Lockdown 2.0

Ritorna sempre più forte, urlando quasi, lo spettro, l'incubo che si fa parola: Lockdown, maiuscolo, duro, pesante.
Adesso è la mattina della domenica di Ognissanti dell'anno domini 2020, un anno che assomiglia sempre di più ad un incubo su scala nazionale e non.
Si chiude il mondo, nuovamente e ancora, per paura, quella più brutta, quella di non farcela, di ammalarsi, cadere e non rialzarsi più.
Riprende la ridda di voci, di pareri illuminati, illustri e cazzari che riempiono TV e giornali, non più le chiacchere al bar che i bar chiudono presto.
Chiudono i paesi europei, quelli che a fine inverno ci prendevano in giro per le nostre zone rosse, chiudono perché la conta dei morti, triste e grama, è una ferita sulla propria pelle e allora vediamo l'altrettanto triste e mesta processione di premier e presidenti davanti a microfoni solitari annunciare ai loro connazionali che ci si deve chiudere in casa, che non si può andare di e si vuole, che il lavoro se si può lo si deve svolgere da casa. Dire agli studenti che è stato sbagliato farli ritornare in aula in questo modo assurdo e che da oggi, ieri e domani, si ritorna a salutare compagni e professori da casa, dagli 11 pollici dei loro smartphone.
Nel giorno di Ognissanti nel Belpaese Conte incontrerà sindaci, governatori di regione per cercare di chiudere quanto più possibile, l'ennesimo giorno dopo l'ennesima protesta del mondo della ristorazione (a seconda della località e delle relative infiltrazioni pseudo politiche) pacifica o meno. Si deciderà del nostro destino in un momento storico esplosivo che rimarca quanto esistano divisioni fra connazionali. 
Nella ridda dei numeri c'è lo spavento per quanto succede ma non si dice di quanto di faccia fatica a fare capire alla gente, la gente che posso essere io che scrivo, tu che leggi, il tuo vicino, come comportarsi, quanto sia importante rispettare quelle poche ( in fondo sono davvero poche) regole per tenere lontano questo virus subdolo, ingestibile.
Deciderà invero un governo incerto, impresentabile. Soprattutto un governo che da mesi ha chiuso sotto la dicitura "stato di emergenza" la Costituzione nel cassetto, sfornando l'odioso acronimo DPCM quindicinalmente senza mai, mai, porre l'accento sulle situazioni davvero critiche: una a caso nel mazzo, il trasporto pubblico ormai al collasso.
E centinaia di autonoleggi privati fermi si box. E in queste ultime righe c'è il senso di inadeguatezza del governo che ci guida.
Appellandoci a tutti i santi di questo calendario ascoltiamo le breaking news sperando che tutto ci scivoli addosso, che chiuda una qualsiasi altra categoria professionale, un altro settore economico che non siano i nostri, che non siano proprio quelli che ci riguardano.
Che l'incubo di sentirci etichettati come "non essenziali" ci travolga ancora per decisioni pensate ancora una volta a metà.
E che ancora una volta questo secondo lockdown nazionale esca dalle zone con maggiori criticità e chiuda tutto il paese.








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