L'insostenibile leggerezza del non capire

Può essere che non abbiamo capito nulla? Può essere che in fin dei conti abbiamo preso tutto come un semplice affacciarsi ai balconi, scrivere su lenzuola o fogli A4 che andrà tutto bene, riscoprire passatempi dimenticati, consolle dimenticate in soffitte o cantine?
Può essere, sicuramente anzi è così.
Ci sono prove che provano queste mie riflessioni, al crepuscolo della Fase 2 e alla primissima alba della Fase 3, più o meno all'ora dello shopping, più o meno all'ora dell'aperitivo.
Entrambe le cose divenute essenziali, assenze degne di astinenza ascetica dalle code fuori dei negozi e dei bar.
Entrambe le cose ritenute non più tardi di due mesi fa pericolose per la salute, crogiolo di contagi ancora prima che contaminazioni.
Ora celebrate come orgia dopo la peste in una Europa lontana, con lo spritz in mano e la mascherina giù, a fasciare menti o su, a mo'di cerchietto per capelli.
Le risate a contorno del momento che un sorriso lo porta, per carità, non fosse altro per la ripresa di una vita quanto più vicina alla normalità possibile, sono scrosante ma non addosso u o all'altro, non dopo gli effetti devastanti che il virus ha avuto sulle nostre vite.
Un virus, va ricordato, che ha chiuso in casa un miliardo e più di persone, che ne ha messe economicamente in ginocchio quasi la metà.
Il solo pensiero che tutto questo ritorno alla leggerezza possa farci tornare indietro non ci rincuora, anzi, solletica cattivi pensieri, purtroppo più cupi di quelli che assalivano Ugo Tognazzi. 
Così non possiamo farcela, non con questo tipo di assembramenti a calici anche.
Serve recuperare il buonsenso e il rispetto; se fino alla fine della Fase 2 abbiamo dato prova di un certo virtuosismo nel fare e soprattutto non fare, adesso ci siamo rivelati un po' peggio di quel che cercavamo di essere, addirittura indisciplinati e volgari, polemici da bar.

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