Caffè con la "cremetta"

"Vedi, non è difficile, devi solo imparare a fare le giuste proporzioni fra il caffè e lo zucchero."
Ascolto ogni parola, prendo mentalmente nota. So che in futuro mi servirà ricordarle.
Il tempo è passato forse un po' troppo veloce, sul ripiano della dispensa ora ho una macchina per il caffè, di quelle "di design" che erogano il caffè utilizzando le capsule, di quelle senza lancia per il vapore che ora pure il latte per il cappuccino è erogato da una capsula.
"Beviamo il caffè?"
Più che la domanda fine a se stesso è la prassi che lo richiede, pranzo, cena o pausa di metà giornata.
Chiedo a mio figlio se me lo prepara, lui si alza veloce in un misto divertente di ubbidienza e smania di fare, il cui confine tutt'ora non mi è chiaro. Ormai sa tutta la procedura, un passo dopo l'altro.
L'omino coi baffi è scolorito, ma non ha una tonalità opaca, anzi; il tempo lo ha abbronzato, cotto. Si, cotto è la parola giusta. La mamma ha acceso il gas sulla piastra più larga del fornello perché la caffettiera è da sei, grande quindi.
Mi siedo in un angolo dove non intralcio, a metà strada fra il tavolo e il fornello. Mia madre si asciuga le mani sul grembiule e apre la madia in legno scuro; non apre le ante più in basso, quelle piene di pentole e piatti ma le ante della vetrina, quelle che hanno piccole finestre di legno fumé. Osservo la fiamma azzurra cuocere letteralmente il manico in plastica nero della caffettiera, così lungo che alla sua estremità inferiore è apparsa quella che a me sembra una piccola goccia nera, quasi avesse caldo e sudasse. Il tempo mi svelerà che tutte le caffettiere di tutte le mamme italiane col passare degli anni "piangevano" gocce così nere. Anche adesso che son passati tanti anni si vedono caffettiera con il manico colato, bruciato da fiamme troppo violente, quasi si avesse fretta di fare bollire il caffè.
"Non è ancora pronto, vedi?"
Io ho fretta che il lavoro incombe ma mio figlio mi riporta alla calma; indica con l'indice la luce rossa sulla macchinetta. 
"Se lampeggia e non è verde, devi aspettare ancora un po'!"
Sorrido.
Ha preso nota mentalmente pure lui dei miei insegnamenti e giustamente ora me lo fa notare. Del resto, quando è solo a casa gli ho insegnato a usare la cialda di cioccolato solubile e dimostra già una buona autonomia.
La tazza è nera, satinata, più larga della tazzina da caffè tradizionale, ma a me piace aggiungere tanto latte e la quantità alla fine mi soddisfa sempre.
La tazza ha dei disegni con quello che si vende come oro zecchino, vernice acrilica semplicemente dorata. Sono piccoli fiori viola su sfondo bianco, la mamma ne mette due sul tavolo e da dietro tutto il servizio buono ne afferra una leggermente più grande, da cappuccino oggi direi, priva del manico, al posto del quale ha due tristi moncherini di ceramica un po' più scura.
"Se la caffettiera è da sei persone devi mettere dodici cucchiai di zucchero, ricordati!"
Toglie il coperchio alla zuccheriera e versa nella tazza con i moncherini la dozzina di cucchiai di zucchero. 
Ripone la zuccheriera e rimane il tempo di un istante ad aspettare. Mi chiedo cosa in silenzio, osservandola.
Il rumore è quasi impercettibile, preceduto appena da uno sbuffo, quando il beccuccio dell'erogatore fora la parte superiore della capsula. Il mio caffè è pronto. Denis me lo porta sorreggendo con le due mani il piattino quasi ad aver paura di fare cadere il frutto del suo lavoro.
"Ecco, ti ho messo anche un biscottino così ti sembra di essere al bar."
Rido divertito, chissà che non anni già bene in mente parte del suo futuro. 
Lo osservo che torna ai giochi, ai cartoni animati, come è giusto che sia.
Il rumore inizia con un sibilo seguito da un borbottio. La mamma alza il coperchio della caffettiera e prende con un cucchiaino le prime gocce di caffè.
"Devi prendere solo le prime, quelle più saporite."
Le versa nella tazza coi moncherini ed inizia a mescolare velocemente il contenuto. Mescola con foga per pochi istanti.
"Ricordati di mescolate velocemente, sempre dal basso verso l'alto così tutta l'aria fra i granelli di zucchero se ne va e otterrai una crema più densa."
Ripone tazza e cucchiaino e prende la caffettiera. Versa un po' del suo contenuto in ognuna delle due tazzine pronte; si gira e dopo aver risposto la caffettiera dalla tazza più grande mette un cucchiaino di quella crema in ogni tazza.
Mi avvicino incuriosito, voglio vedere cosa accade. Accade che sulla superficie scura del liquido compare una crema nocciola, densa, profumata.
"Ecco, vai a chiamare il papà che il caffè è pronto."
"Denis, ora vado al lavoro, domani però ti insegno come faceva il caffè macchiato la nonna!"
Acconsente facendomi uno strano e divertito saluto militare, è d'accordo.
Il papà beve  suo caffè macchiato come al bar, prima delle cialde e delle capsule.

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