E se alla fine, dopo sessantaquattro anni di vita la UE, inizialmente CEE prima del trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992, fosse arrivata ad una sua naturale fine?
Se le idee che ne hanno certificato la nascita ora fossero, sono, impresentabili ai più, prive del loro stesso senso dopo le vicissitudini e utopie che hanno scosso l'Europa nel secondo, lungo, dopoguerra?
Ragionamenti da bar, chiacchiericcio e nulla più si potrà dire, giusto, ma avendo vissuto gli ultimi 47 anni dei 64 dell'Unione più che un chiacchiericcio penso di essermi fatto una mia idea sulla UE attuale, sui suoi limiti e sui suoi confini che, sia chiaro, non dovrebbero esserci ed invece ci sono, sono eretti quotidianamente e sono anche tangibili.
Come per molti altri aspetti che ci riguardano più da vicino, la crisi sociale seguita all'inizio della pandemia ha fatto saltare quell'equilibrio sottile sottile già duramente compromesso negli ultimi anni da rigurgito nazionalistici, immigrazione fuori controllo senza patti chiari di cooperazione ("Mare Nostrum" tornato in auge in questo inizio primavera pare non interessare agli altri stati che si affacciano sul Mediterraneo), bilanci bocciati dalla Commissione, stati aiutati ne altri fatti fallire (su tutti basta ricordare la nostra Italia e la Grecia di Tsipras). Negli anni successivi il Trattato firmato a Maastricht l'allargamento verso est dell'UE ha fatto si che all'Europarlamento trovassero consensi bipartisan più movimenti estremisti, nazionalisti, gli stessi che hanno portato al ripristino di confini fatti di filo spinato, cemento.
Nazionalismi che a ridosso dell'arrivo silente e violento del Covid hanno trovato terreno fertile in un continente vecchio, già terribilmente colpito da una crisi economica senza eguali, incapace di dar vita finalmente a quell'unione che tanti anni prima fu il punto cardine della sua creazione.
Abbiamo dato spazio e voce ai proclami scissionisti britannici, li abbiamo lasciati andare senza opporci troppo alla Brexit, temuta all'inizio della sua proclamazione ma poi invocata da più parti, quasi che uscire dalla "Casa comune" fosse, sia vitale. Di più, vitale. E sull'onda di questa fuga, riuscita per ora almeno per quello che riguarda lockdown, vaccini e vaccinazioni.
I vaccini, anglo italiani, francesi, tedeschi, olandesi, dei quattro cantoni, si sono dimostrati il tasto più dolente per l'intera UE, autentico tallone di Achille non solo per Ursula Von der Leyen per tutti quei governi che da sempre dettano presunte linee guida, Germania (ormai prossima e pronta al futuro prossimo Merkel free) e Francia (avulsa nelle dichiarazioni di Macron, forse più sopportato e supportato dai suoi connazionali). I vaccini anticovid, il loro approvvigionamento, la loro consegna, hanno palesato più di tutte le polemiche politiche, l'incompetenza delle Commissioni, dell'UE così come vive, viene vissuta.
Qualcosa di impalpabile, lontano davvero anni luce da quel Trattato firmato a Roma 64 anni fa.
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