La mattina è uggiosa, un cielo che le cronache locali tanti anni fa nello descrivere la cronaca sportiva definivano plumbeo, grigio piombo.
La nebbia avvisa già che stasera risalirà dai campi.
Resta la tv prima del lavoro, un'ora scarsa ad ascoltare un sunto di quello che è successo il giorno prima.
E per una volta non è una discussione su un DPCM, sul lockdown o sulle importantissime elezioni americane che io, per inciso non capirò mai come non capisco spesso l'atteggiamento americano.
No, stamattina è ben più grave il tono, la notizia, il clima che si respira.
Non è la parola Covid a spaventare, ma un'altra, che per un periodo medio lungo noi occidentali avevamo rinchiuso nella soffitta dei ricordi.
Si parla di Isis, di Stato Islamico, che tutti, ma proprio tutti, dopo la drammatica escalation di violenza ed orrore in Siria con la crisi Russia-Turchia-Resto del Mondo pensavamo morto e sepolto sotto le macerie, vinto finalmente.
Poi il 2020 ha avuto un modo particolare di presentarsi e distrarci.
Abbiamo concentrato i nostri sforzi su tutto quello che poteva essere vitale, eco mancherebbe, congelandoci invece su quello spicchio di mondo che brucia dal secondo dopoguerra. Uno scacchiere che tutti, ma proprio tutti, hanno evidentemente interesse a fare bruciare.
Adesso che tutti ci stiamo preparando ad un nuovo lockdown l'Isis alza la testa, osserva e agisce, nel cuore dell'Europa da Parigi a Vienna, passando per Nizza, già tristemente colpita in passato da militanti dello Stato Islamico.
E se a voler guardare bene la decapitazione dell'insegnante parigino è frutto di uno squilibrato che ha voluto colpire un professore che ha forse peccato di ironia e nulla più, i seguenti atti terroristici hanno impressi in loro i tratti caratteristici dell'Isis, che nel periodo di lockdown si è nutrita di foreing fighters e del popolo affamato che nella Libia disgregata e lasciata sola, da noi occidentali ricordiamolo, si accalca sui barconi destinati all'Italia e da qui all'Europa.
Ecco, questa situazione geopolitica anomala, ambigua non fa altro che lasciare spazio alle milizie islamiche che trovano nel disagio economico, nell'evidente disagio politico terreno fertile e menti deboli.
Ortodossi, insegnanti, chiese e sinagoghe sono tutti obiettivi sensibili ormai.
E all'Occidente la sensibilità di capire che non bastava lasciare la disputa siriana ad Erdogan e Putin per rilanciare lo scacchiere mediorientale liberato dallo spettro dell'estremismo islamico.
La croce, dopo quest'ultima ondata di violenza, l'Europa pare volerla buttare addosso non all'Italia ma al nostro ministro Lamorgese, forse colpevole di controlli ritenuti troppo superficiali.
E se il governo pare volerla difendere l'opposizione interna è pronta a cavalcarne l'onda.
Chissà come finirà questa storia in fondo triste che torna attuale drammaticamente all'improvviso mentre l'Europa si prepara a chiudersi nuovamente in casa.
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