La rosa e il Piccolo Principe

Passata un po' in silenzio, quasi sommessamente, domenica 9 maggio 2021 a Strasburgo nelle belle sale dell'emiciclo dell'Europarlamento si è tenuta la Conferenza per il Futuro dell'Europa.
Strasburgo e l'Alsazia hanno riaperto dopo più di un anno di chiusura obbligatoria dovuta al Covid (tutti i lavori marchiati UE erano stati dirottati a Bruxelles) e già questo rappresenta un piccolo passo in avanti per il futuro di questa Europa che dopo più di un anno di dura convivenza con il virus non presenta proprio un ottimo stato di salute politico.
Alla Conferenza per il Futuro erano presenti una tedesca, la presidente della Commissione Europea Von der Leyen, un francese, il "padrone di casa" Emmanuel Macron, un italiano, Sassoli presidente dell'Europarlamento e un portoghese, Costa presidente UE di turno. Già così ci sono le basi per una barzelletta, pur parlando di cose serie ovviamente.
L'esordio dei lavori della Conferenza spetta alla presidente Von der Leyen, ancorata forse oltremodo al vecchio concetto di Europa Unita, di quell'unica nazione che rappresentava il concetto stesso di unione. Belle le parole usate, citando anche Antoine de Saint-Exupéry e la sua bellezza sul mestiere bello di unire gli uomini, ma nell'Europa odierna, quella che tiene ferma al palo economie, generazioni, salute, siamo un po' tutti come la rosa del Piccolo Principe; lentamente aspettiamo nonostante i proclami di un futuro migliore, giovane e verde e sicuro, ricco finanche, ma più di una lettera non arriva e rischiamo di perdere petali e vita.
Il concetto, esternato anche dagli altri interventi, è solidarietà, gioventù, green e futuro. Le parole più belle usate e usurate dal tempo, da antichi giochi politici, fumo negli occhi o specchietto per le allodole fate voi, per gli euro elettori sempre pronti ad ascoltare le voci che arrivano da Strasburgo o Bruxelles,anche se all'interno di esse si nascondono razzismi, invidie, giochi di potere, ostruzioni e opposizioni. Ci sono, radicate in tutti gli stati membri, marcati magari in quella fascia geopolitica sempre un po' precaria a ridosso dei Balcani, ma che arriva fino a noi, dove i concetti di giovani, green e solidarietà sono forse un po' troppo stridenti con la realtà. Tutte le cariche, alte e altissime presenti a Strasburgo hanno puntato forte sul fatto che il Futuro del Continente passa per i giovani forse dimenticandosi o non tenendo presente che l'economia traballa, la crisi pandemica si è riversata sulle categorie più fragili, studenti e apprendisti, stagisti vogliosi di iniziare ad essere almeno in parte indipendenti. La pandemia lunga costretti a casa, a studiare i più fortunati, a vegetare quelli che sono in mezzo al guado, post diploma e pronti per il lavoro, che non c'è. Li ha posti anche in fondo alla campagna vaccinale che non li considera né fragili, né a rischio, né a questo punto indispensabili (come per altro tantissime altre categorie professionali che si svolgono letteralmente "in mezzo alla gente", spesso indisciplinata). Il Futuro che deve sorridere all'Europa, la presidente Von der Leyen confesso quando parla a volte suscita tenerezza, incentrato sui giovani, sulle nuove tecnologie, sulle nuove economie, sul verde (per inciso, idee condivisibili e positive, ma sbagliate per il periodo storico in cui ci troviamo) è un'utopia grigia che passa sopra ai giovani, alla loro crescita professionale, sorvolando a piè pari quel concetto tanti caro al presidente Sassoli.
Se qualcosa abbiamo potuto capire dell'Europa, lontanissima dalla sua idea primordiale, è che non c'è in molti stati membri il concetto di solidarietà, specie nel momento del bisogno, coperto da veli di veti, ostruzioni, polemiche (il Recovery Find in questo senso, con il suo carrozzone di voci e vocianti, di campanilismi è una spia preoccupante), un'ottica non propriamente rosea una volta superata la pandemia è la guerra intestina e non scatenata dai vaccini e dai loro approvvigionamenti (le polemiche interne alla UE sono ricordi ancora vivi). Ecco, in questo marasma di "cose che non funzionano bene" incastonare il nostro futuro diventa gioco di equilibrio difficile. Diventa difficile perché non si considera il peso dei destinatari del messaggio; si pensa che il giovane debba studiare e finito quello, lavorare, accettando quello che trova, fingendo di non sapere che spesso si tratterà di una istruzione gestita male, figlia di compromessi e favoritismi (accade in buona parte degli atenei, purtroppo), del lavoro sottopagato e male formato, quasi che il più fosse apporre la firma sul contratto capestro. 
L'UE non perde tempo a chiedersi come tracciare il cammino ad un giovane, fin dai primi passi nel mondo scolastico, come fornire allo stesso gli aiuti necessari (che oltre che materiali devono essere formativi, culturali, educativi) per quel dopo che si chiama Futuro, che è stupendo da pensare e promettere ma che ad oggi non sappiamo garantire. Non lo possiamo fare perché abbiamo creato una generazione "di mezzo", privata del rapporto umano, costretta all'uso del PC, dello smartphone, quando dall'altro versante con il Futuro si promette di usare meno gli apparecchi, i device più inquinanti. Quando si promette che il lavoro sarà green e tecnologico. Tutto insieme nello stesso calderone scordando quello che è davvero importante, che i giovani sono persone, non meno dei loro padri e dei loro nonni, che hanno diritto di essere presi per mano almeno fino a metà del cammino, non lasciato soli nelle frasi di un discorso politico.
Se ci fermiamo alle frasi di Strasburgo nessuna rosa verrà raggiunta dal Piccolo Principe.







Commenti