C'è una data che più di ogni altra il mondo moderno ricorda perché i segni lasciati sono segni indelebili.
C'è la certezza che il mondo "di allora" risulti a chi legge oggi completamente incomprensibile.
C'è lo stesso mondo che ancora prova paura a ricordare, quella data e quel luogo.
Vladimir la mattina del 25 aprile 1986 beve il solito caffè osservando il cielo terso con calma inusuale. Solitamente quel caffè precede i suoi riti quotidiani: la barba ben rasata, la vestizione con la divisa ben stirata. Vladimir è tenente dei vigili del fuoco.
Prima di uscire per recarsi alla caserma di destinazione c'è lo spazio per il bacio della moglie.
Pochi passi prima di aprire la portiera della Lada bianca e avviare il motore.
Gesti comuni, gesti quotidiani.
Non quel mattino; Vladimir è padre da pochi giorni.
La moglie Nadezhda è insegnante in una scuola materna e nella primavera del 1986 è alle prese con i primi vagiti della loro piccola Natalya.
Sorseggia nuovamente il caffè chiudendo piano la finestra in modo da non svegliare le donne di casa.
Vicino la finestra un blocco di carta bianco e delle matite; Vladimir posa la tazza ed inizia a disegnare linee sul foglio senza staccare mai la matita. La lunga linea disegna una mamma stilizzata con in braccio un bambino.
Il collega e amico Petr qualche giorno prima ha chiesto al tenente Pravik un cambio che quella sera, il 25 aprile 1986, proprio aveva un impegno.
Il tenente aveva accettato la richiesta dell'amico cosicché a presidiare la caserma quella notte sarebbe stato lui; girò la.yesta verso la finestra, la caserma di Pry'pat' era un punto lontano nell'orizzonte.
Il mondo di allora diviso in due blocchi ben distinto e distanti nelle ideologie nella primavera del 1986 non sa ancora che il crollo di una delle due superpotenze, Usa e Urss, dista solamente un lustro. Il 25 dicbre del 1991 per l'esattezza l'Urss si scioglierà in una miriade di Stati indipendenti.
Negli anni '80 il mondo è ancora immerso nel clima e nelle trame della Guerra Fredda, nei sospetti di regime e nei segreti di stato, quegli stessi segreti che di li a poco avranno pesanti conseguenze sul mondo occidentale e non.
La municipalità di Pry'pat' è nella zona meridionale dell'Urss, ai confini fra l'attuale Ukraina e l'attuale Bielorussia, ora stati indipendenti, nel 1986 porte di confine fra l'Orso Sovietico e l'Europa.
È una municipalità sorta solo nel febbraio del 1970, costruita per ospitare circa trecento mila persone in grandi palazzoni tutti uguali, ugualmente grigi, intervallati da grandi viali, alberi e qualche parco. Per la festa del Primo Maggio, la festa dei lavoratori, a Pry'pat' si riempirà sicuramente il grande parco dei divertimenti, con la grande ruota panoramica che proprio quel giorno verrà inaugurata. Dalla sua sommità si potrà buttare lo sguardo oltre di distese di campi di grano che circondano la cittadina.
Vladimir dalla finestra di casa sua osserva gli operai, minuscoli punti neri simili a operose formiche, lavorare puntigliosamente per gli ultimi preparativi. Guarda Nadezhda e Natalya e si ripromette che tutti e tre saliranno sulla sommità della ruota ad osservare il mondo oltre i campi di grano.
Pry'pat' ospita una caserma militarizzata dei vigili del fuoco, la stessa dove presta servizio Vladimir Pravik dopo gli studi alla scuola tecnica dei vigili del fuoco di Cerkasy ed essersi laureato nel 1982 alla stessa scuola, appartenente al Ministero degli Affari Interni dell'URSS con il grado di tenente.
Negli anni della sua formazione professionale ha dato sfogo alle sue passioni, il disegno, la poesia, le foto, diventati grandi di pari passo alla sua storia d'amore con la giovane Nadezhda e radicatesi a Pry'pat'.
Nella caserma le squadre di intervento lavorano su tre turni per garantire laassima copertura alla centrale e al distretto in caso di emergenza.
Il distretto vicino si trova a pochi chilometri da Pry'pat', meno di cinque chilometri, si chiama Chernobyl.
Pry'pat'è una municipalità che ha una data di nascita ed una di morte: 27 aprile 1986.
La ricerca scientifica dell'impero sovietico da molti anni abbraccia la ricerca spaziale e la ricerca nucleare, figlie entrambe della situazione politica deflagrata dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale; un mondo ormai diviso a metà pronto ad allargarsi nel nome del binomio Usa-Urss nello spazio.
La ricerca nucleare, sfortunatamente anche a scopo bellico, ha fatto sì che in tanti paesi europei, industrializzati e non, sorgessero centrali apposite, fortunatamente tenuto sotto costante controllo.
A Chernobyl il 26 aprile 1986 l'impianto era composto da 4 reattori di tipologia RBMK-1000 (gli RBMK sono i reattori di grande potenza a canali), ciascuno da 1000 MWe di potenza elettrica lorda (925 MWe di potenza elettrica netta) e da 3200 MWth di potenza termica lorda, con barre di grafite per controllare e contenere qualsiasi aumento di potenza. Il nocciolo è raffreddato con acqua bollente e un complesso sistema di barre appunto, ne controlla il sistema d funzionamento.
Il collegano con la caserme di vigili del fuoco è continuo, abbinato a chiamante telefonico fra le strutture per certificare il corretto funzionamento della centrale e dei test per la sua sicurezza.
L'ombra grigia della centrale, più grigia dei palazzoni tutt'intorno, riempie il panorama che Vladimir e i suoi concittadini quotidianamente dalle loro finestre.
Nadezhda guarda Vladimir nei profondi occhi marroni mentre lo saluta.
La Lada bianca imbocca la strada verso la caserma per portare il tenente Pravik al turno di notte.
Passa di lato al parco divertimenti, vede la pista degli autoscontri, passa sotto la ruota panoramica in metallo, esce dalla città, osserva i campi di grano, le fattorie, il bestiame. Non c'è nulla di sbagliato nel panorama osservato, solo il profilo grigio dell centrale che sembra ruotare attorno ad ogni cosa osservata da tanto è grande.
Il tenente Pravik osserva il panorama mentre rallenta e parcheggia. L'aria è poco primaverile ma il primo pensiero di Vladimir va ai campi tutt'intorno fra qualche mese saranno tutti gialli.
"Siamo il granaio d'Europa", pensa.
Il tenente Pravik inizia il turno; alla centrale iniziano anche i test sulla sicurezza.
La sera è fresca attorno alla centrale, il tenente Pravik seduto nella sala controllo osserva la grande mappa plastificata e riempirla parete davanti a sé. Il grande reticolo di linee in realtà non è altro che lo scheletro della centrale nucleare; ogni linea corrisponde ad un corridoio, una sezione, ogni linea è punteggia da altri reticoli più piccoli composti da piccole lampadine bianche, spente. Tutte linee sulla grande mappa in questo caso convergono verso tanti centri, i reattori e i loro noccioli anche loro identificati sulla mappa da linee e lampadine.
I vigili del fuoco della caserma di Chernobyl controllano che tutte le lampadine siano spente e ci rimangano; si accendono solo con una loro regolarità preceduta da una telefonata dalla sicurezza della centrale stessa per annunciare l'inizio di un nuovo test.
Vladimir Pravik lascia la sala controllo per tornare nel suo ufficio.
Nadezhda chiude la finestra che adesso l'aria è troppo fresca, copre un pò di più la piccola Natalya, che dorme incurante dello sbalzo termico.
La giovane maestra si stende nel suo letto, osserva l'ora nella piccola sveglia sul comodino, è da poco il nuovo giorno, mancano poche ore al rientro del marito.
La sveglia dice che mancano pochi minuti all'una di notte.
Vladimir guarda l'orologio grigio appeso alla parete del suo ufficio, manca poco all'una, sicuramente Nadezdha e Natalya stanno dormendo.
È il momento di recarsi nuovamente davanti alla grande mappa, alla centrale i test sono già iniziati.
Pochi passi nel silenzio della notte portano il giovane tenente nella sala controllo.
Chiede al collega se va tutto bene, nota le luci che si accendono e velocemente si spengono; è una routine con cui inconsciamente è difficile dare d'accordo.
L'orologio alle spalle segna ore 1:20 de giorno 26 aprile 1986.
I tecnici della centrale nucleare avviano il test sulla sicurezza del reattore RBMK numero 4.
La simulazione di blackout inizia alle ore 1:21, una normale routine, qualche tasto da premere per spegnere e accendere nuovamente il reattore.
Nella sala controlli della caserma dei vigili fuoco la lampadina che segnala il reattore numero 4 si accende il tenente Pravik osserva e aspetta.
La simulazione di blackout non sembra andare a buon fine, il reattore diventa instabile, i tecnici osservano lo spegnimento del reattore e la successiva reazione catena che scaturisce.
Corrono al telefono collegato alla caserma.
Vladimir Pravik osserva preoccupato la lampadina rimanere accesa, un'altra se ne accende, tutte attorno al reattore numero 4.
Il telefono suona.
L'orologio segna le ore 1:22.
Il tecnico della centrale lancia l'allarme al centralinista della caserma, poche parole.
La reazione a catena seguita allo spegnimento del reattore innesca una serie di esplosioni all'interno della struttura che ospita il reattore numero 4.
Il vapore compresso fa saltare come un tappo la parte superiore della struttura che si issa nel cielo di Chernobyl assieme al bagliore che illumina la notte.
Tutti gli orologi segno le ore 1:23.
Nadezdha si sveglia di soprassalto, dalla finestra chiusa entrano bagliori di luce sinistra. Corre della piccola Natalya e la prende in braccio.
Il tenente Pravik ha ricevuto la telefonata e sta guidando i suoi uomini verso la centrale nucleare; l'incidente è visibile da lontano, il boato prima e il riverbero del fuoco illuminano ormai la regione.
Pry'pat' è alle spalle, Vladimir lo sa, spera che Nadezdha e Natalya non siano troppo spaventate, che corrano dai vicini se hanno bisogno di aiuto.
Il fumo è una coltre densa e inodore, si confonde con la notte. Mentre iniziano avvicinarsi al reattore squarciato con addosso la normale divisa Vladimir e i suoi uomini non si accorgono che una parte di quella nube che si confonde con la notte sta ricadendo al suolo, in un'area vastissima. La manichette riversano sul reattore litri di acqua ma non bastano, non bastano gli uomini di Pravik. Iniziano ad arrivare vigili del fuoco da tutta la regione. Il fuoco porta con sé una colata di materiale radioattivo che col tempo si solidificherà dando vita ad una scultura informe.
Nadezdha e la piccola sono scese in strada con tutti i vicini. Sono quasi le due di notte e nessuno a Pry'pat' dorme più. Il bagliore che arriva dalla centrale nucleare si mescola ad un certo punto alle sirene della polizia e dei soldati accorsi per invitare tutti i gradini rientrare nelle proprie abitazioni. Nessuno sa ancora auto quell'aria fresca sia velenosa.
Piove, gocce sottili che pungono. Tutti gli uomini impegnati a spegnere l'incendio sentono sul viso quelle gocce affilate.
Quasi che andassero dentro i loro corpi.
Vladimir si asciuga una guancia.
Nadezdha guarda dalla finestra il bagliore enorme alla centrale, ripensa a quel boato improvviso, stringe a sé la piccola Natalya che ora dorme nuovamente. Si asciuga in silenzio una lacrima.
Il tappo del reattore ricade nei terreni circostanti assieme al materiale radioattivo fiorito dal reattore.
Il fuoco è lento da domare, arrivano i cambi assieme all'alba. Arrivano anche numerose camionette militari. La zona attorno a Chernobyl è interdetta chiunque fin da subito.
Vladimir e le squadre che sono intervenute nei primi momenti dell'emergenza rientrano nelle caserme di appartenenza.
Non rientrerà quasi nessuno a casa; malori improvvisi, nausea, vomito, capogiri, sangue, tutto all'improvviso, immediatamente dopo l'intervento.
Anche il tenente Pravik è colpito da avvelenamento radioattivo e trasportato subito all'ospedale, prima a Pry'pat' poi a Mosca.
Tutto gli abitanti della cittadina il giorno seguente vengono fatti sgomberare dalle loro case, da Pry'pat', da Chernobyl, da tutta la regione colpita dal disastro della centrale.
Tutt'intorno a loro i cittadini di Pry'pat', 336 Milà persone, hanno visto arrivare camion, pullman, mezzi militari. Agli occhi del mondo intero tutto quello era successo nel reattore numero 4 doveva rimanere confinato in quei dieci chilometri di Urss.
Nadezhda con una valigia e la piccola Natalya in braccio ha attraversato le strade ucraine verso una nuova destinazione, sicura per ordine dello stato. Lo stesso stato che ha riempito nei giorni a seguire la zona attorno a Chernobyl di volontari, liquidatori di stato, per uscire dalla catastrofe, pedine inconsapevoli del disastro in corso, male equipaggiati, scarsamente preparati, come se il disastro certificasse il crollo dell'impero sovietico.
La nube tossica silenziosa ed enorme continuò a spostarsi in quell'angolo di mondo arrivando ad Est sulla vegetazione del Nord America, ad Ovest entrando silenziosa e venefica in Scandinavia, nell'Europa Orientale, in Italia, Francia, Austria, Svizzera, Germania, sui Balcani.
Bloccò il tempo nel "granaio d'Europa", lasciando animali e campi a loro stessi, a fare i conti solo con il passare del tempo. Fermò in tristi fermo immagine fattorie, case, scuole che mai più sarebbero state occupate, vissute.
Nadezhda poté rivedere il suo Vladimir giorni dopo, a Mosca, all'ospedale numero 6.
Il reattore numero 4 venne spento e racchiuso con il suo contenuto di morte in uno scafandro di cemento in modo da nascondere a tutti la sua verità.
E dopo la fuga dalla città, le morti, le vite lasciate a metà; morirono tutti i militari, i vigili del fuoco, i tecnici che per primi furono trafitti da quella pioggia innaturale.
Il tenente Vladimir Pravik morì l'11 maggio 1986, con la pelle annerita dalle radiazioni, con gli occhi marroni diventati innaturalmente blu.
Pry'pat' morì ufficialmente il 27 aprile 1986.
Il mondo occidentale perse una certa leggerezza la notte del 26 aprile 1986.
Restano le medaglie al valore, le statue, i monumenti agli Eroi, loro malgrado e a loro insaputa.
Restano resti di città e paesi fantasma, orfani di padri e vita.
Uno scafandro di cemento a sigillare materiale radioattivo e le spoglie dell'Urss e lo scheletro arrugginito della ruota panoramica.
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