Genova, Zena e i tanti arrivi

Di nuovo si parla di te, sul giornale e sul tg.
È successo di nuovo, colpa dell'uomo, dicono, colpa del clima dicono altri.
Sorrido malinconico se penso a come sei fatta tu.
Da lontano, nel tempo purtroppo, e nello spazio, ho visto il crollo del ponte Morandi e la ferita lacerante che sei riuscita a richiudere quasi subito, non senza altro dolore. 
Ho visto nel 2011 i torrenti ribellarsi all'incuria e coprirti di fango e detriti, e solo chi ti ha vissuta sa quanti questo significhi metterti in ginocchio.
Ma tu sei sempre ripartito forte come prima, più di prima, forte e sicura come la Lanterna che ti segnala da secoli ai marinai.
Tu sei Genova, un città che anche adesso paga un prezzo altissimo al maltempo furioso di questi anni. E mentre vedo e leggo che ora tutto pare più difficile penso a come ti ho conosciuta io.
Quasi per caso nel 2003, a marzo.
Per lavoro, il primo importante, a pochi mesi dalla prima paternità.
Ti ho trovata quasi all'improvviso dopo un lungo viaggio in treno da Udine, dopo la pigrizia della Pianura Padana e il buio degli Appennini. L'uscita è una sferzata di luce e un panorama unico, boschi e strapiombi, paesi che vivono sotto la ferrovia, in tutti i sensi e strade che strappano spazio alla montagna.
Tu sei stata negli anni, quelli belli, tanti arrivi e tante partenze, tutte con quel mugugno tipico di te.

Arrivo alla stazione di Porta Principe, bella, con portici e colonne a ricordare la storia della città.
C'è caos, vita, nulla è fermo. Osservo la città, la strada in discesa davanti a me e il mare alla mia destra lungo via Adua, nomi che mi devo sforzare di ricordare. E come se non bastasse devo ricordarmi del colore perché ad ogni civico ti corrisponde un colore che spiega da che parte della strada si sta.
Il mare lo vedo, vissuto, trafficato, ha un profumo più forte che mai.
Lo respiro e rimane lì.
Il primo approccio con te è l'attesa di uno scooter con a bordo un collega che mi porterà al mio albergo.
Perché scooter? Lo scoprirò il pomeriggio stesso e non potrò che approvare la scelta.

Scooter perché altrimenti sarebbe difficile se non impossibile spostarsi. Ma non tanto il movimento quanto il parcheggio di un'auto fra la selva di strade, sopraelevate e ferrovie che letteralmente ti scorrono sopra la testa. E vedere il treno passare sopra la mia testa a Sampierdarena ha confermato quanto lo scooter può essere vitale in certe situazioni.

Arrivo all'albergo, una stella non di più, la via trafficata di tanta umanità, diversa, il primo istante ha una vista non da cartolina, c'è il porto, gli scali appena oltre il muro di cinta ma tutto questo passerà l'indomani mattina in secondo piano. 
L'indomani mattina mi accorgo del panorama che mi aspetta oltre la finestra, appena a sinistra c'è la Lanterna, alta, fiera davanti al mare, quasi a difendere tutta la città.
Sotto c'è un crocevia di storia, vite, quotidiano che da qualsiasi parte del mondo non può sembrare vero.
Eppure...

L'arrivo alla Fiumara, centro commerciale appoggiate sulle rive del Polcevera è una camminata per Sampierdarena, la Genova che muove l'economia che viene dal mare.
È la colazione al solito bar, lo diventerà già dal giorno dopo, col mio cappuccino e la mia brioche che stonano con le ordinazioni degli altri avventori: focaccia e "gianchetto", vino bianco. Quasi mi sono sentito in imbarazzo.

Arrivo alla stazione ferroviaria di Brignole e mi ritrovo nel caos tutto sommato ordinato di Borgo Pila; a sinistra della piazza e dei giardini c'è Corte Lambruschini, gli uffici della mia azienda chiusi dentro palazzi di vetro, a destra i palazzi del XIX secolo con i portici che mi portano in via San Vincenzo dove lavorano i colleghi.
Ci vado dopo la visita in ufficio; inizio dai portici, c'è una libreria che somiglia ad un bazar, ci sono i cavalletti in legno a sorreggere pile infinite di libri e vecchi VHS con il meglio di Gilberto Govi e la sua comicità genovese. La via in realtà è un bazar, pochi passi e sei in centro città, è una di quelle vie dove assieme ai grandi marchi trovi i mimi e artisti di strada, tutti assieme.
Arrivo come sempre all'ora di pranzo e mi fermo a metà della via, in un locale vale in cui il tempo si è un po' fermato: sedie si legno e paglia, tovaglie di carta e piastrelline bianche alle pareti. Una tavola calda come quelle di un tempo, con tutti i piatti del menù a vista e il nome che rimanda ad un film di Fellini.
Genova è ovviamente un piatto di trenette al pesto ma sono anche un'abbondante piatto di cuculli, polpettine di patate, maggiorana e pinoli. Non esagero, mi piace, lo ripeterò negli anni a venire. Un rito personale cui poi sentirò la mancanza.

Arrivo anche in centro e scopro la città che non immagini, quella che la tv non inquadra mai. Quella Genova che si nasconde fra i carichi stretti e a volte bui che ti coprono le spalle come una coperta. E ho passeggiato sotto i portici godendo dei palazzi e delle piazze.
E non ci siamo lasciati più anche se il tempo è passato in fretta.

#Genova


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