Cosa può succedere martedì 14 aprile 2020?
Dunque, secondo le ultime parole a mezzo stampa del premier Conte, qualcosa nel paese, ormai da un mese totalmente bloccato, ritornerà a muoversi, con il via libera all'apertura di altre attività.
Bene, verrebbe da dire.
Verrebbe, non fosse che questo via libera pare arrivare come conseguenza della pressione degli imprenditori sul governo.
Se si scorre la lista delle attività che da martedì potranno riaprire le serrande il criterio con cui sono state decise le priorità non si vede.
Alcune incongruenze si erano notate negli scorsi decreti "Cura Italia" dando sempre più l'idea che gli stessi decreti siano "partoriti" con un certo pressappochismo da parte del Governo Conte.
Il primo dei decreti "Cura Italia" prevedeva che fra i generi essenziali vi fossero gli alimentari e i prodotti per igiene e pulizia poi carburanti, tabacchi e giornali. Bene, tutto sommato si autorizzavano i generi indispensabili per la vita quotidiana chiusi in quarantena ma fra le righe era evidente l'incongruenza per le grandi superfici, quegli ipermercati che non vendono solo i suddetti generi ma anche giochi, abbigliamento e cartoleria.
Alcuni vendevano tutto, altri transennavano le corsie dichiarate invendibili.
La confusione, a ragione, nasceva semplicemente dal fatto che "se il divieto (in questo caso di vendita di abbigliamento, giochi e cartoleria) non era riportato chiaramente il divieto non c'era".
Un ragionamento quasi infantile eppure messo in pratica nei vari ipermercati creando di fatto una specie di smarrimento fra la clientela già in difficoltà, la maggioranza almeno, con figli improvvisamente a casa da scuola, alle prese con la didattica on line quindi col bisogno di approvvigionamento di materiale di cartoleria. E di cartucce per stampanti, altro prodotto che con guanti, mascherina e amuchina in breve è diventato introvabile.
Dopo il primo decreto non si è intervenuti per chiarire il dubbio, preferendo lasciare tutto com'era.
Ne sono seguiti altri, mai regolamentando la vendita secondo merceologia.
Il premier Conte ha sempre parlato solo di chiusure, serrate di stato, rinviati quindicinalmente.
Di pari passo con le disposizioni del Governo è aumentata la pressione degli imprenditori per avere in primis chiarezza sui tempi dell'emergenza, chiedendo quell'intervento dello stato che il premier ha descritto essere una vera e propria "potenza di fuoco" ma che a conti fatti non ha dato risultati effettivamente tangibili.
Nella totale incertezza si è assistito anche alla corsa delle aziende, fabbriche, industrie, a far richiesta in tutta fretta per poter cambiare il proprio codice ATECO, quello che in base alla presenza o meno nel decreto consentiva di continuare la propria attività produttiva.
L'ultimo decreto, secondo puntuale e polemica conferenza stampa del premier, infine regala in generale un piccolo spiraglio di ripresa ad alcune categorie merceologiche, consentendone la riapertura, evidenziando però una volta di più la propria confusione nel gestire questo aspetto dell'emergenza.
Dopo Pasqua e Pasquetta rigorosamente chiusi in casa, potranno riaprire alcuni negozi come le librerie e chi vende articoli per bambini, neonati nella fattispecie.
Bene, bene?
Fra la ridda di spiegazioni sentite, al netto delle uscite politiche (onestamente gratuite e fuoriluogo) del premier contro il duo Salvini-Meloni, c'è la certezza che dopo sei settimane di chiusura scolastica, che si traduce in un anno scolastico di fatto chiuso, e quindi videolezioni a domicilio ci si è accorti di quanto sia indispensabile avere un libro.
Detta così sembra ironica ma in realtà è un piccolo specchio dello stato a volte confusionale in cui si muove questo governo.
Lo stesso dicasi dell'apertura concessa ai negozi di abbigliamento per neonati.
Forse chi ha pensato l'ultimo decreto di è accorto solo ora che nascono bambini tutti i giorni, che tutti i giorni i neonati hanno bisogno di qualcosa.
E postilla importante, tutti i negozi devono essere attrezzati con protezioni per lavoratori e clienti, contingentati gli ingressi; con il ponte Pasquale a 96 ore dall'annuncio, senza l'aiuto economico annunciato, come può essere possibile aprire le suddette attività "a norma"?
Il rimedio improvvisato a volte rischia di fare più danni del problema.
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