Giorno uno, giorno due, contabilità precisa di una situazione in movimento. Una sosta forzata dal nostro ritmo quotidiano.
Isolamento, quarantena, termini intervallati da altri termini specifici, tecnici: manovra, decreti poi terapia, intensiva.
E mascherina, filtri, codici come FFP2.
La quotidianità stravolta a tutti i livelli, per tutti i settori. Non c'è scampo, chiudiamo e aspettiamo come tante sentinelle che il nemico perlustri la nostra zona, non trovi da attaccare e usciamone vincitori.
Il mood che ci è stato imposto dal governo è questo, è quello che semplicemente dobbiamo fare.
Nel quotidiano stravolto ci sono nuclei familiari che si ritrovano vicini, a stretto contatto di gomito H24, come fossero ferie che non finiscono subito, come un giorno di festa in mezzo alla settimana.
Si esce uno alla volta, come in avanscoperta per i viveri, le sigarette e i giornali e poi di corsa a casa con addosso uno stato di disagio perché "tutti ti osservano come se...".
Ma è così e non può essere altrimenti.
L'Italia dei flash mob, delle gogliardate sa guardare avanti, sa di chi fidarsi, anche se è sempre pronta ad inveire, a bestemmiare i santi del calendario; siamo italiani, abbioun paese fatto di eccellenze che anche in un momento in cui tutto è chiuso, nessuno o quasi lavora, si alza la mattina che è quasi primavera, prepara la colazione col sottofondo degli uccellini e quasi non si accorge del vicino.
Combattiamo così il nostro nemico, che è partito da lontano ed è caricato ovunque: ora è difficile, probabilmente anche la ripresa lo sarà ma sappiamo da dove ripartire, lo sappiamo da sempre.
Siamo un popolo a volte rivoluzionario, a volte di bravi soldati; ogni tanto qualcuno sfugge ma la legge arriva sempre a bloccarlo, come in questi giorni che footing, spesa, portare il cane a passeggio sono scusanti per contravvenire l'ordine/invito di stare a casa.
Chiaro che si soffre, ma si soffre a casa, coi figli, compagni, giardini, terrazzi.
E i social.
Diventati bar, piazza, mensa del lavoro, corridoio, dove trovarsi e parlare, discutere, cazzeggiare che in questo siamo bravi.
Lo hanno detto ieri, 17 marzo, il premier e il presidente della Repubblica che siamo in grado di rialzarci.
Da sempre e sempre lo faremo.
Concentrati nei nostri spazi reali o virtuali combattiamo e condividiamo, diventiamo ragionieri per capire quanto influirà tutto questo nelle nostre economie familiari e insegnanti.
Anomali, stanchi, pronti al brontolio ma anche, io per primo, pronti a "fare i compiti al posto tuo" che sostituirci agli insegnanti e aiutare i propri figli non è esattamente uno scherzo.
E ci siamo inventati giochi, video, "challenge" pur di dire che la vita sta andando avanti più i meno bene.
Non abbiamo smesso di essere tutto questo e di più neanche quando l'Ue, oscure signore onnipotenti, ci ostacolavano più per vecchie ruggini che per situazioni attuali e reali.
Neanche quando il campanilismo con cugini e vicini diventava ironicamente crudele.
Abbiamo usato le tastiere e la fantasia e chi di dovere è andato avanti per la sua strada, guadagnando comunque tutto il terreno e il consenso perso per strada bei mesi precedenti.
Si nota nei social meno critica politica, meno nostalgia per anni lontani e il più delle volte bui, la mia è critica bipartisan, e più solidarietà e incitamento.
A chi sta davvero sudando sangue pur di salvare una vita.
Ecco, questo è il nostro 17 marzo 2020, ricorrenza dell'Unità d'Italia.
#iorestoacasa.
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