Fort Lampedusa

D'accordo è estate, calura d servizi del tg ce lo ricordano, le elezioni, tutte, sono alle spalle, ma la polemica politica non ci abbandona mai, quasi come fosse l'immancabile enigmistica sotto l'ombrellone.
Con un colpo di spugna siamo passati dalla paura forte e fondata della lettera da Bruxelles per la nostra economia affetta da evidente zoppia ad una nuova battaglia anti sbarchi che in un colpo solo coinvolge Italia, Olanda, Germania, Malta, Onu.
Lo scenario? Sempre e solo, tristemente Lampedusa, avamposto italiano nel Mediterraneo simile sempre più a quei forti nel deserto di tante avventure della Frontiera americana.
Adesso a mettersi di traverso al ministro Salvini è una sconosciuta capitana tedesca di nome Carola, che in nome dell'aiuto umanitario ha deciso di forzare un po'le leggi italiane e di mettersi alla fonda al largo di Lampedusa.
Il tutto sotto lo scudo protettivo della Ong per la quale la Sea Watch 3 naviga e apparentemente soccorre.
Gesto nobile, nobilissimo e crudele il ministro italiano a lasciare al largo la nave e il suo carico di dolore.
Succede intanto un finimondo che costringe il premier Conte a far buon viso a cattivo gioco in senno al G20 con il pari grado olandese, sorridendo un po'ed incassando ancora risposte negative come se il mar Mediterraneo fosse solo cosa nostra.
Sul suolo patrio però è già, nuovamente bagarre politica, con la sinistra, ormai piccola, male in arnese e debole, pronta a salire a bordo della Sea Watch 3 in nome dell'umanità italiana e annunciare al mondo che la situazione a bordo "è grave".
Ottimo, ora è chiaro ma per una volta sto con Salvini. Oltre alle leggi sovrane da rispettare sempre e comunque, ci sono le leggi del mare che sono fra i naviganti abbastanza chiare.
Salvataggio umanitario? Si attacca nel primo porto vicino e non si può accettare da stato sovrano che la capitana non consideri Tunisia e Malta e punti diritta all'Italia. Non basta essere giovane, donna, tedesca e benestante per comandare una nave come fosse un natante da diporto.
Anziché intervenire come si dovrebbe in caso di soccorso umanitario ( per inciso l'Italia con le zone di guerra ha attivi numerosi corridoi aerei ) ci soffermiamo sulla questione politica tipicamente nostrana, del rimpallarsi le colpe fra chi governa ora e chi lo ha preceduto.
Adesso abbiamo dato inizio al consueto ballo di gruppo che vede da un lato i pro Ong e dall'altro chi vorrebbe chiudere i confini, chi vorrebbe aiutare e chi accusa, ahimè confutato dai numeri, questi aiuti umanitari di nascondere traffici di ben altra entità e regolarità.
Il tutto in un inizio torrido d'estate, in attesa che i salti mortali del premier Conte e del ministro Tria rimandino a data da destinarsi la lettera di infrazione timbrata Ue ( il greco Varoufakis però ci risparmi certi attacchi vista la situazione greca ), che Di Maio si risvegli e fra tutti i tavoli aperti sull'emergenza lavoro e industria ( Whirlpool e Acelor Mittal ex Ilva ) ne chiuda qualcuno, che si azzeri quel che resta del ponte Morandi e si possa risanare una città ferita come Genova ( Toninelli e il ponte rifatto in otto mesi? ).
Se l'Italia fosse un'azienda il 30/06 dovrebbe chiudere il bilancio, rosso angoscia, al di là dei consensi fittizi sui social o sulle polemiche stucchevoli di questi giorni.
Un'ultima riflessione: sarà una mia sensazione ma abitando in una regione di confine quando le caserme non erano abbandonate e la leva era obbligatoria, la clandestinità non mi sembrava così elevata.

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