17 Marzo 1861

Dovrebbe sventolare alto, garrire al vento.
Dovrebbe prendersi orgoglioso la porzione più ampia del cielo sopra noi.
Dovrebbe urlare, cantare.
Dovremmo poterlo sentire, toccarlo, stare tutti fermi un lungo istante a naso all'insù, ad osservarlo.
E a ricordare.
Ricordare cosa ha significato unirne in un unico drappo i tre colori, chi lo ha fatto e perché.
Unendo tante aree geograficamente e culturale diverse fra loro in un'unica nazione.
La mia, la tua che leggi queste righe.
Oggi compiamo tutti gli anni, l'Italia compie gli anni e non sono neanche tanti.
Oggi sarebbe il giorno dei Tricolore liberi di stare appesi a finestre, balconi, issarsi sui pennoni più alti, salutarci dall'alto.
Il giorno magari delle Frecce Tricolori a sorvolare i cieli del paese.
Sarebbe festa, di tutti. Festa senza aloni gialli di complotti e complottismo, una e unica. Per una nazione che ha saputo sempre ripartire, anche incespicando, cadendo, rialzandosi, perché nessuno è immune dal sbagliare.
Invece...invece sarà la seconda festa che festeggeremo dalle nostre case, nuove nazioni, singole e inaccessibili agli altri.
Farà un po' più male della prima, certificherà un fallimento nazionale lungo un anno.
Ma come detto, nessuno è immune dall'errore e tutti siamo in grado di ripartire migliorandoci.
E allora in silenzio, con la mascherina sul viso, laddove è possibile guardiamo il Tricolore sventolare, salutiamo e facciamoci gli auguri che non siamo soli sotto il cielo d'Italia.







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