembre 1990. Nasce nella capitale di uno degli stati più poveri del mondo. La pelle è nera, color dell'ebano. È un ragazzo alto, agile, veloce. Veloce come un leone.
La tua gazzella è rotonda, di cuoio, a pentagoni neri ed esagoni bianchi e corre veloce su una savana piatta, regolare, verde.
Tu sai solo che sei il leone.
Correre, per vivere, per mangiare e scappare.
Papy corre per rincorrere il pallone di cuoio e vincere. Vincere in Burundi è vivere e Faty Papy deve far vivere la sua famiglia.
Studia anche e si impegna nel gioco del calcio. Gioca a centrocampo, dove il leone può aspettare meglio i movimenti della gazzella. Da quella posizione può controllare il gioco.
Lo fa bene, talmente bene che attira l'attenzione dell'Inter Star. Entra nel vivaio.
Nelle giovanili il leone corre, contrasta, pensa alla famiglia ferma sulle sponde del lago.
Lo fa bene e nel 2007 esordisce in prima squadra.
Ora che ha afferrato la sua gazzella il leone serra la morsa.
La porta con sé nel calcio europeo.
L'anno è il 2008.
Faty Papy dal Burundi parte con destinazione Turchia, la città è Trebisonda, il club storico del calcio turco è conosciuto come Trabzonspor.
Il giovane leone color d'ebano corre nel centrocampo delle giovanili, per crescere, esordire finalmente nel calcio europeo.
A coronare il momento positivo arriva anche la convocazione nella nazionale maggiore nell'incontro con le Seychelles.
Per il club il giovane africano è un investimento e deve farsi le ossa fuori dalla Turchia.
Faty Papy nel 2009 accetta di portare la gazzella nei Paesi Bassi, a Maastricht città del Trattato. Fa freddo, umido. La lingua è fredda e dura e si vive sull'acqua, quasi a 360°. Il giovane africano gioca con continuità, non lotta per i trofei, ma gioca e sembra superare finalmente le difficoltà legate all'esordio in Europa.
Il rientro al Trabzonspor nel 2010 non porta però i frutti sperati e le zero presenze nella stagione riportano Faty Papy sulle rive del Tanganica.
Nel paese fra i due continenti il ragazzo ascolta i canti dal minareto e pensa alla capanna che forse non cambierà mai.
Il destino del giovane leone color d'ebano lo riporta in Africa nel 2011. In Ruanda, non esattamente uno dei campionati più seguiti dagli scout europei. L'acquisto è a titolo definitivo all' Apr. È solo l'inizio del giro africano del ragazzo che ora corre come un leone stanco. Forse l'orgoglio, forse la paura.
La consolazione ha il sapore dolce del primo gol in nazionale proprio contro il Ruanda.
Nel 2012 l'arrivo ai sudafricani del Bidvest Wist segna uno spartiacque importante per il ragazzo del Burundi.
Faty vuole correre a centrocampo fin da bambino, vuole la palla fra i piedi e non lasciarla andare più.
Per farlo ha stretto a sé la gazzella a nord, in Europa, l'ha riportato sulle rive del Tanganica.
Più di ogni altra cosa Faty ci ha messo il cuore. Un cuore che ha sempre fatto le bizze ma che nessuno in Turchia o in Olanda ha mai davvero visto.
In Ruanda il ragazzo ha un primo collasso in campo. Pur trovandosi nel martoriato paese africano il ragazzo ha il primo quadro reale della sua situazione clinica.
Il cuore del giovane leone batte male, non come dovrebbe. È necessario applicare un defibrillatore.
Faty si oppone; pensa alle capanne, al lago, alla famiglia a Bujumbura.
Vuole continuare. Si assume le proprie responsabilità e firma, firma tutte le carte necessarie per rincorrere ancora la gazzella. Sa che può farcela.
Trova finalmente un allenatore che a lui si affeziona, che non mastica scienza medica ma vede nel ragazzo un figlio.
Gavin Hunt non lo convoca, non lo fa giocare. Non è un provvedimento disciplinare, no, è umanità. Il giovane leone color dell'ebano ha un secondo collasso, una seconda e terza visita confermano la necessità del defibrillatore. Lo stop all'attività sportiva è un'eventualità che il ragazzo non accetta. Saluta coach Hunt. Lui musulmano innamorato di una palla consulta un sangoma, uno stregone. Pur di continuare ad indossare gli scarpini va contro i precetti religiosi, si convince di avere il malocchio.
Il leone è giovane, non può essere messo in gabbia.
Ora che è riuscito a portare alla sua prima Copia d'Africa il Burundi non può sedersi sulla riva del lago e vedere gli altri leoni correre al posto suo.
Saluta il Ruanda e si sposta nello Swaziland dove Trebisonda deve sembrare ancora più lontana, minuscola. A 28 anni Faty Papy indossa la divisa del Malanti Chiefs. Per far battere ancora il suo cuore e portarlo alla Coppa d'Africa
Basta solo quell'input per farlo correre ancora alla ricerca della gazzella.
Per uno strano incrocio del destino il 25 aprile 2019 si gioca a Eswatini Bidvest Wits-Malanti Chiefs.
Faty Papy ritrova i vecchi compagni. Scende in campo sorridendo come sempre. Come tutte le altre volte. Corre cercando di rubare la gazzella ai compagni del passato. Corre pensando che la savana è il posto migliore dove correre dietro alla palla di cuoio. Meglio perfino degli stadi rumorosi, freddi e a volte volgari dell'Europa. Correre sotto il sole, come da bambino aggirando bidoni e capanne.
Corre in mezzo alla savana il giovane leone.
Corre perché in fondo è tutto quello che vuole.
Corre.
Quando corri chiedi uno sforzo diverso al tuo corpo. Che si accende, che si mette in moto.
Corre Faty Papy e non sente il cuore un po'più pesante.
Non pensa alle firme fatte, al parere dei medici che lo hanno visitato.
Corre per tenersi stretta la gazzella ma il giovane leone stavolta non morde abbastanza forte. La preda sfugge.
Faty Papy cade a terra al minuto numero quindici. Cade sotto il sole caldo dell'Africa. Pensa che il calcio era tutto, più importante della sua vita.
I soccorsi non servono, il cuore del calciatore dopo altri quindici minuti di sofferenza si ferma, questa volta per sempre.
Infarto, fatale. Annunciato.
Il giovane leone si è fermato sulla roccia ad osservare il branco. Sorridente sereno che in fondo ha scelto lui stesso il momento di non rincorrere più la gazzella.
Rimangono i dubbi sulla medicina sportiva della vecchia Europa; possibile che né i medici sportivi turchi, né quelli olandesi abbiano riscontrato questo deficit cardiaco nel ragazzo?
Possibile invece che nella "retrograda" Africa invece se ne fossero accorti, ben tre volte, e che davvero sia bastata la firma autografa del calciatore sulla liberatoria per non fermarlo?
Commenti
Posta un commento