Quanto possono essere lunghi 100 metri? 2,37 metri verso l'alto, 9"80 di velocità.
A 12'31" minuti di distanza.
Facile.
L'Olimpiade di Tokyo 2020 nel 2021 a me piace, molto. Mi piace, perché ne ho la possibilità ovviamente, la "levataccia" in piena notte per godermi i miei connazionali impegnati nelle varie discipline. Il gioire per una medaglia e l'imprecare silenzioso e notturno per alcune sconfitte, del resto anche questo è lo sport.
È un'edizione dei giochi molto strana, anomala, priva di pubblico, dei cori, anche degli sfottò perché no, però è anche una edizione che per noi italiani rimarrà nella storia sportiva. Nel pieno dell'emendamento Covid quella che sembrava essere una Olimpiade persa, un'occasione mancata per tanti atleti si è dimostrata un anno dopo la migliore delle edizioni possibili, così come era capitato agli azzurri del calcio, freschi Campioni d'Europa.
Dicevo che questa edizione mi piace, che il collegamento in notturna mi ricorda Seoul 1988, Corea del Sud, anche lì la TV sintonizzata nottetempo sui canali Rai ovviamente, Giochi per me legati alla prima estate al lavoro, l'inizio di una nuova parte di vita.
L'appassionato di sport "colleziona" avvenimenti che lega inevitabilmente agli episodi salienti della propria vita, non c'è competizione che si salvi. Chi è "a tanto così" dai cinquant'anni sa che anche per il rag. Fantozzi Ugo era così (spiegava di essere abituato a perdere nella vita citando in ordine sparso Guerre Mondiali, Mondiali ed Olimpiadi). È un gioco che poco centra con i numeri reali delle competizioni ma che aiuta; il pugno teso a brandire l'aria del salotto davanti la TV, l'urlo scomposto dei figli, la bestemmia strozzata per una sconfitta mal digerita.
La vita dell'appassionato sportivo è ricca di episodi misti, come le staffette del nuoto o il doppio nel tennis.
È capitato anche nel primo pomeriggio di domenica 1 agosto 2021, durante la diretta delle finali di atletica leggera da Tokyo 2020 nel 2021, più precisamente per due finali che hanno visti gli atleti azzurri vincere un oro che nelle due discipline in questione non avrei mai immaginato che l'Italia potesse vincere, o rivincere.
Il dopo pranzo della domenica ha avuto un sapore dolce, dorato e le braccia al cielo domestiche che allo stadio sono mancate.
100 metri, finale fino a domenica erano un territorio inesplorato per i nostri atleti. Anni di dominio americano, inglese, giamaicano e noi a fare quasi sempre tranne poche eccezioni continentali (Mennea fu oro agli Europei, oro olimpico come Berruti nei 200 metri).
Salto in alto, finale che ci ha visto nuovamente finalisti dai tempi dorati per noi della Guerra fredda, di Sara Simeoni oro a Mosca 1980 ( argento poi a Los Angeles 1984).
Ad inseguire il podio prima ancora che la vittoria due dei rappresentanti "della nostra meglio gioventù", due atleti amici fra loro e amici di tutti gli avversari come ampiamente testimoniato dai servizi per e post gare.
Le due gare si sono svolte a poco tempo uno dall'altra quindi con gli atleti finalisti nelle due discipline ad assistere alle rispettive gare.
Poco, pochissimo tempo di distanza una dall'altra, appena 12 minuti ne 31 secondi, un tempo piccolo per misurare spazio e velopista.
Prima c'è il tempo per accompagnare Gianmarco Tamberi in quei salti che aspetta da cinque anni, noi con lui, solo un pò ammaccato dagli infortuni. La finale è chiusa a pari punti con l'atleta qatariota, Mutaz Essa Barshim, che in questa italiana domenica pomeriggio è il suo rivale ma che nella vita di sempre è il collega e l'amico che per infortunio si è visto negare la partecipazione a Rio 2016, esattamente come Tamberi.
E che ci sia una certa complicità, una condivisione di momenti bui lo si vede alla fine della gara quando a 2 metri 37 centimetri e a salti esauriti i due sono appaiati. Regolamento alla mano c'è la possibilità di spareggiare, continuare a saltare a ritroso, abbassando via via l'asticella. I due ragazzi si abbracciano, parlano fra loro, il giudice parla, si intuisce dalla TV, a casa il tifo è da stadio, quello che manca agli atleti in pista.
Ci saranno fuori, due atleti che hanno saltato nello spazio dello stadio sono atterrati vincitori. Giusto così perché l'abbraccio che ci hanno regalato era più di una medaglia d'oro. Gianmarco esulta, salta, piange, rincorre e abbraccia Essa Barshim, si copre con il Tricolore. E si ferma sulla pista, all'altezza della prima curva sul lato destro dell'inquadratura delle telecamere.
Poco metri più in là, sul lato opposto dell'inquadratura che lo sfuma, lo lascia lì, altri atleti stanno preparando la loro finale. Sono setta di tutti, della storia dello sforzo che andranno a compiere, gli uomini più veloci del mondo. Sono in questa edizione a cinque anni da quella di Rio 2016 gli eredi del giamaicano Usain Bolt, dominatore delle distanze veloci, ora ritiratosi. È domenica pomeriggio, il sole va e viene mentre a Tokyo il cielo si è fatto buio.
In corsia due c'è l'atleta italiano, un armadio che scappa via come dimostrano il record italiano e quello europeo fatti registrare nelle batterie di qualificazione alla finale.
Ironia della sorte alla sua destra, nella corso tre c'è il velocista britannico che sarà squalificato per falsa partenza a conferma che per i britannici agonisticamente parlando è una estate difficile.
Il secondo sparo è quello buono, a casa non vola una mosca, ferma pure lei seguire l'italiano Lamont Marcel Jacobs, poliziotto di Desenzano del Garda. L'unico rumore in questo piccoli spazio di comica pomeriggio è il commento da ultras dei commentatori che accompagnano Jacobs fino al filo di lana, superato allargando il petto già enorme. È oro, Lamone guarda a destra sa che è davanti a tutti, rallenta in prossimità della curva, si batte il petto e ride, fiero e divertito. Davanti a lui a braccia aperte lo aspetta Tamberi, amico e capitano della nazionale di atletica, ancora avvolto nel Tricolore. Lo abbraccia, si abbracciano, la festa è festa doppia. I cronisti per un pò mi ricordano i cronisti sudamericani degli incontri calcistici. Giusto così, anche casa mia pare la Torcida, anche in un pomeriggio d'agosto altrimenti pigro e lento.
Lamont è stato una freccia, 45 passo in 9 secondi e ottanta; movimento e tempo necessari per afferrare l'oro più bello.
Non ho ricordi personali dì un pomeriggio come questo, di un doppio oro così coinvolgente e divertente.
Non ho ricordi di un'estate così azzurra, italiana.
E il lunedì porta un argento pesante, dorato, quello della ginnasta Vanessa Ferrari. Medaglia che la ripaga di infortuni e momenti negativi. Siamo italiani che diamine, le cose le sappiamo fare bene. Lo stiamo dimostrando.
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