Sweet Home Alabama

Alabama, Usa rurale, di palude.
Alabama, ma anche Georgia, Kentucky, Missouri e Mississipi.
Alabama, sweet home come cantavano i Lynyrd Skynyrd.
Alabama e gli altri Stati, tutti gli Stati Secessionisti nella sanguinosa guerra civile del 1861, la cui scintilla fu una legge che aboliva la schiavitù a firma del Presidente Lincoln (i proprietari terrieri, i ricchi, che mandavano nelle scuole militari i figli per fare carriera, così come oggi un certo ceto sociale imprenditoriale che ha in Trump il suo totem, fomentarono la rivolta e la guerra).
Alabama, che al di qua dell'Oceano Atlantico è uno stato ma soprattutto un verso in una canzone, che con la fiera e sconvolgente dichiarazione della governatrice Kay Ivey emana una delle leggi più restrittive in tema di aborto.
Si, aborto, una delle più grandi conquiste della donna, per la propria libertà, individuale e intellettuale, per la propria salute.
Ecco, nella paludosa Alabama forse per l'umidità, la senatrice ha perso di vista il suo essere anche donna; è entrata nell'ottica politica in cui tutto diventa gestibile per pochi, e dove gli stessi pochi governano il potere.
Già in campagna elettorale Trump aveva evidenziato come la sua fosse una filosofia molto "man power", ora la sta attuando.
Dall'inizio dell'annuncio in 28 dei 51 Stati Americani sono state emanate 300 leggi restrittive in tema di aborto, non poche, ingiuste.
L' Aclu, l'Unione Americana per le libertà civili, ha già annunciato che ricorrerà fino alla Corte Suprema per riaffermare quanto nel 1972 Roe v. Wade affermò, ovvero che l'aborto è un diritto di ogni donna.
L'ostacolo più grande, paradossalmente è proprio la Corte Suprema a maggioranza, cinque giudici su nove, conservatrice, diretta emanazione del Presidente.
Più di ogni ideologi personale sui pro e contro l'aborto a fare urlare tutto il disgusto per questa legge, sono alcuni particolari che fanno capire come non sia stato considerato il ruolo della donna: unica e sola persona che deve, può, pensarci.
La improbabile governatrice Ivey ha gioito dell'entrata in vigore della sua legge annunciando ai microfoni:
"Ho firmato. La legge afferma con forza che ogni vita è preziosa ed è un regalo di Dio."
Dio? Questo è il nodo.
La legge prevede 99 anni di galera per chi chiede l'aborto, per chi lo pratica. Un'assurda enormità, specie considerando che la pratica abortista non è ammessa neanche nei casi di stupro o incesto.
Pratiche queste, che in certi ambiti rurali statunitensi hanno avuto, con l'aggravante religiosa, picchi preoccupanti di violenza contro le donne.
Questi sono i presupposti che il buonsenso civile metterebbe fuorilegge subito, già in fase di disevno di legge.
Ovunque, non negli Usa dove si guida dai 16 anni, si può comperare liberamente pistole e fucili, portare questi negli ambiti più familiari e sicuri quindi, come scuole, chiese e luoghi di lavoro. Lo si può fare perché le lobby degli armaioli lo permettono, di più, lo vogliono. E da Columbine in giù non hanno fatto nulla di tangibile, anzi hanno eretto muri di omertà e silenzi, ostentando ai media il volto "buono ed evangelico" di Ben Hur- Charlton Heston.
Le lobby, armi, tabacco, petrolio hanno scatenato guerre fittizie (Bush jr), e lanciato alla Casa Bianca il candidato peggiore, Trump.
Che a sua volta nel pieno dei suoi poteri ha preso possesso della Corte Suprema.
Ecco, in nome di Dio si può girare armati, bere e guidare in età ancora da videogame, ma mai in nome dello stesso puoi abortire, esercitando semplicemente il tuo essere donna libera.
Ecco perché queste azioni in terre Confederate dovrebbe fare riflettere anche noi che abitiamo al di quà dell'Atlantico.
I Presidenti, i Senatori, i Governatori a Washington osservano quotidianamente un Memoriale a Lincoln ma purtroppo il tempo e le gesta sembrano essere passati invano.
Sweet Home Alabama, come cantavano i Lynyrd Skynyrd che per informazione non hanno avuto un passato semplice.

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