Fatico davvero tanto.
Quel tipo di fatica che genera cattivi pensieri, che rende insopportabili gesti e persone altrimenti tollerati, superati con un sorriso, anche malinconico o una scrollata di spalle.
La mia fatica non è fisica è mentale.
Il tipo di fatica che è "a tanto così" dall'esplodere in una selva di improperi e vaffa.
Verso chi?
La gente.
Quella che riempie il mio negozio ogni giorno, per fortuna senza dubbio, meno male viene anche da dire, ma pure accidenti a loro, per sfortuna.
Come detto la mia fatica non è fisica, non lavoro in fabbrica e in fondo il mio lavoro mi piace e mi permette di sfogarmi in ogni momento, è mentale.
È un logorio, non quelli della vita moderna che Ernesto Calindri esorcizzava con un sorso di Cynar, no.
È logorio post lockdown anzi, post rientro.
Dopo alcuni mesi dalla riapertura c'è una sorta di sconforto a vedere ancora certe scene.
Ancora di più a sentirsi dare un certo tipo di risposta.
Lo sconforto è via via aumentato con l'avvicinarsi delle ferie, con bonus o senza, col fischio e col whiskey maschio.
L'effetto delle ferie, della possibilità di spostarsi sul territorio nazionale o all'estero ha di colpo azzerato quel giusto confine che tutti fa marzo avevamo tenuto, per la salute nostra e di chi ci sta attorno.
Per chi lavora nel commercio, chi vende articoli da regalo, di impulso nel mio caso, non è stato facile adattare alla nuova realtà lavorativa le proprie abitudini.
Non tanto per l'uso dei DPI previsti per legge quanto per l'approccio che più o meno tutti i clienti hanno da subito, dalla tanto agognata riapertura, dimostrato.
Una sorta di avversità verso il DPI stesso quasi che riaprire avesse significato chiudere il capitolo Covid come se nulla fosse.
La routine lavorativa è mutata in un misto fra addetto vendita e il buttafuori severo di una qualsiasi discoteca; gli ingressi contingentati hanno creato lunghe code agli ingressi, evidenziando ulteriormente quanto noi italiani, in questo caso davvero popolo bue, siamo poco propensi all'attesa, al rispetto del proprio turno e delle altre persone.
E in quest'ultima frase non parlo di commessi ma di altri avventori che ordinati rispettano la coda e le direttive.
Direttive che non sono ditattoriali ma dettate dal buonsenso: coda distanziati, mascherina, evitare di toccarsi con le mani, sanificare le mani quando si entra nei locali chiusi.
Cose ormai quotidiane dalla metà del mese di marzo.
Ecco, benissimo la prima settimana, poi il vuoto. L'insofferenza del cliente medio esplode in proteste clamorose che hanno anche aspetti grotteschi se non proprio comici.
E si vedono cose strane davvero.
Nell'organigramma aziendale ha preso piede la figura del welcomer, l'addetto vendita che due ore al giorno deve sanificare le mani ad ogni cliente, che deve rimproverare lo stesso se la mascherina è posizionata ovunque nel corpo tranne dove serve davvero, che deve sentirle, certo sentirle, perché il negozio "era allegro e ora siete tutti rompiballe" e via così per tutta la durata del turno.
Ecco, io per mia paterna educazione e mia scelta non alzo mai la voce, evito insulti e gesti simil teatro dei pupi però sono una persona comune che sta lavorando cercando di farlo bene per permettere al cliente di essere in sicurezza, quindi ogni tanto sospiro nascosto dalla mascherina, allargo le narici innervositi senza darlo a vedere e ingoio il rospo.
Rospo che forse per la.presenza di glutine non riesco sempre a mandare giù e se il cliente non vuole indossare la mascherina e dopo insistenze estrae ( con mossa abilmente studiata e preparata fra le mura domestiche ) dalla tasca dei pantaloni un paio di tanga femminili e li indossa sul viso a me non resta che ridere, anche divertito
ma lo accompagno non senza sue polemiche alla porta.
Non è sempre così nel post Covid-19; capita che mi debba prendere un vaffa formato famiglia, dello stronzo, cui cerco sempre di rispondere con una scrollata di spalle, fortunatamente larghe, e un sorriso che assomiglia tanto al ghigno del Joker.
Non sempre però uso l'approccio del buon padre di famiglia, cosa che spero davvero di essere, perché sono anche un maschio che come tutti i maschi risulta fumantino se attaccato a mala maniera.
Ecco, in quel preciso istante mi rendo conto da solo di quanto sia difficile capire che il rispetto degli altri prima ancora che per se stessi è una cosa rara e introvabile e se magari l'istinto mi dice di alzare le mani fisso negli occhi il cliente ribelle, standosene zitto e sorridendo alla fine della.sua versione di Sgarbi, che una cosa l'ho davvero capita: io li proteggerò a prescindere dal Covid-19, anche dopo perché questo virus nell'aria ne ha liberato un altro ben più grave e dannoso: l'ignoranza.
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