La protesta a nord-est

Udine è una città tranquilla, a misura d'uomo come si usa dire per quantificare la qualità della vita delle nostre cittadine. La maggior parte degli italiani non sa bene dove sia, forse ad est, forse vicina a Venezia. Forse. 
Sicuramente la conoscono i calciofili per via delle gesta sportive dell'Udinese Calcio, una delle società calcistiche più vecchie d'Italia, onesta protagonista della nostrana Serie A.
Altrettanto sicuramente la conosce ogni persona di sesso maschile che abbia avuto l'obbligo, talvolta il piacere, di incrociarla durante i propri obblighi di leva militare.
Bene. Un po' poco in realtà.
Udine è un reticolo di vie sovrastate da un colle morenico alla cui sommità vi è il Castello cittadino, i Musei Civici (casa di opere del Tiepolo e pare, notizia recente, anche di un Caravaggio) e sulla cui vetta sventola la bandiera bianconera della città.
Ci trovi spesso nuclei famigliari, studenti (città universitaria), amici, professionisti, tutti a stretto contatto di gomito, per le vie in falsopiano della cittadina, sotto gli ampi porticati che ne definiscono la silhouette un po' asburgica e un po' veneziana, che alla propria storia non si scappa.
Li trovi ogni giorno, nella placida routine friulana. Anche in questo sabato pomeriggio autunnale che il sole cade giù più veloce e allunga di un po' le ombre; anche in un sabato, l'ennesimo, in cui lo stesso reticolo di vie verrà percorso in un unico serpentone da manifestanti "No Green Pass-No Vax" e appassionati dello shopping, fra vetrine e bar-salottini in egual misura. Ecco, in egual misura.
Sono seduto al bar che aspetto qualcosa da bere, ho una pausa veloce e il bar all'uscita del negozio è il toccasana che cercavo. Mi siedo al solito tavolo quasi all'angolo, con vista sia su chi entra nel locale che sulla strada. Antico vezzo di un antico mestiere ma che mi piace nonostante i cambiamenti, conservare.
La sera è autunnale, soffia il Borino, vento freddo che le vie e le viuzze strette riescono in parte a contenere. Saluto persone apparentemente a caso, in realtà sono per lo più clienti del negozio con figli, partner, amici al seguito, in libera uscita per lo shopping del sabato. 
È bello questo di Udine, lo shopping in centro città, vie strette, gruppi, persone, tavolini dei bar finalmente pieni (onestamente è un bel vedere che una città vuota fa male), chiacchiere in libertà. Poco più in là, la vedo dal mio tavolino c'è la piazza, esattamente dove i portici finiscono. C'è piazza San Giacomo, già Piazza Matteotti, già Piazza delle Erbe. Già, viene da dire e l'ho pensato pure io appena toccato il plateatico della stessa piazza venti e più anni fa: tre toponimi diversi per la stessa piazza, in fondo sempre ferma lì, fedele nei secoli.
Seduto al mio tavolino senti prima ancora di vedere, i cori e i fischietti dei manifestanti che mi vengono incontro dalla stessa piazza appena citata. È un corteo conosciuto ormai, settimanale, preceduto e seguito da una volante pigra della polizia, che sorveglia, di più per fortuna non viene chiesto.
È un serpentone misto, di umanità varia; vedo famiglie, pensionati, avvocati e operai. Protestano, ecco, protestano anche ad Udine, anche se chi abita fuori regione non ci crede. Protestano, fischiano, soffiano il dissenso nei fischietti, battendo le mani sui cartelloni e salutano. Si salutano, me, il mio vicino, il titolare del negozio o del mare, e noi ricambiamo, senza aggiungere altro. Al termine torneranno al tavolino del bar con noi, allo shopping, nulla di più, nulla di meno. Si riprendono la vita di prima senza chiasso e gesta sopra le righe.
A dire il vero di proteste che hanno fatto scalpore qui ad Udine si ricorda solo il cartellone "o Zico o Austria" in cui negli anni '80 la città salì agli onori della cronaca per una minacciata secessione, e successiva minaccia di annessione ai vicini austriaci. Piazza Libertà si riempì di tifosi ululanti, inneggianti a Zico, stella del calcio brasiliano, all'Udinese e alla ventilata decisione di abbandonare i confini italiani. Poi più nulla, solo lavoro, qualche sciopero e tanti avvenimenti leggeri che hanno riempito il terrapieno dedicato ai caduti ai piedi del Castello e la Loggia del Lionello, porticato in stile Serenissima, piccolo gioiello cittadino.
Il corteo si dipana lungo il centro storico, verso il Duomo e verso l'altro lato della galleria. Vedo bambini sorridenti in mezzo allo stesso corteo, alcuni mi riconoscono e mi salutano alzando la mano, sorridendo da sopra la mascherina. Ricambio, sorridi, sorseggio la mia spremuta, ascolto i cori, la voglia di libertà, i fischietti.
È un cordone multicolore, quasi allegro che riempie la città fino a sparire fra portici, osterie per l'aperitivo e il rientro a casa, senza recare danno alla città. Come giusto che sia. 
Mi alzo, pago e rientro che la pausa è finita. Il sole ha lasciato definitivamente spazio al buio, alla sera che sta per cominciare. Poche ore e il mio turno sarà finito.
I "No Green Pass" e i "No Vax" hanno sfilato più che protestato, pacificamente, senza danno a cose o persone.
Perché così si fa, perché così è giusto che sia e perché così la voce della protesta arriva in maniera più democratica.
Qui, dove tanti connazionali non sanno tracciare i confini, dove il territorio crea naturalmente un'atmosfera intima, quasi ovattata, si protesta senza superar la linea della legalità. 
Qui, non altrove, dove la protesta per l'obbligo del Green Pass diventa inevitabilmente politica e politicizzata. Altrove, dove i nostalgici di altri tempi sfruttano la protesta per consensi che difficilmente potranno avere.
Non qui, dove Zico alla fine arrivò davvero e Udine tornò ad essere solamente città di leva militare e poco altro.















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