"Buona Pasqua!", ormai ci siamo, mancano pochi giorni.
"A te e famiglia!" però è ancora chiuso nel cassetto, quasi non ci siano né voglia né coraggio di dirlo perché questa è la Pasqua 2020-bis, con la firma del presidente del Consiglio Draghi.
Non so se eravamo, come paese, pronti a tutto questo; a nuove chiusure, nuovi giorni di cassa integrazione, nuovi giorni a tirare la cinghia, a condividere quei pochi momenti di aria aperta con uno spiegamento di forze in alcuni casi esagerato.
"Buona Pasqua!" vuol dire mandare un messaggino e aspettare la risposta, nulla di più. Non ci sarà spazio per molto altro se non per ascoltare ancora, nuovamente, a tratti inutilmente, le parole di chi questa emergenza la gestisce, il gen. Figliuolo e Curcio, Commissario per l'emergenza e capo della Protezione Civile.
Parole che non sono sempre tranquillizzanti, non sono sempre chiare e non sempre sono condivisibili.
Non sempre è possibile accettarle perché spesso sfuggono alla nostra logica, al nostro buonsenso da persone comuni.
Chiaro che ora il focus di tutti, opinione pubblica, stampe, popolo, Europa, sia sui vaccini, sulla necessità di dare una spinta al piano vaccinale, alla sua organizzazione.
Il vaccino che a questo punto ci aspettiamo di trovare dentro l'uovo di Pasqua pare essere schiacciato fra una ridda di nomi, acronimi, cifre, tutte messe lì ad arte, ad ingombrare il cammino.
Nonostante il governo si lancia in sperticate promesse che su carta, su carta, sono ottimistiche ed ottimali ormai prevale la disillusione, quella sensazione triste che il rimedio a questa situazione è peggio del danno.
Anche talune incomprensioni fra i protagonisti di questa vicenda (governo, CTS, regioni) lascia alquanto interdetti noi che non aspettiamo altro che respirare liberamente e scambiarci gli auguri.
Aspettiamo. Aspetteremo.
L'ultimo segnale di quanto dentro certe stanze dei bottoni prevalga la confusione è ben descritta dal permesso ad andare all'estero, via dal proprio paese per godersi al caldo i giorni del ponte pasquale mentre negli italici confini i ristori arrivano ma palesemente non bastano, bar e ristoranti passano sempre di più dalla serranda abbassata del lockdown alla serranda abbassata per cessata attività, senza capire in fondo quale sia la loro colpa in tutto questo.
E ancora.
Spostarsi poco, pochissimo, a tratti inutilmente, in casa propria ma liberi di espatriare salvo scoprire a pernottamento avvenuto che i giorni di quarantena saranno cinque e si dovrà pure subire il tampone di controllo.
Pensare le cose una dopo l'altra nello stesso discorso nelle stanze del ministero sembra diventato difficile, impresa da accademici della Crusca.
Può fare bene che il gen. Figliuolo visiti gli hub destinati alle vaccinazioni ma se quasi contemporaneamente regioni virtuose nel piano vaccinale annunciano lo stop per mancanza degli stessi forse la visita non era necessaria, necessario è l'intervento deciso e la consegna dei flaconi di qualsiasi marca e modello.
Così facendo, forse a Roma (intesa come sede del governo, non la città) non si sono accorti di come le città e i paesi ora abbiano una generazione abile allo studio ed al lavoro rinchiusa a casa propria (la gestione di istruzione e lavoro e casse integrazioni forse, forse, andava studiata più a fondo, sollecitando gli enti preposti ad un maggiore impegno) e una generazione avanti, avantissimo negli anni libera di passeggiare mano nella mano, fare shopping, anche nelle ore che tutti i dpcm e tutti i decreti consigliavano loro di dedicare a casa, al riposo, forti del vaccino appena fatto.
Ecco forse, col tutto il rispetto per le generazioni dei padri e dei nonni, forse è uno specchietto di come questa pandemia continui ad essere gestita con troppa precarietà.
"Buona Pasqua, a voi e famiglia!", ugualmente.
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