Disamore governativo

Non amo questo governo, lo ammetto, non rispecchia la mia idea di unità nazionale né la mia idea di governo capace di dettare le linee guida ai propri concittadini.
Non lo amo perché non l'ho votato io, come non l'ha votato il mio vicino, il vicino del mio vicino, il vicino dei miei genitori, dei miei suoceri.
È un governo "messo lì" per usare un termine immediato, che colpisce subito nel segno. 
È l'ennesimo governo tecnico, usando un gergo appunto tecnico e di attualità, creato a tavolino con l'intento di accontentare chi le elezioni le aveva perse e accantonare chi le stesse elezioni le aveva vinte.
Non lo amo perché, al netto della pandemia che ha colpito il mondo intero, non mi ha fatto sentire un italiano migliore, più tranquillo.
Anzi, alcune scelte, uscite, esternazioni, addirittura cossighiane picconate, hanno creato un'ulteriore spaccatura fra Palazzo Chigi, i suoi inquilini e noi che di questo paese siamo la base. Non lo amo particolarmente perché a tutto sembra pensare tranne alla buona gestione di questa situazione negativa e difficile.
Adesso che siamo ad un passo soltanto dalla fine delle festività natalizie e quindi dall'uscita dalla zona a colori alterni, rosso e arancione, non c'è un'idea chiara e precisa di come riportare ad un quotidiano anche solo abbozzato di normalità un paese intero. 
La notizia che trapela sempre più di frequente è che si aspettano i risultati, ora del venerdì, ora del giovedì, ora di qualche altra conferenza istituzionale.
Arranchiamo noi stessi nella precarietà di un lavoro che non sai come gestire perché le direttive che arrivano "dall'alto" non sono poi così chiare e le interpretazioni possibili ancora meno. Ad un passo dal weekend noi commessi non sappiamo bene se quel weekend lì saremo a lavorare o a casa, in coprifuoco e gli insegnanti degli istituti superiori non sanno ancora con certezza se la lezione dovranno svolgerla da casa o in classe, in presenza. Discorso uguale per gli studenti, sempre più a questo punto, lasciati dalle istituzioni a loro stessi. 
Dalle istituzioni però, perché fra i docenti c'è davvero chi non li ha lasciati a loro stessi.
Non amo questo governo perché il tempo per pianificare una timida ripresa del paese, del lavoro e della scuola, in sicurezza c'era e lo spreco certificato dello stesso provava più di un malumore.
Non amo particolarmente questo governo e neanche le opposizioni che non si oppongo più ma vogliono fare a gara per entrare nel gruppo di governo, perché di questo si tratta, un gruppone mal composto, una brutta via di mezzo fra un'Armata Brancaleone, senza un Gassmann capace di condurlo nella pugna, e un leopardiano zibaldone.
Il disamore tocca il mondo del lavoro, divenuto un punto di domanda incerto, con categorie messe alla gogna, altre quasi coccolate e infine senza una regola unica per tutti vedasi il numero di persone ammesse di volta in volta all'interno di una attività commerciale.
Si lavora a giorni alterni, come fossero targhe automobilistiche, senza uscire dal nostro personale cul de sac del lavorare poco e male. Uscendo dall'ottica della GDO, la grande distribuzione, i "medio-piccoli" hanno a che fare con magazzini pressoché intatti, con quasi la stessa merce del periodo della vigilia. E non ci sono concessioni perché la colorazione delle zone impone di aprire e chiudere al ritmo di due, tre giorni e così si finisce ad osservare inermi scatole e scatoloni di articoli ormai invendibili. E il rischio di non rialzare più le serrande.
Al netto delle scatole lo stesso discorso vale per i cinema e i musei, per le palestre, tutti ambiente che prima, fra un lockdown e l'altro hanno sostenuto fior di spese per mettere a norma gli spazi, per fare si che l'utente potesse usufruire degli stessi spazi in sicurezza per poi dover abbassare la serranda senza sapere quando poterla rialzare.
Non è questo l'aiuto migliore che un governo può dare ai piccoli imprenditori, al netto del Recovery Plan, che ogni giorno cambia le somme destinate a questo o a quel settore.
È un governo cui davvero servirebbe il coraggio di staccare la spina e ripartire ma sempre questo governo è schiavo dello stesso Recovery Fund poi Plan, delle condizioni di una Europa per nulla unita come dimostra anche la distribuzione dei vaccini anti Covid-19.
Noi ci siamo fidati delle task force, del CTS, di imprenditori prestati, e prezzolati, alla politica in nome dell'emergenza e ora ci ritroviamo gli Arcuri, i Colao a prendere decisioni che gravano sulla nostra pelle. Non di meno ci troviamo appesi alle scelte, credo umorali, dei Renzi, delle Bellanova e dei Di Maio per salvare questo governo di cui non ci si può davvero innamorare.
Sarà ancora tanto dura uscire da questa crisi, dai danni che la pandemia ha causato in tanti settori.
Il vaccino che dopo il V day vede di continuo spostare in là la data del "vaccino per tutti", è affidato ad una Sanità capace per storia e persone che ne fanno parte sul campo ma incapace per le persone che la governano, incapaci di destinate fondi massivi e non spiccioli al suo sviluppo, incapaci di fornire a chi opera sul campo siringhe e personale. E credo questo, proprio solo questo basterebbe a far dire "va bene, me ne vado, ho sbagliato" agli Speranza, ai Conte.
Il tempo però per scegliere una primula da dipingere sui drive-in per i tamponi c'è stato.

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