E alla fine fiducia fu, piccola, grande, larga o stretta che sia.
Una fiducia che più sfiduciata non si può, una due giorni a parlare alle Camere che ha fatto emergere una volta di più quanto i nostri rappresentanti siano a dir poco indegni.
Non sono solo le misere trame di potere, la compravendita di voti che neanche al mercato rionale avviene più con i polli, no.
Quest'ultimo in fondo è una tratto costante del mondo politico perché le cose, le certezze e quindi le proprie convinzioni possono cambiare.
È umano, è lecito.
È come una storia d'amore che finisce, non sarà la prima, non sarà mai neanche l'ultima.
È il mercimonio i giorni precedenti i confronto, il dare per avere, o avere per dare o solo per sete di potere, per non alzarsi ora, proprio ora dalla tanto sudata poltrona.
La realpolitik italiana poi ci ha messo sempre del suo a mischiare le carte fra il drammatico, il drammaturgico e la commediola da due soldi.
Anche in questa incomprensibile tornata elettorale abbia avuto fior di attori e attori mezzetacche, a ribadire quanto di negativo già si pensava di loro.
L'avvocato Conte, non più del popolo, non più pro Trump (sorvoliamo sugli ultimi giorni da presidente del tycoon), ma quasi pro tempore, ha chiesto aiuto, un esplicito "aiutateci!" sul tramonto del suo appello alla Camera dei deputati; un aiuto se si ama davvero l'Italia.
Chiaro, diretto, forse non si soggetgiusti. Un appello simile andava rivolto al popolino che da casa ascoltava il discorso e i successivi interventi fiume. L'avvocato Conte qui in veste di Premier sull'uscio ha tenuto piuttosto bene al primo scoglio della Camera, sudando solo un po' e incrociando le dita su quanto il giorno dopo sarebbe avvenuto in Senato, quel Senato che il giorno dopo, il Day After della politica pentastellata-piddina, ha lasciato l'amaro in bocca al popolino, attonito ed incazzoso osservatore domestico della ridda di insulti, parolacce, volgarità e mancanza di rispetto che i nostri, già, appunto, i nostri senatori hanno liberato nell'emiciclo fresco di sanificazione ma saturo di maleducazione.
E se l'inizio hanno toni soft, soporiferi e tenebrosi del senatore Monti mischiato alla verve emiliana di lungo corso di Casini, il seguito è un rosario di senatori per caso viene da dire, col foglio A4 in mano a parlare e dietro di loro smartphone per un selfie illegale, una foto al governo moribondo forse nelle intenzioni, un saluto al compagno di banco alla faccia del distanziamento, urla feroci di disappunto come al bar davanti alla Var in serie A, senatori a vita che dimenticano il ruolo istituzionale e sembrano seduti su una panchina del parco.
Mentre il sale lo mette Salvini col dente avvelenato, la pistola pronta, la sfiducia calda sul tavolo. Non servono le urla e gli insulti in un emiciclo degno di una festa di periferia. Nella selva di persone, vite, voti, c'è chi ha già disegnato il suo futuro, un progetto chiaro ma tenuto nascosto. Un progetto così ben studiato che ha resistito alle spallate toscane, la Matteo Renzi che non vota la sfiducia che lui invocava e che assiste all'ennesima sconfitta del suo percorso politico. Una sconfitta si spera educativa.
La maggioranza che ancora tiene in piedi questo governo sa che ora viene la parte forse più complicata, quella in cui tutto deve ripartire per uscire tutti, tutti, dalla crisi, al netto di maleducazione e urla, mercimonio e decadimento vario.
Non che per l'avvocato Conte questo ora significhi procedere spedito secondo l'agenda di governo, che sa dio quale sia a questo punto, tutt'altro visto anche la perdurante e un po' colpevole consegna del silenzio che vige al Colle.
Si parla di più e più volentieri a mezzo stampa, lasciando commenti e pensieri, politicamente a luce rossa, a qualsiasi agenzia di stampa pur di condividire la situazione di malcontento; lo sfascio politico del Senato che la presidente Casellati ha gestito con la giusta foga a volte di un buttafuori adesso fa i conti con le macerie.
Una destra poco centrista e molto confusa incapace di gestire il momento sottovoce preferendo dar voce ai proclami urlati. Ci sono i Salvini e le Meloni forse forti di un consenso che striscia via social ma che "nelle stanze che contano" si è un po' perso, ci sono defezioni nel partito caro al presidente Berlusconi non a torto viziate nel giudizio: il sospetto che le defezioni forziste che hanno salvato (o contribuito almeno a salvarlo) l'avvocato Conte siano avvenute sotto la regia del presidente azzurro è pensiero diffuso.
E poi c'è il centro, un centro democratico, zibaldonesco, dove confluiscono esuli erranti dai vari partiti e/o movimento sorti e caduti nel giro di mezza legislatura. Una fetta invogliante di voti prima ancora che di uomini, capaci quando serve, ma serviva davvero?, di essere l'ago della bilancia della politica italiana.
Se tutto questo trambusto ha sancito la fine del Matteo toscano, ha anche sancito quanto poco possa durare la sinistra così come è ora.
Zingaretti e i suoi sono al governo a tavolino, coi Cinque stelle in una maggioranza che più innaturale di così non si potrebbe.
E se i piddini sono tutto sommato in equilibrio i pentastellati dopo il silenzio di questi giorni torneranno a far di conto con le beghe interne che dall'inizio della legislatura li coinvolgono.
L'aspetto che forse a tanti è sfuggita in questa fiducia molto minimal con cui si è permesso di fare sopravvivere il governo dell'avvocato Conte è che li stesso burlando quasi quell'"aiutateci" ha pure seminato nel vento viziatoato delle Camere i germogli di quello che presto o tardi sarà il suo partito, in quel gruppo misto che sta al centro della tavola, che invoglia i commensali come il migliore dei carrelli dei bolliti.
Riprenderanno i lavori per vaccinazioni (nota dolentissima di questo governo incapace di incrociare esigenze sanitarie e consegne dei vaccini), DPCM multicolore, attivazioni del Ristori Quinques e quindi discussione dello Scostamento di bilancio, Recovery Plan.
Come direbbero i più colti, di carne al fuoco ce n'è e forse capiremo anche noi del popolino come uscirne. Spaventa il fumo di questo fuoco che potrà offuscare la nostra vista e potremmo non accorgerci fra le note di agenzia che l'avvocato Conte ha presentato formale richiesta per creare un suo partito/ movimento.
Ipotesi questa tutt'altro che lontana, specie ora che l'avvocato ha salvato capra, cavoli e poltrona.
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