Il tavolo era forse troppo all'interno del locale a quell'ora pieno di avventori, perlopiù famiglie che gli spazi ridotti della sala facevano sembrare di più a causa del vociare chiassoso di un paio di bambini.
Pioveva con poca convinzione, quel tipo di precipitazione che ancora ti convince ad uscire a piedi, ad assaporare l'aria del centro storico.
Era domenica, era gennaio, soprattutto era una colazione figlia di una scommessa, che fortunatamente ho perso.
È il principio dell'anno e lei sorride, al tavolo mentre dietro di me i due bambini sembrano avere un conto in sospeso con gli adulti seduti al tavolo con loro.
Osservo il passaggio pigro di persone dietro la vetrata, chi si tiene per mano, che parla distratto ad un telefono, chi finge attenzione, chi ha un cane per compagnia.
Io guardo lei, finalmente seduta al mio tavolo, la stessa lei che si è ricordata mio nome, nome composto soggetto all'errore il più delle volte.
Il più delle volte però, non in questo caso perché lei se lo ricorda e il giorno seguente al mio "tanto non te lo ricordi!" il mio nome lo ha pronunciato correttamente.
E come giusto che sia facciamo finalmente colazione assieme, dopo averne sfiorato un'altra un mese prima.
Maledetto allora fu il lavoro incombente.
Andandomene la osservai, vestita come ora di nero con una cuffia nera a racchiudere i suoi capelli. La osservai sul marciapiede allontanandomi, rimpiangendo di non aver avuto più tempo per lei.
In quella saletta arredata con specchi e foto grigie di persone lontane e tristi la osservo mentre si racconta, ci raccontiamo noi stessi senza altri riferimenti.
Da le spalle alla vetrina e le guardo le mani, curate, con le unghie colorate di smalto nero. Osservo dettagli e ascolto la sua voce.
Parliamo e facciamo colazione.
Fu la fantasia di un pasticcere, forse più la passione per il bel canto in verità, il motivo della sua creazione.
Le nostre canzoni, le avremo chiamate "1+1" come un'addizione intima e privata, notturna, erano lontane dal farci compagnia la notte e la musica che potevo legare a lei era in quel momento solo quella diffusa dal locale, coperta dagli strilli dei bambini.
La cameriera che non sa parlare l'italiano e ancora meno "far di conto" ci porta la nostra comanda, finalmente.
Guardo il tavolo e di riflesso alzo gli occhi al cielo, coperto però dal muro della chiesa oltre la vetrina.
La mia comanda è sbagliata ma ormai pare essere un trend in quasi tutti i locali, pazienza, latte e caffè comunque sono presenti anche se a proporzioni invertite rispetto ai muri desideri.
Osservo lei che mescola quasi con rispetto il suo cappuccino, unconventional come direbbero vecchi baristi rinomibatisi mixologist per ragioni di mercato.
"Decaffeinato con latte di mandorla per favore."
Unconventional, appunto ma c'è la sua ragione e nel tempo lo scoprirò e lo apprezzerò anche io, al momento però mi pare incomprensibile ma sorridi e osservo il cerotto sul dito della mano che mescola, da sotto verso l'alto il contenuto della tazzina.
L'aroma che sale fino alle narici è di Sicilia, di sole.
A Palermo agli inizi del '900, 1901 per l'esattezza, l'aristocrazia e l'alta borghesia frequenta i locali in stile liberty che danno lustro al centro storico giocando con l'alternanza di stili, arabi e normanni: fusion come dicono le persone di un certo livello.
L'alta borghesia palermitana siede nelle pasticcerie fumando il sigaro, sorseggiando caffè e granite.
Nel 1901 via Roma a Palermo, si apre sul sagrato della Chiesa di San Domenico e si allunga fino al Teatro Biondo Stabile, simboli della vita sacra e profana della città.
Poco più in là si apre la cala e poi il Tirreno con davanti il profilo dell'Italia continentale, la stessa Cala oggi porto chic di altra borghesia e altra aristocrazia.
Il signor Lo Verso questo cambiamento nel 1901 non lo prevede ma adora la musica, le arie classiche che dal teatro arrivano nel suo laboratorio di pasticceria.
Lei sorride sorseggiando il cappuccino che sa di Sicilia. Parliamo di noi, del lavoro, di noi, di figli, soprattutto ci raccontiamo.
Pietro Mascagni nel 1901 è un compositore e direttore d'orchestra famoso, conosciuto anche oltre i confini nazionali.
L'opera agli inizi del secolo è per pochi, per quell'aristocrazia e quell'alta borghesia nelle città come Palermo oltre i teatri frequentano le chiese e le pasticcerie.
Mentre la osservo e penso che ho avuto fortuna a perdere la nostra scommessa, mi fa assaggiare il suo cappuccino e mi spiega che la granella che resta in bocca è la mandorla, che qui il latte di mandorla è fatto dagli stessi proprietari.
E mentre riposa elegante il cucchiaino sul piattino, dei due bambini uno solo è rimasto ad inveire contro il padre, stacca dal suo dolce quello che sembra un piccolo tappo morbido e lo porta alla bocca.
"Gnammy!", e sorride divertita.
È buona, mi spiega, ha un sapore particolare.
E le si fanno gli occhi scuri, grandi, enormi, contenti.
Penso alla Sicilia. E sorseggio il mio caffè.
Il signor Lo Verso adorava l'opera di Mascagni la Cavalleria Rusticana, tratta dagli scritti di un suo corregionale, Giuseppe Verga. Quella sera del 1901 il signor Lo Verso e la sua signora si recarono a teatro dopo aver chiuso la pasticceria con addosso l'abito buono.
Quando il Maestro con un colpo di bacchetta fa diffondere nell'aria del teatro le prime note il signor Lo Verso è rapito ed inizia a pensare.
Pensa mentre Mascagni dal palco agita le braccia, indica, indirizza la musica dove può suonare meglio.
Il signor Lo Verso è un pasticcere, un creativo con zucchero, uova e farina, ascolta rapito l'opera di Mascagni e le disavventure della figlia del povero cieco.
E ha l'idea.
Assaggio un pezzo del suo dolce fra un sorso un sorriso, e uno sguardo. Fuori dalla grande vetrata piove, lo vedo sul muro della chiesa.
La colazione è finita e dobbiamo uscire; la scommessa che ho perso l'ho pagata volentieri, con lei.
Sorrido mentre osservo che indossa il giubbetto nero e dei pantaloni sportivi ugualmente neri, ton sur ton come si sussurrerebbe nei corridoi delle maison.
Le stanno bene anche se ringrazio che i pensieri non abbiamo rumore e sorrido di questo.
Usciamo. Passeggiamo.
Il signor Lo Verso dorme rapito dalle note dell'opera cui ha assistito e nel sonno pensa: uova, farina, le mani che impastano, l'impasto che lievita, si gonfia, profuma.
L'indomani più presto del solito corre in pasticceria e inizia a lavorare con gli ingredienti ben in mente la sua nuova creatura; non sarà solo lievito, farina, latte, acqua e zucchero, no, ne farà altre varianti dando vita ad impasti profumati e dolci con la ricotta e con il cioccolato e ne proverà a fare anche con il pistacchio.
Il signor Lo Verso muove veloce le mani come il Maestro Mascagni con l'orchestra la sera prima. Da la forma di una ciambella ad ogni impasto perché è come un abbraccio, quello dei pupi alla protagonista dell'opera di Mascagni. Ma ancora non basta, non è convinto.
Il signor Lo Verso decide di chiudere il buco della ciambella con altro impasto, come un tappo morbido.
Alcune le mette in forno, altre le frigge.
Il signor Lo Verso è soddisfatto, nel suo siciliano stretto lo spiega agli aiutanti, corre dalla moglie per farle assaggiare la nuova creazione.
"È bùonu!".
Risponde la moglie e tutti gli avventori della pasticceria Lo Verso in via Roma quella domenica e tutte le altre a venire.
Il signor Lo Verso è entusiasta e decide anche di cambiare nome alla sua pasticceria, chiamandola col nome di quel dolce inventato di notte.
Lei mi accompagna verso il lavoro, sui ciottoli della piazza mi dice che dovrà operarsi e mi rattristo senza che lei lo noti. Me ne parla all'apparenza serena, voglio rimanga così.
Ascolto, penso che non posso perderla proprio adesso e arriviamo al lavoro. Devo timbrare, come sempre, da una vita.
L'abbraccio, sorride, sembra non aspettarselo, mi guarda.
Gli occhi sorridono, scuri e grandi.
Li ritroverò uguali mesi dopo, al netto di una pandemia, ma li ritroverò davanti lo stesso cappuccino e lo stesso dolce che profumano di Sicilia.
Per mia fortuna e del signor Lo Verso.
Che dolce è?
Che opera scrisse il Maestro Mascagni che ispirò il pasticcere Lo Verso?
Che nome diede alla sua pasticceria il signor Lo Verso?
Lo stesso, Iris.
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