Suzanne

La Divina Suzanne Lenglen sorseggiava brandy da un elegante balon di cristallo.
Lo faceva roteare tenendo il bicchiere col palmo della mano.
Per il mondo che ricominciava a vivere dopo i drammatici giorni della Prima Guerra Mondiale, Suzanne era la Divina perché affrontava, vincendo, le avversarie, lasciando loro poco spazio e ancora meno poche vittorie. 
Sorrideva Suzanne sorseggiando con calma il suo brandy, alzando l'elegante balon verso l'amico stilista Jean Patou che dalla tribuna centrale ricambiava divertito.
Posato il bicchiere la Divina impugnava la pesante racchetta di legno, bianca e si dirigeva a bordo campo. Per gli occhi che la osservavano dalle tribune non camminava, sfilava fra ali di folla.
Suzanne Lenglen non giocava a tennis, lo era, forse lo è ancora oggi.

Mademoiselle Lenglen nasce a Parigi il 24 maggio dell'ultimo anno del 1800, dove il papà, monsieur Charles gestisce una compagnia di carrozze, antenate degli odierni taxi.
La mamma, madame Anaïs aspetta il marito crescendo la piccola Suzanne in riva alla Senna, nonostante la figlia cresca afflitta da cronici problemi di salute, aggravati da una crescente forma di asma.
Suzanne ha i capelli neri, corvini, e gli occhi profondi, curiosi e fieri. Decisi.

L'inizio del '900 è il periodo della "Belle Epoque", quel periodo storico che porta rivoluzioni culturali, industriali e benessere, quel benessere che in realtà nasconde pericolose tensioni sociali. La "Belle Epoque" celebra i propri successi, economici e industriali, organizzando Esposizioni Universali come a Parigi nel 1900, manifesto di un mondo nuovo.
Charles Lenglen è un rappresentante di quella borghesia che adora lo stile liberty, le vetrate colorate e la competizione, non solo sportiva, un po'lontana dai valori decoubertiani.
Con le vetrate colorate, le feste, le poesie nascono nelle città le palestre, antesignane degli attuali centri sportivi.
Sono palestre dove la borghesia, culturale e industriale, fa crescere e fortificare i propri eredi  avviandoli alla disciplina di ginnastica e scherma.

La pensa così anche il papà di Suzanne; l'asma non aiuta la figlia e monsieur Charles a compagna Suzanne in una palestra. Ci proveranno con la ginnastica a gestire la convivenza con l'asma.  
Suzanne si butta anima e corpo nei volteggi della disciplina, ricadendo ferma sulle gambe. Nonostante i cronici problemi fisici la ostacolino la piccola Lenglen è caparbia, tenace  e difficilmente perde una gara.
La ginnastica però, quell'attività sportiva in uno spazio chiuso non le piace, le sembra che la voglia rinchiudere. Ne parla col papà.
I Lenglen sono benestanti e monsieur Lenglen allestisce un campo da tennis nel proprio giardino. Sarà lui l'allenatore della figlia.
Suzanne è curiosa di provare quello sport all'aria aperta.

Suzanne ha 11 anni quando impugna per la prima volta la racchetta da tennis; è pesante e grande, di legno dipinto a mano colore bianco.
La bambina ha carattere e non si lascia scoraggiare dal peso della racchetta e dal campo di gioco.
Il padre è dalla parte opposta del campo e impugna una racchetta simile alla sua. 
Suzanne vede vicino ai piedi del padre un cesto con delle palline, sa che dovrà prenderne il più possibile e ributtarla oltre la rete, verso la racchetta del padre.
Suzanne respira l'aria del giardino, pulita, più fresca, quindi più leggera e piccola, di quella della palestra, spesso calda e pesante.
La mamma le ha raccolto in una treccia i capelli corvini.

Il papà è un imprenditore, deciso, che sa quello che vuole e quali sono gli obiettivi da raggiungere, tutti tratti che Suzanne ha già dimostrato di possedere.
Diventa, monsieur Charles, un allenatore duro, che allena la figlia urlandole gli esercizi da fare e aiutandosi con un fazzoletto bianco.
Suzanne dovrà colpire dove il papà farà cadere il fazzoletto; lo fa cadere una volta, due, tre, quattro, da subito Suzanne colpisce la parte del terreno coperta dal fazzoletto. Una, due, tre, quattro volte. 
Monsieur Charles non ci crede, osserva la figlia scambiare con lui spostandosi veloce nonostante la gonna che le arriva alle caviglie, colpire con forza incredibile le palle che lui le lancia.
Il padre nota la forza quasi cattiva che Suzanne mette nelle risposte, mai in affanno come se all'Inter di quegli scambi non ci fosse traccia dell'asma.

Nel 1914 si disputano i Campionati Francesi, torneo che dopo pochi anni avrebbe assunto la denominazione attuale di Internazionali di Francia. Charles Lenglen iscrive la figlia. Lui è un imprenditore molto attento e sa che per la crescita agonistica della figlia è un appuntamento irrinunciabile.

La giovane Suzanne aggredisce il torneo, senza tregua. Aggredisce le rivali fin dal primo turno, nonostante la gonna che le arriva alle caviglie la faccia sembrare più piccola e debole di quanto non sia in realtà.
Il papà continua a lasciar cadere il fazzoletto e lei continua a colpire.
Vede solo nella finale, dove tanta foga paga il naturale dazio all'inesperienza.
Perde l'incontro contro Marguerite Broquedis ma per Suzanne la carriera sembra al decollo.
Una ulteriore conferma i Lenglen l'avranno ai Campionati Internazionali di Saint-Cloud sulla terra battuta; Suzanne che compie 15 anni nel pieno del torneo batte tutte le avversarie senza faticare, dominando dal primo incontro alla finale.
A Saint-Cloud Suzanne vince il primo torneo della sua carriera.

La "Belle Epoque" parigina sembra aver trovato la sua icona ma non sa che di lì a poco i balli e le feste si scontreranno in maniera drammatica con la realtà della Prima Guerra Mondiale, che di fatto chiuderà il sipario sulla stessa "Belle Epoque" facendo emergere tutti i contrasti sociali fino a quel momento rimasti sottotraccia.
Suzanne Lenglen è quindi costretta a fermarsi, a stoppare la sua carriera proprio quando aveva ottenuto la prima vittoria.

A Suzanne non rimane che l'attesa, il tempo infinito che passa dallo stop forzato dell'attività sportiva al cessate il fuoco l'11 novembre 1918.
E fare parte della ricostruzione della sua Francia. 
Organizzerà col padre degli incontri esibizione per raccogliere i fondi per le regioni francesi colpite dal dramma bellico. 
In questi incontri dimostra tutto il carattere che già aveva fatto intravvedere nei primi tornei della carriera. Lotta su ogni pallina esibizione come nei primi tornei, come se tutto dipendesse da quegli scambi.

Ritorna all'agonismo nel 1920, non in Francia ma nel Regno Unito, nel torneo di Wimbledon.
Ritorna con la rabbia di chi ha perso anni importanti e la convinzione che nulla può sconfiggerla.

Suzanne Lenglen è una giovane donna che affascina il proprio paese, con il fascino un po' arrogante delle proprie idee.
Suzanne è amica di un sarto, Jean Patou che ne asseconda lo spiriti rivoluzionario.
Chiusa dentro il tradizionale abbigliamento femminile Suzanne si sente come dentro la palestra, sente l'aria calda e pesante, difficoltà nel muovere le braccia con le maniche lunghe che si stringono suo polsi.
Suzanne è come una ballerina chiusa in uno scafandro; ha bisogno di volare e sa che le ali sono nelle idee che partorirà con l'amico Jean.

Suzanne vuole vincere Wimbledon, vuole trionfare sull'erba e riannodare il filo lasciato a Saint-Cloud.
Vuole farlo a modo suo; vuole sorprendere gli appassionati del tennis e le avversarie.
Sul campo domina il tabellone arrivando alla finale contro la detentrice Dorothea Douglas Chambers.
Alla finale ci arriva danzando finalmente libera sul terreno di gioco. 
Il sarto Jean Patou adora quell'amica così decisa, forte nonostante qualche colpo di tosse la faccia tremare e affascinante.
Lei chiede di assecondarla, lui l'asseconda perché lei è la Divina.
Suzanne arriva alla finale con gli occhi addosso di tutto il Regno Unito, ferreo nel rispettare tutte le tradizioni. Non ultima quella sacra del torneo di Wimbledon e il suo rigido protocollo.
Jean le ha accorciato la gonna fino al ginocchio, le ha cucito un elegante cardigan smanicato che fra lo stupore generale le lascia scoperte le braccia. I capelli neri come la notte sono raccolti da un nastro di tulle.
Un abbigliamento che non può non colpire chi guarda l'incontro.
Era quello che voleva Suzanne; attirare su di sé tutta l'attenzione per stupire oltre l'abbigliamento, per stupire col gioco, con la potenza e la volontà delle sue volée, per ribadire il suo essere donna e indipendente.
La finale contro la Chambers è un incontro storico, con Lenglen che recupera due match point all'avversaria e in tre set trionfa.
Tre set in cui ostenta le braccia nude abbronzate, sorseggia brandy e non succo di frutta e affronta senza esitazioni l'avversaria.

Nel 1920 il pubblico britannico è esterrefatto da tanta arroganza ma applaude la nuova campionessa, aggressiva e decisa come se gli anni della guerra avessero imprigionato tutta la foga agonistica.
È anche l'anno delle Olimpiadi di Anversa, Belgio, un altri paese che ha pagato alla Grande Guerra un prezzo esagerato.

Suzanne ormai è per tutti la Divina e in Belgio decide di partecipare alle gare di singolo femminile, doppio misto col connazionale Max Décugis e doppio femminile con Elisabeth d'Ayen.
I Giochi sono i primi dopo Stoccolma 1912; la guerra ha impedito a Berlino di ospitarli nel 1916 togliendo ad alcuni atleti la possibilità di confermare le loro medaglie.
Suzanne si allena per vincere l'oro nel singolo. Durante tutti i giochi anche nella stampa di oltreoceano trovano posto le cronache degli incontri della Divina.
Corre senza fatica, senza dare spazio alla tosse asmatica che ha ripreso a tormentarla: se la tosse si fa intensa la Divina colpisce più forte.
Vince l'oro contro la britannica Dorothy Holman danzando, non correndo, raggiungendo la pallina anche dall'altra parte del campo, sottorete, in corridoio.
In questo l'aiuta la ginnastica, balza non salta, danza non corre. La gonna si alza appena un po' ma le caviglie ora sono libere di ballare.
La gonna sembra un tutu, il campo un palcoscenico.
Le braccia scoperte e abbronzate lasciano intravvedere la muscolatura marcata e femminile.
Vince due ori, singolo e doppio misto, lasciando ai rivali solo 4 giochi. Domina, non vince. 
Nel doppio femminile vince il bronzo, ma è un dettaglio, la Divina è la copertina dei Giochi di Anversa.
Alza anche alle Olimpiadi il suo amato balon di brandy, come sempre, perché lei è figlia della "Belle Epoque" ed è una donna libera.

La fama della Divina varca l'Atlantico, aumentata da un dominio unico, quasi feroce, dei tornei di Wimbledon e dei Campionati di Francia.
Domina dal 1919 al 1926 con il solo 1924 negativo complice un asma particolarmente aggressivo.
Vince contro tutti e tutto senza soluzione di continuità, lei è la Divina, libera e dominatrice.
Negli Stati Uniti, nel 1921, prende parte agli incontri che secondo gli organizzatori dovrebbero fare registrare grandi incassi, una parte degli stessi è destinata alla Francia e alla sua  complicata ricostruzione.

La Divina però non è solo una tennista è una donna con le idee chiare in testa. Va allo scontro con gli organizzatori quando questi la sorteggiano subito contro l'astro nascente statunitense Mallory, emigrata norvegese, giovane, fedele ai canoni dell'abbigliamento tradizionale.
Suzanne accetta ma un attacco di pertosse le impedisce di continuare l'incontro, piange e deve ritirarsi.
Qualcosa di incomprensibile per la dura stampa americana che si scaglierà contro di lei dopo che la pertosse la costrinse al ritiro e al rientro in Francia.

La sfortunata parentesi americana la Divina la metterà alle spalle quasi subito, continuando come detto il suo dominio. La rivincita sulla stellina americana Mallory avviene nel 1922, sul prato di Wimbledon in quella che all'epoca è la finale più attesa.
Finale che non lascia scampo alla giovane americana; Suzanne Lenglen regola a colpi di danza la rivale in soli 26 minuti.

La carriera di Suzanne Lenglen non risente dal passo falso americano anzi la Divina continua il proprio dominio arrivando a disputare nel 1926 il suo ultimo anno da dilettante. Trionfa ancora nel 1926 sul prato inglese in quello che a posteriori sarà un passaggio di consegne.
La finale la giovane Helen Wills, l'ultima finale, scatena una caccia al biglietto senza precedenti. Le tribune sono piene in ogni ordine di posto, addirittura i tetti e le finestre che di affacciano sul campo da tennis sono gremiti di appassionati.
Sarà l'ultima danza della Divina, l'ultimo ballo della Regina.

L'ultimo ballo che Suzanne stava per perdere.
Male informata sul protocollo del cerimoniale del torneo, tutt'ora fra i più rigidi nel mondo sportivo, arrivò tardi all'incontro con la Regina Mary. A questo malinteso si attaccò la stampa britannica, sperando forse di ottenere un forfait della Divina.
Suzanne negli Stati Uniti aveva imparato sulla propria pelle quanto potessero influire negativamente le critiche della stampa e semplicemente da Regina anch'essa si scusò e scese sul terreno di gioco.

Lei e la Wills erano gli opposti. 
La Divina era all'ultimo incontro di una carriera da dominatrice, anticonformista per natura, stravagante e forte allo stesso tempo, estroversa e provocante nell'abbigliamento da gara.
La Wills di contro era all'inizio di una carriera che l'avrebbe vista dominare il decennio successivo, era quasi timida e indossava un abbigliamento all'epoca ritenuto consono fatto di cardigan a maniche lunghe e cappellino con visiera abbinati e la gonna bianca lunga alle caviglie.
L'incontro fu come preventivato un incontro per nulla scontato.
La Divina rischiò di perderlo, risultato finale 6-3 e 8-6, ma non cedette mai veramente.
Continuò a sorseggiare brandy e ad alzare il balon verso l'amico Jean in tribuna, mentre la rivale ricorreva a frutta e consigli.
Vinse quell'ultimo ballo, ballando ancora una volta sull'erba verde di Wimbledon.

Lasciò il tennis subito dopo l'incontro con la Wills e tornò nei Stati Uniti.
Non c'entrava il turismo, c'entrava l'orgoglio della donna prima ancora che della Divina.
Accettò di partecipare ad una tournée tennistica mista, uomini e donne, nella quale gli incontri fra lei e l'americana Mary K.Browne erano il momento clou.
Era l'ultima danza ufficiale della Regina e fu una danza perfetta. 
L'età e gli attacchi di asma sempre più forti, non avevano scalfito la classe e la foga di Suzanne che anzi chiuse la tournée con 38 partite vinte e nessuna persa.
L'addio al tennis avvenne quindi nel miglior modo possibile.

Nella Francia che inconsciamente si avvicinava, come tutto il mondo, al secondo conflitto mondiale, Suzanne Lenglen con l'aiuto di amici fondò una scuola tennis per formare nuove Divine. La fondò vicino ai campi del Roland Garros, dove tutt'ora ne fanno parte.

Ha alzato l'ultimo balon di brandy nel luglio del 1938 vinta da una forma fulminante di leucemia, risparmiandosi l'orrore che di lì a poco avrebbe nuovamente tratto l'Europa e il mondo intero.
La Divina poté quindi finalmente posare il balon di cristallo.


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