L'effetto è più travolgente di quanto sembri. Non è più ormai una novità, questo no, però l'immagine travolge lo stesso; travolge sguardi, pensieri, toglie il fiato.
In un momento, davvero globale con quattro miliardi di persone, sui sette miliardi che abitano il pianeta, chiuse in casa, costrette loro malgrado a non lavorare o nel peggiore dei casi a lottare per sopravvivere, ogni immagine che ci arriva dalla televisione (mai così poco artefatta visti i numerosi collegamenti social, ognuno da casa propria, al naturale quindi) ci rimane più impressa di altre.
Con l'esclusione del triste corteo funebre di Bergamo che rimarrà l'icona terribile di questa pandemia, le immagine che mi fanno riflettere sono sostanzialmente due, diverse da loro ma spesso, esagerando, accomunate fra loro.
Colpisce in tutto il suo dirompente silenzio l'immagine dei luoghi di culto.
Quello sacro e quello profano, perché noi siamo abituati a venerare qualcosa o qualcuno.
Abbiamo bisogno di credere specialmente quando siamo in difficoltà, a maggior ragione se le difficoltà stravolgono la nostra esistenza, minano le certezze e ci tolgono lo svago.
Assistiamo allo spettacolo triste di cattedrali vuote, il culto sacro, e stadi chiusi, il culto profano.
Adesso che il Covid-19 ha tolto anche i sorrisi pasquali l'effetto delle chiese vuote è ancora più travolgente. La Basilica di San Pietro svuotata dei suoi fedeli è un monumento immobile ed immenso, così come La Mecca e la Pietra Nera priva del turbine di fedeli. L'uomo di qualsiasi fede sia nei momenti difficile, quelli in cui tutto sembra perduto si rifugia nella preghiera, nel proprio Dio sperando fiducioso che tutto passi e passi per il meglio. Ora questo non è possibile, perché la situazione è più grande di qualsiasi Dio e le restrizioni di adesso hanno letteralmente svuotato quegli edifici che un tempo lontano si posizionavano al centro del paese: le chiese.
Per motivi differenti la grande solitudine del Pontefice sul sagrato di San Pietro e i tir militari carichi di bare resteranno simboli loro malgrado dell'epidemia di coronavirus.
E anche il culto profano, lo sport (ma anche cinema, teatri) paga il proprio contributo alla pandemia chiudendo giustamente i propri spalti si tifosi e sospendendo ogni attività.
Quella che era l'occasione di svago, di incontro e fratellanza, di colpo è vuoto e silenzio.
In ordine sparso San Siro, Camp Nou immensi e silenziosi da giorni da la misura di come siamo in fondo fragili.
Aumenta di più lo stravolgimento emotivo vedere stadi che si sapeva essere fra i più caldi e passionali come il Westfalenstadion di Dortmund (e tanti palazzetti dello sport e tristemente anche palazzetti del ghiaccio) trasformarsi un un ospedale, pronto a salvare vite.
La pandemia ha cambiato la percezione di quelli che erano luoghi che davano sicurezza, fede, svago, ora sono vuoti, svuotati del loro senso e ci osservano immobili.
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