Feletto Umberto e il silenzio che c'è.

C'è un senso di vuoto in questo silenzio ovattato che è il mio nuovo quotidiano.
È di ovatta tutto lo spazio attorno, lo stesso che fino ad una settimana fa era riempito dalle voci conosciute di un bar, dai suoi rumori familiari.
Rumori il più delle volte ascoltati senza pensare a quanto riempiano in realtà la giornata.
Una a caso, qualunque.
È un vuoto tutto da riempire, che al momento ha solo la data di inizio non di scadenza.
Si è spento tutto in poco tempo, lasciando lo spazio degli stessi suoni a nuovi suoni, fatti di cinguettii, un gatto che miagola, una sirena che ulula in lontananza.
È vuoto anche il pensiero del mattino, appena sveglio.
Ascolto gli addetti alla raccolta rifiuti fare il loro lavoro mentre il mio caffè borbotta dalla caffettiera, poi nulla. Spento il gas non c'è più rumore se non, appunto, quello degli animali che dal giardino mi ricordano che c'è il sole ed è quasi primavera.
Il bar, come il panificio e il negozio di abbigliamento che sono parte del mio habitat naturale sono immobili, vuoti, silenti. 
Dalla finestra ne osservo le ombre; sono edifici con gli occhi chiusi che osservano il parco comunale fermo, immobile pure lui.
Da oggi è abbracciato da un nastro bianco e rosso che le poche folate di aria fanno danzare.
Feletto Umberto è il mio paese, una frazione per l'esattezza, con un nome e un cognome e tanto silenzio attorno.
Lo stesso silenzio che percepisco più chiaro e più pesante dopo il caffè, quando in condizioni normali sarei pronto per il lavoro, per salutare i vicini, portare i piccoli a scuola.
Adesso no. Sono avvolto pure io da quel nastro bianco e rosso. Ed ho un vuoto da colmare giorno dopo giorno come nuovo impiego per non restare senza nulla cui pensare.
Non sono solo io a vivere questo vuoto, lo siamo tutti perché così dobbiamo fare per uscire da questa catastrofe silenziosa anche lei chiamata Covid-19.
Ne usciremo forti e vincitori sul periodo medio lungo, dopo aver riscoperto cose volutamente dimenticate. E dopo esserci calati, non tutti ovvio, nel ruolo provvisorio, improvvisato di insegnanti per i nostri figli; ci sono le videolezioni, compiti e programmi da scaricare e ricaricare dalle varie piattaforme.
Ci siamo scoperti tutti cuochi, pizzaioli, panettieri e quant'altro, tutto per cercare di non sentire il silenzio ovattato attorno a noi, di non sentire una, due ambulanze passare per strada o l'altoparlante che ci invita a non uscire di casa.
E anche se insofferenti alle restrizioni, ubbidienti e impauriti.
Esco solo a fine pomeriggio, osservo il parco, vuoto e silenzioso; poso l'immondizia e guardo il tramonto che c'è.
È ovattato, un'altra ambulanza suona in qualche strada.
Passerà, si, passerà.

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