Il Bodhisattva per i Buddhisti ha raggiunto la fine del suo ciclo di esistenze terrene e continua compassionevole a reincarnarsi per aiutare gli altri.
Nel 1963 il Vietnam del Sud mette in atto una forma violenta di repressione contro i monaci buddhisti mescolando l'odio religioso al fumo acre delle giungle in fiamme, conseguenza drammatica del conflitto che per un ventennio ha infiammato il Sud-Est Asiatico.
Saigon, anche Ho Chi Minh, era la capitale del Vietnam del Sud, popolata da cattolici armati, buddhisti repressi e soppressi e fotoreporter a caccia dello scoop dell'anno.
È una città suo malgrado cosmopolita, una contraddizione sul filo dei tanti intrecci politici nascosti.
Lam Van Tuc nasce nel 1897 in un villaggio del Vietnam centrale.
Nel 1897 Lam Van Tuc non era ancora Thich Quang Durc.
Era un bambino che si avvicinava ai dogmi del buddhismo con l'aiuto dello zio monaco.
Il piccolo Lam Van Tuc entra quindi nel monastero del suo villaggio per iniziare il suo percorso spirituale.
Cambia nome una prima volta in Nguyen Van Khiet e prende i primi voti monastici.
Saigon esplode nelle contraddizioni e corruzioni che il conflitto con il Vietnam del Nord porta con sé. Gli anni '60 si aprono con la bandiera a stelle e strisce a sventolare alta e annerita sul cielo di Saigon e un clero che si muove a braccetto con il potere politico; a tenere le briglie del paese ci sono due fratelli, uno presidente, Ngoh Dinh Diem, l'altro arcivescovo, Pierre Martin Ngoh Dinh Thuc, principali responsabili delle violenze contro i buddhisti.
In questo contesto di violenza si muovono i giorni a Saigon; giorni in cui le radio americane passano le voci e i messaggi di dj con le mostrine, in cui chiunque abbia gli occhi a mandorla diventa "Charlie" e chi indossa la tunica arancione diventa bersaglio.
Spesso colpito, spesso abbattuto, sempre senza rispondere ad un'ondata di violenza di tale portata.
Cadono recitando mantra pacifici.
Nguyen Van Khiet ha preso i voti di novizio e ora a vent'anni compiuti prende i voti monastici.
Da questo momento il giovane Lam sarà per tutti, anche oltre confini che nel 1920 non si potevano immaginare, Thich Quang Durc.
E mentre il mondo intero si ritrova coinvolto in un nuovo conflitto bellico, il giovane monaco buddhista inizia un percorso che lo porterà a Ninh Hoa, baia verde bagnata dalle acque miti dell'Oceano Pacifico; dalla vetta di un monte mediterà lontano dal mondo in guerra vivendo da eremita.
L'aria del Pacifico in quell'angolo di Sud-Est ha il sapore di mare, umidità ed incenso.
Le giornate sono per la preghiera; sgranando l'Aksamala di legno Thich Quang Durc prega perché quel mondo così irrequieto trovi la sua pace. Il monaco prega, medita e si sposta camminando lungo tutte le strade della vecchia Indocina.
Passando le dita sui grani di legno, studia il Buddhismo e le sue differenti scuole, medita, aiuta.
Soprattutto in quel mondo alla fine dell'età coloniale, più intento a distruggere che a costruire, il monaco vede, conosce e aiuta a costruire temi, luoghi di preghiera per i suoi connazionali in difficoltà.
È un monaco che alla vigilia del secondo conflitto mondiale ha scelto di spostarsi e aiutare; i templi costruiti negli anni precedenti la Seconda Guerra Mondiale in Indocina sono circa venti, non solo.
Thich Quang Durc arriva al monastero di Nha Trang, sempre nella regione del Vietnam del Sud.
Qui è nominato ispettore del sangha per la provincia di Nhin Hoa e Khanh Hoa, sua provincia natale.
Il monaco ha compiuto un lungo viaggio che al termine lo ha riportato nei luoghi della sua breve infanzia.
Thich Quang Durc negli stessi anni si sposta anche nella vicina Cambogia per capire meglio un altro aspetto della sua meditazione, quella theravada, e anche qui costruisce templi per la meditazione.
Saigon nel 1963 ha l'accento americano, le radio libere diffondono per le strade del Vietnam del Sud "Blowin in the Wind" di Bob Dylan, quelle militari "Love me do" dei Beatles o "Little surfer girl" dei Beach Boys.
Si fumano sigarette e si beve whiskey come se il passaggio del dominio francese fosse cosa lontana e gli echi delle foreste in guerra fossero lontani.
La vecchia Indocina è ora divisa in due nazioni fortemente uguali ma altrettanto fortemente divise, due Vietnam, uno a Nord ed uno a Sud, entrambi sotto l'ala dei due blocchi che si dividevano i destini del mondo: Urss sul nord, Usa nel sud.
Nella vecchia colonia francese e reporter e i fotoreporter affiancano le truppe americane, aggiornano ogni giorno l'elenco dei caduti sempre a caccia dello scoop della vita.
Incappano anche nella violenta repressione cattolica contro i fedeli buddhisti.
Ormai sembra chiaro anche a reporter scafati come gli americani Halberstam e Browne che la bandiera della vaticana sarà l'unica a sventolare.
Thich Quang Durc viene eletto Presidente del Comitato per i Riti, Cerimonie della Congregazione dei Monaci del Vietnam e al tempo stesso nominato abate del tempio di Phuoc Hoa sede dalla Associazione per gli Studi Buddhisti del Vietnam.
Il monaco continua gli studi, approfondisce i vari rami del Buddhismo, meditando e aiutando i suoi connazionali.
Assiste compassionevole ai cambiamenti del suo mondo.
Thich Quang Durc lascia i suoi incarichi e riprende il cammino di meditazione, aiuto e preghiera.
Respira ancora il profumo del Pacifico, l'umidità delle colline ma l'incenso adesso ha un profumo più acre, che da le lacrime.
Esplode la giungla attorno al monaco, esplode la protesta verso la sua veste colore arancio, come il sole che si immerge nell'oceano.
Prega, il monaco, passa le dita sui grani di legno dell'Aksamala.
E arriva a Saigon, negli anni della maturità fisica, negli anni della Guerra, negli anni della repressione cattolica.
Saigon passa alla radio i riff di chitarra che si mescolano allo scoppio del napalm nella giungla asiatica.
È una città in fermento, schiacciata da più conflitti.
L'amministrazione Kennedy osserva apparente distratta quanto avviene nella città sud vietnamita.
Il fratelli Ngoh Dinh autorizzano guardie armate cattoliche che nel mezzo di una guerra devastante nessuno sembra notare. Nessuno protesta quando le armi uccidono alcuni manifestanti per la libertà religiosa, nel maggio del 1963 a Hue, seconda città del paese governata come un feudo dal fratello prelato del presidente.
Non il Soviet, non l'amministrazione Usa, anzi.
È l'occasione per addossare la colpa sui vietcong e catalogare tutto come effetto collaterale della guerra in corso.
Thich Quang Durc il giorno del Vesak, la nascita, l'illuminazione e il parinirvana del Buddha storico, prega, nella posizione del loto. Prega in un silenzio fatto di lacrime, paura e compassione per quanto sta accadendo ai suoi confratelli.
Nel maggio del 1963 Thich Quang Durc non conosce i riff di chitarra, i Doors né Bob Dylan; conosce la potenza del silenzio fatto di preghiera e meditazione.
L'undici giugno all'incrocio posto davanti l'ambasciata cambogiana di Saigon ad osservare la marcia di circa quattrocento fra monaci e monache buddhiste vi sono anche i giornalisti Halberstam e Browne, allertati dalle voci che i giorni precedenti annunciarono la marcia buddhista per l'uguaglianza religiosa.
Thich Quang Durc cammina alla testa di quel corteo pacifico. Osserva l'auto azzurra che segue quella marcia addobbata con cartelli in vietnamita e in inglese inneggianti alla parità fra buddhisti e cattolici.
Halberstam inizia a scrivere ogni dettaglio di quello che sta accadendo; il reporter conosce certi meccanismi, respira la tensione nell'aria e sa che deve scrivere ogni cosa che vede.
Browne non è lontano da Halberstam, qualche passo avanti, chinato con un ginocchio puntato sull'asfalto. Scatta.
Scatta ogni secondo, come uno dei tanti mitraglieri nascosti nella giungla poco lontana.
Scatta perché il suo lavoro è quello di fissare momenti della storia. Browne sa che questo è uno di quei momenti.
Il monaco si stacca dal corteo quasi in contemporanea con la macchina azzurra che si ferma a pochi metri da lui.
Thich Quang Durc è al centro dell'incrocio.
Dall'auto un monaco più giovane estrae un cuscino grande da meditazione e lo sistema ai piedi dell'anziano monaco.
Browne scatta una, dieci, cento scatti, velocemente, non staccando mai il ginocchio da terra, anzi puntandolo più forte sull'asfalto.
L'anziano monaco ha camminato e costruito tanto durante la sua vita, sempre pregando e meditando. Ora si ferma e si siede sul cuscino da meditazione ai suoi piedi, nella classica posizione del loto. In mano stringe delicatamente l'Aksamala e continua a pregare in silenzio.
Le strade di quell'angolo di Saigon si fanno silenziose, immobili. Sui marciapiedi si bloccano gruppi di persone.
Per un attimo nessuno fa caso alla guerra tutta attorno, all'uomo occidentale che consuma rullino fotografici: il mondo in quel preciso istante dell'undici giugno 1963 ha gli occhi puntati sull'anziano monaco.
Pochi notano l'altro monaco che si avvicina.
Pochi notano che tiene in mano qualcosa.
Una radio in un bar vicino trasmette "Fingertips part 2" di un dodicenne non vedente, Little Stewie Wonder, capace di lì a poco di dominare la black music senza più l'aggettivo Little nel nome.
Halberstam è vicino ad un telefono, deve poter dettare quello che vede e quello che ha scritto.
Il monaco più giovane versa su Thich Quang Durc tutta la benzina contenuta nella tanica e si allontana; la gente attorno non ci crede, chi si inginocchia perché ha capito il finale, chi prova a fare un passo ma cade in ginocchio. Il corteo continua a pregare mentre l'anziano monaco sa di aver raggiunto un livello assoluto di concentrazione che nulla potrà distrarlo.
Posa gentilmente l'Aksamala sulle ginocchia ed estrae dalla tunica un fiammifero.
In quell'incrocio di Saigon non si sente nessun rumore, solo il respiro dolce e regolare di Thich Quang Durc che sfrega la capocchia ricoperta di solfuro di antimonio e di clorato di potassio su una pietra e lascia cadere su di sé quel bastoncino in fiamme.
Browne scatta, ferma per sempre l'immagine di Thich Quang Durc avvolto dalle fiamme, immobile, silenzioso. Sembra domare quell'intensa palla di fuoco fino a sparire dentro di essa.
Il monaco sente il rumore delle onde, la voce degli altri bambini quando era semplicemente
Lam Van Tuc, l'oceano Pacifico farsi grosso, portare pioggia e poi diventare piatto, immobile.
Luminoso.
Nell'istante successivo a quella fiammata Saigon torna a rianimarsi, persone invadono la strada, si cerca di soccorrere l'anziano monaco, disperdere il corteo di monaci.
Halberstam sa di avere fra le mani un articolo senza eguali, Browne degli scatti che raccontano la storia, e infatti quell'anno vincerà il prestigioso premio World Press Photo of the Year.
Le fiamme mettono fine all'esistenza terrena di Thich Quang Durc ma proiettano nel mondo il problema della libertà religiosa nel Vietnam in guerra.
Per l'anziano monaco ci fu ancora un tempio dove giungere; il suo corpo carbonizzato fu portato al tempio di Xa Loi, nel centro di Saigon.
Migliaia di persone sfidarono la polizia per poter raggiungere il tempio.
Il sacrificio di Thich Quang Durc aveva riacceso la protesta e la reazione dura della polizia che riprese ad arrestare i partecipanti alle proteste e i monaci.
Anche per il funerale fu necessario trovare una corso fra buddhisti e polizia: poche centinaia di monaci avrebbero accompagnato dal tempio al cimitero per la cremazione, il corpo di Thich Quang Durc.
In una Saigon che non era pronta a questo genere di proteste ma solo a convivere fra patti e connivenze col potere ad una guerra che sarebbe durata ancora molti anni, le radio libere ricominciarono a trasmettere musica americana, rock and roll per lo più e a dare voce ai soldati impegnati nel conflitto.
Sarebbe terminato tutto il 30 aprile del 1975 con l'annessione al Vietnam del Nord del Vietnam del Sud, sancendo di fatto una storica sconfitta bellica americana.
Saigon sarebbe tornata anni dopo ad essere una città viva, anche bella, senza mai scordare il sacrificio di Thich Quang Durc, immortalato da Browne nell'istante della sua morte.
Thich Quang Durc osservava i suo confratelli preparare il corpo terreno alla cremazione, l'ultima tappa del suo viaggio terreno.
Osservava seduto a gambe incrociate il momento in cui cambiò per l'ultima volta nome.
Il cuore dell'anziano monaco nonostante l'aggressione del fuoco era rimasto intatto, massima prova di quanto Thich Quang Durc fosse compassionevole.
La Shangai buddhista cambiò quindi il modo di rivolgersi al monaco suicida; il nuovo nome sarebbe stato, tutt'ora lo è, Bo Tat Thich Quang Durc, riconoscendo il monaco come Boddhisattva.
Durante il conflitto vietnamita furono trentatré i monaci che si immolarono col fuoco per protesta, venendo ricordati nel mondo con il termine bonzi.
A conflitto terminato nel luogo dove Thich Quang Durc morì venne posata una statua per non dimenticare mai.
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