Brucia l'Amazzonia.
Brucia adesso ma la scintilla parte da lontano nel tempo e arriva dall'alto, molto dall'alto.
Bruciano foreste pluviali, angoli del polmone verde del pianeta.
Bruciano e bruceranno ancora, anche quando le squadre d'emergenza messe all'opera con una certa sufficienza dal governo brasiliano avranno terminato il loro compito e sul suolo rimarranno solo cenere e polveri sottili.
Bolsonaro, presidente eletto otto mesi fa, che avrebbe dovuto ridare spinta al paese dopo gli anni controversi di Lula e Rousseff, ha giocato a nascondino con il mondo intero, rifiutando dapprima gli aiuti economici, poi schierando un numero di soldati nettamente inferiore a quello effettivamente necessario per una emergenza di tale portata.
Ha polemizzato con il francese Macron in risposta all'accusa transalpina di non aver detto la verità sulla politica climatica verde-oro, ha rifiutato gli aiuti del G7 di Biarritz, ha guardato il giardino di casa sostenendo che tutto è nella normalità della stagione con incendi sparsi in questo periodo.
Può essere vero ma solo fino ad un certo punto.
Vero è che questo è il periodo più a rischio per la stagione in corso ma è pure vero che rispetto al periodo in cui il partito dei lavoratori era al potere gli incendi hanno assunto dimensioni impressionanti.
E la risposta forse la sanno già i Macron e le Merkel di turno.
Ed espandendo i confini la sanno pure negli Stati Uniti.
L'incendio nella foresta pluviale più grande del mondo ha colpito politica ed opinione pubblica ma non è figlio di questo presidente eletto in fin dei conti da poco.
E non è neppure figlio di questo tempo, ma ha radici lontane, figlio di una dittatura all'interno di altre dittature.
L'Operazione Condor, Operacion Condor, in cui a tavolino gli Stati Uniti hanno occupato lo scacchiere Sudamericano, l'economico Mercosur, con dittatori feroci, allevati, costruiti nella fredda West Point, e posti a soggiogare l'incubo socialista.
E fu l'inizio delle torture e dei desaparecidos. Un'operazione a stelle e striscie mirata ad aumentare il controllo yankee nel meridione del continente.
Il paradosso di tutto questo avvenne anni dopo la fine delle dittature sudamericane con il Nobel per la Pace dato a Henry Kissinger; figlio di emigrati cecoslovacchi, avvelenato quindi con tutto ciò che era socialista, amicizie importanti e il potere gestito sempre un po'troppo nell'ombra.
È un'altra storia, Bolsonaro dicevamo...
Il modo migliore era quello di dare ampia fiducia ai generali (poco importa il corpo di appartenenza, era sufficiente la ferocia; segno distintivo americano come Guantanamo ricorderà, ma è un'altra storia) e alla classe imprenditoriale sudamericana, vogliosa di espandersi e partecipare alla suddivisione dei pani e dei pesci.
Non fu solo Cile e non fu solo Argentina ma anche Brasile. E il Brasile della dittatura era un Brasile che allevava ed esportava una gran quantità di carne bovina, di ottima qualità.
E la peculiarità di questa attività primaria è anche oggi di avere la necessità di sfruttare ampi spazi per i pascoli, per allevare e vendere il bestiame.
Fu concesso dai militari al potere di incendiare, disboscare selvaggiamente, senza raziocinio in modo da ottenere negli anni nuovi terreni per pascoli sempre più floridi.
Questo durante i vent'anni di dittatura militare, dal generale Medici al generale Figueiredo, ma in realtà non è mai cessato.
Certo sono fortunatamente cambiati i governi, il socialismo ha potuto diffondersi anche in Brasile con risultati purtroppo negativi, ma mai gli incendi,ni disboscamenti ad hoc. L'assalto al polmone verde del mondo è stato portato avanti anno dopo anno senza dare nell'occhio, permettendo ai ricchi allevatori di diventare ancora più ricchi, aumentare gli utili e le ricchezze, partorendo classi politiche disposte a genuflettersi al migliore offerente.
Quest'anno l'attacco alla foresta è sembrato scappare di mano al presidente brasiliano, forse impreparato ad un evento di tale portata, materiale e mediatica, preso più a promettere che il socialismo di Lula e Rousseff non tornerà.
Ha gestito l'emergenza come normale prassi interna, ascoltando più i consiglieri nell'ombra che l'opinione pubblica.
Si è messo di traverso con la UE, pronta sulla sempre costante e zelante spinta franco-tedesca a bloccare affari e scambi commerciali col Brasile.
Dopo l'iniziale rifiuto economico da parte di Bolsonaro c'è stata una piccola marcia indietro dello stesso, più tesa a salvaguardare poltrona e potere piuttosto che l'Amazzonia.
Invio di un numero comunque esiguo di soldati e un divieto.
Si, un semplice divieto di appiccare incendi nei terreni agricoli.
La montagna che partorisce un topolino; il divieto è sembrato un atto dovuto più che ragionato. Pagato più che ragionato.
Dopo il quasi milione di incendi che dà inizio 2019 hanno colpito il Brasile, sembra veramente poca cosa e fa intendere sostanzialmente che nulla cambierà nei mesi a venire.
Gli scambi con la UE continueranno, le mucche avranno sempre pascoli nuovi dove crescere floride e gli allevatori osserveranno sempre dalla loro zona d'ombra il loro Bolsonaro difendere il proprio investimento, non il proprio paese.
Brucia adesso ma la scintilla parte da lontano nel tempo e arriva dall'alto, molto dall'alto.
Bruciano foreste pluviali, angoli del polmone verde del pianeta.
Bruciano e bruceranno ancora, anche quando le squadre d'emergenza messe all'opera con una certa sufficienza dal governo brasiliano avranno terminato il loro compito e sul suolo rimarranno solo cenere e polveri sottili.
Bolsonaro, presidente eletto otto mesi fa, che avrebbe dovuto ridare spinta al paese dopo gli anni controversi di Lula e Rousseff, ha giocato a nascondino con il mondo intero, rifiutando dapprima gli aiuti economici, poi schierando un numero di soldati nettamente inferiore a quello effettivamente necessario per una emergenza di tale portata.
Ha polemizzato con il francese Macron in risposta all'accusa transalpina di non aver detto la verità sulla politica climatica verde-oro, ha rifiutato gli aiuti del G7 di Biarritz, ha guardato il giardino di casa sostenendo che tutto è nella normalità della stagione con incendi sparsi in questo periodo.
Può essere vero ma solo fino ad un certo punto.
Vero è che questo è il periodo più a rischio per la stagione in corso ma è pure vero che rispetto al periodo in cui il partito dei lavoratori era al potere gli incendi hanno assunto dimensioni impressionanti.
E la risposta forse la sanno già i Macron e le Merkel di turno.
Ed espandendo i confini la sanno pure negli Stati Uniti.
L'incendio nella foresta pluviale più grande del mondo ha colpito politica ed opinione pubblica ma non è figlio di questo presidente eletto in fin dei conti da poco.
E non è neppure figlio di questo tempo, ma ha radici lontane, figlio di una dittatura all'interno di altre dittature.
L'Operazione Condor, Operacion Condor, in cui a tavolino gli Stati Uniti hanno occupato lo scacchiere Sudamericano, l'economico Mercosur, con dittatori feroci, allevati, costruiti nella fredda West Point, e posti a soggiogare l'incubo socialista.
E fu l'inizio delle torture e dei desaparecidos. Un'operazione a stelle e striscie mirata ad aumentare il controllo yankee nel meridione del continente.
Il paradosso di tutto questo avvenne anni dopo la fine delle dittature sudamericane con il Nobel per la Pace dato a Henry Kissinger; figlio di emigrati cecoslovacchi, avvelenato quindi con tutto ciò che era socialista, amicizie importanti e il potere gestito sempre un po'troppo nell'ombra.
È un'altra storia, Bolsonaro dicevamo...
Il modo migliore era quello di dare ampia fiducia ai generali (poco importa il corpo di appartenenza, era sufficiente la ferocia; segno distintivo americano come Guantanamo ricorderà, ma è un'altra storia) e alla classe imprenditoriale sudamericana, vogliosa di espandersi e partecipare alla suddivisione dei pani e dei pesci.
Non fu solo Cile e non fu solo Argentina ma anche Brasile. E il Brasile della dittatura era un Brasile che allevava ed esportava una gran quantità di carne bovina, di ottima qualità.
E la peculiarità di questa attività primaria è anche oggi di avere la necessità di sfruttare ampi spazi per i pascoli, per allevare e vendere il bestiame.
Fu concesso dai militari al potere di incendiare, disboscare selvaggiamente, senza raziocinio in modo da ottenere negli anni nuovi terreni per pascoli sempre più floridi.
Questo durante i vent'anni di dittatura militare, dal generale Medici al generale Figueiredo, ma in realtà non è mai cessato.
Certo sono fortunatamente cambiati i governi, il socialismo ha potuto diffondersi anche in Brasile con risultati purtroppo negativi, ma mai gli incendi,ni disboscamenti ad hoc. L'assalto al polmone verde del mondo è stato portato avanti anno dopo anno senza dare nell'occhio, permettendo ai ricchi allevatori di diventare ancora più ricchi, aumentare gli utili e le ricchezze, partorendo classi politiche disposte a genuflettersi al migliore offerente.
Quest'anno l'attacco alla foresta è sembrato scappare di mano al presidente brasiliano, forse impreparato ad un evento di tale portata, materiale e mediatica, preso più a promettere che il socialismo di Lula e Rousseff non tornerà.
Ha gestito l'emergenza come normale prassi interna, ascoltando più i consiglieri nell'ombra che l'opinione pubblica.
Si è messo di traverso con la UE, pronta sulla sempre costante e zelante spinta franco-tedesca a bloccare affari e scambi commerciali col Brasile.
Dopo l'iniziale rifiuto economico da parte di Bolsonaro c'è stata una piccola marcia indietro dello stesso, più tesa a salvaguardare poltrona e potere piuttosto che l'Amazzonia.
Invio di un numero comunque esiguo di soldati e un divieto.
Si, un semplice divieto di appiccare incendi nei terreni agricoli.
La montagna che partorisce un topolino; il divieto è sembrato un atto dovuto più che ragionato. Pagato più che ragionato.
Dopo il quasi milione di incendi che dà inizio 2019 hanno colpito il Brasile, sembra veramente poca cosa e fa intendere sostanzialmente che nulla cambierà nei mesi a venire.
Gli scambi con la UE continueranno, le mucche avranno sempre pascoli nuovi dove crescere floride e gli allevatori osserveranno sempre dalla loro zona d'ombra il loro Bolsonaro difendere il proprio investimento, non il proprio paese.
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