Matthews è stato l'unico Knight Bachelor dell'Impero Britannico, nominato quando era ancora in attività.
Ma la storia di Sir Stanley Matthews non è una storia come altre storie, di calciatori diventati all'improvviso famosi, icone legate a spot pubblicitari.
È una storia che inizia in Inghilterra nel 1932 e finisce nel 1965, paradossalmente penalizzata dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.
Sir Stanley Matthews nasce il primo Febbraio 1915 ad Hanky, cittadina popolare dell'Inghilterra di inizio secolo, il papà è pugile e cerca di avvicinare alla nobile arte il piccolo Stanley che però preferisce correre, tenere la palla di cuoio fra i piedi; gioca per strada, in giardino, girando attorno agli alberi, alle sedie, ai panni stesi della madre.
Il ring sarà solo quello dove il papà lotterà nelle fumose palestre inglesi.
Stanley fa una scommessa col padre. Diventerà calciatore se riuscirà a giocare nella selezione degli England Schoolboy.
Il piccolo Stan viene convocato e per tutta la durata dell'incontro finge di aggirare a destra il tavolo da giardino, di saltare le sedie dei genitori, di dribblare le lenzuola al vento.
A guardare il ragazzino giocare c'è un vecchio allenatore che cerca nuova linfa per la sua squadra, Tom Mather.
Il basco di feltro nasconde lo sguardo fisso sul piccolo Stan, ogni dieci minuti dal panciotto estrae un blocchetto e un lapis e annota.
Annota solo la partita di Stan.
Mather è allenatore dello Stoke City, rivale del Port Vale.
Port Vale che è la squadra del cuore del piccolo Stan.
A fine gara Mather incontra Stan e i genitori; per Stan non è facile ma è l'occasione per sfidare difensori in carne ed ossa e non più sedie.
Esordisce con la seconda squadra dello Stoke City nel 1931, contro le riserve del Manchester City.
Il calcio per Stan è un colpo di bacchetta, una magia con la palla di cuoio. E non aspetta il difensore grande come un armadio, lo anticipa, lo dribbla e fugge via verso l'angolo verde in fondo al campo.
Più che sufficiente per diventare un professionista appena l'anno dopo, 1932. L'anno dopo arriva il primo gol. Per Sir Matthews il gol non è un assillo, lui cerca la magia, in ogni azione davanti a sé mette le sedie della madre e le salta per incantare il pubblico che assiste allo spettacolo.
Si allena nel dribbling e nelle finte e nell'assist, nella creazione del gol, trascinando in Prima Divisione lo Stoke e anche se l'anno seguente nella divisione superiore lotta per non retrocedere il pubblico lo adora.
È il Mago in maglia biancorossa, una maglia che Stan indossa fino al 1947, resistendo alla tragedia della Seconda Guerra Mondiale.
Perde forse gli anni migliori per un calciatore ma cresce come uomo e con la moglie resiste al suono interminabile dei caccia della Luftwafe sopra la testa.
Stan quando può si allena, si allena come se la domenica lo stadio fosse pieno; il calcio è la sua magia e ora lo spettacolo è fermo.
L'attività agonistica riprende nel 1947 e per Stan è come se quei sei lunghi anni non fossero passati.
Matthews è il Mago dello Stoke, il sorriso per gli operai ma lo stop, la guerra ne hanno forgiato il carattere. Dribbla anche l'allenatore Mc Grovy che ne limita troppo il gioco.
È una rottura insanabile anche per Matthews che finisce al Blackpool.
Questo trasferimento per molti è il canto del cigno del Mago, considerato vecchio ormai.
Matthews ha dribblato sedie e caccia tedeschi, non ha paura di due righe sulla stampa. Riesci a trascinare il Blackpool a due finali di FA Cup; le due sconfitte nel'48 e nel'51 alimentano la fama del calciatore. Sono due sconfitte che hanno il sapore della vittoria per Matthews.
Viene convocato per i Mondiali brasiliani del1950 dalla nazionale inglese.
Ad eliminazione avvenuta il Mago non rientra subito, rimane il Brasile a proprie spese per studiare gli avversari, schemi di gioco così diversi dal modello britannico.
Attacca la FA che all'epoca non vedeva volentieri manifestazioni non organizzate da lei.
Non ha paura di esternare il suo dissenso e al Blackpool sotto la guida del tecnico Joe Smith, che lo libera da qualsiasi compito tecnico, nel '53 a 38 anni vince la FA Cup contro il Bolton, regalando tutte le magie che la sua mente crea.
All'unanimità la finale viene considerata la sua partita, la sublimazione di una carriera.
Matthews però non ha voglia di appendere le scarpe al chiodo e anzi ha voglia di continuare ancora, di girare attorno alle lenzuola in giardino.
Stanley Matthews è un calciatore forte, agile, che non sfigurerebbe neanche nel calcio attuale.
Non beve alcolici, cosa assolutamente fuori dagli schemi soprattutto nel calcio britannico, e segue una dieta quasi vegetariana.
Il calcio europeo sta cambiando dopo gli anni danubiani fra le due Guerre e l'isolamento britannico, nascono le prime competizioni internazionali e i premi individuali.
Nel '56 un'idea di una rivista francese premia il miglior calciatore britannico: Stanley Matthews, il Mago.
L'ennesima magia, un punto a suo favore nel duello verbale con la FA. Il Mago dribbla il Canale della Manica e conquista col suo gioco corretto, non riceverà mai nessuna sanzione disciplinare, e magico l'altra parte dell'Europa.
Il primo pallone d'oro della storia ha il volto maturo di un calciatore inglese.
Finita l'avventura al Blackpool torna allo Stile City.
La carta d'identità dice 46 anni, i dribbling meno, forse perché il destino sa di dover restituire a Matthews i sei anni tragici della Guerra.
Scende in Seconda Divisione ma solo per prendere per mano il club e tornare in Prima Divisione.
Il Mago dribbla libero da schemi nuove sedie, più grandi e grosse di lui, che picchiano duro, ma la classe e il carattere anticipano gli avversari, arrivano un attimo prima dei tacchetti.
Si ritira nel 1965, sempre con addosso la maglia biancorossa.
L'ultima magia la riserva per se stesso; nel triennio '65-'68 allena il suo Port Vale, ultimo club inglese che lo vedrà tesserato, poi decide che il calcio è uno straordinario mezzo per vedere il mondo, conoscerne angoli e abitudini.
Con la seconda moglie gira il mondo, Africa, Asia, Spagna. In quest'ultima nazione scelgono di vivere.
Non rinuncia alla propria visione di vita e di calcio, dopo le polemiche con la FA nel '50 e per i successivi Mondiali svizzeri del '54, e nel 1975 sfida il governo bianco sudafricano e guardando negli occhi l'assurda legge dell'apartheid fonda una squadra di soli calciatori di colore.
La fonda nel sobborgo di Soweto, tristemente famoso per essere il sinonimo dell'apartheid.
Insegna ai suoi calciatori come studiare gli avversari, come anticiparne le mosse e con un colpo di bacchetta inventare una magia con la palla.
Da il suo nome alla squadra, gli Stan's Men.
Il calcio anche nel buen ritiro spagnolo è un richiamo forte, naturale e Sir Stanley Matthews tornerà in campo con la maglia bianca dei Leoni d'Inghilterra nel 1985 a 70 anni contro una selezione di vecchie glorie brasiliane.
Non salta l'uomo ma la magia è la stessa degli anni '30 e quando esce dal campo nel cilindro del Mago finiscono applausi e riconoscenza.
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