Cosa ci resta del 27 dicembre 2020? Del Vaccine Day europeo, delle iniezioni fatte a favore di camera?
Cosa resta dello sbandierato ottimismo della UE intera dopo quasi un trimestre nel quale ogni strategia è saltata, vittima di incomprensioni, incompetenze, strategie di mercato?
L'italica primula è sfiorita sotto il peso della dabenaggine di chi l'ha coltivata, affossandola sotto il peso della propria tensostruttura.
Un esperimento forse più di incoraggiamento, che la pandemia presto l'avremmo lasciata se spalle più che una campagna vaccinale basata sulle certezze.
Da quel lontano 27 dicembre il mondo ha scoperto che il virus è stato in grado di svilupparsi, modificarsi, variare, quasi fosse al passo con le stucchevoli (almeno in questo particolare momento storico) polemiche sulla parità di genere in determinati ambiti professionali e in determinati ruoli; il virus ha assunto quasi ironicamente dopo l'avvenuta Brexit una variante inglese, poi sudamericana, sudafricana, thailandese, aumentando la propria aggressività, quasi a voler certificare il fallimento dell'Europa e della sua campagna vaccinale.
Tutti i nomi noti fra le case farmaceutiche (AstraZeneca, Pfizer, Moderna) hanno accusato ritardi nelle consegne, imponendo agli Stati membri dell'Unione pesanti tagli nelle forniture, con l'effetto domino di campagne vaccinali che ora registrano pericolosi ritardi e un numero imprecisato e indecifrabile di effetti collaterali, che hanno portato ad ancora più pericolose percentuali di appuntamenti cancellati, quasi a voler fuggire dal vaccino stesso.
Ecco, adesso che nel nostro paese il premier Draghi ha imposto il lockdown quasi generale come, né più né meno, il suo predecessore ci affidiamo al generale Figliuolo, che in queste ore ha reso pubblico il piano d'azione per vaccinare quanti più connazionali prima dell'estate. Sul tavolo del commissario straordinario quindi c'è già pronto e definito il piano operativo che a questo punto particolare della storia è appeso alle consegne di AstraZeneca, ai progressi in termini di produzione e consegna del vaccino che al momento non ci sono, come anche ha reso noto il commissario all'Industria UE Thierry Breton.
Potremmo quindi uscirne davvero, anche dopo questo improvviso lockdown pasquale; dovremo puntare forte sull'esperienza del generale Figliuolo, dell'organizzazione che sta cercando di costruire coinvolgendo tutto quel personale medico (tutto, compresi gli odontoiatri e gli specializzandi, i medici affiliati al Coni) "capace di eseguire un'iniezione". Vista la carenza di personale paventata più volte dal predecessore del generale, questa strategia quasi da bar era la più immediata e corretta da mettere in opera, fin da subito.
Il 15 marzo inizierà per tutti il cammino di Quaresima chiusi nelle nostre case, attaccati ai giornali, si telegiornali e alla speranza che i vaccini arrivinoe che arrivino in tutti i punti previsti per cominciare a vedere la luce in fondo al tunnel.
A tempo debito, quando l'immunità dì gregge sarà ottenuta, quando i vaccini anti Covid saranno disponibili nelle farmacie come qualsiasi farmaco, quando non dovremo più spostarci carichi di sanificante e mascherine, anche le case farmaceutiche dovranno rivedere i propri accordi commerciali, vantaggiosissimi, con l'Europa e anche coi singoli Stati; Stati che forse dovrebbero anche ridisegnare questa malandata Europa, mai così diversa e frammentata.
A tempo debito però, non ora che l'attenzione tutta è dovuta all'emergenza.
Pasqua si avvicina quasi in sordina, la sorpresa dentro l'uovo non ci interessa più.
Sotto l'albero di Natale abbiamo trovato un'improvviso momento di positività con il Vaccine Day poi miseramente naufragato.
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