Tutti i colori di un mattino

Chiudo gli occhi solo un attimo prima che il riverbero del sole alle mie spalle dipinga di rosa le montagne davanti. L'alba che arriva dopo il primo vero giorno autunnale ha un sapore freddo, quasi di inverno improvviso.
Attivo la mia giornata scorrendo le news e riflettendo insieme sui cambiamenti in corso d'opera nel mondo circostante, quello di tutti i giorni, che sia lavoro, casa o tempo libero. Ogni cosa che mi riguarda, in prima persona o legata agli affetti più cari, cambierà di qualcosa, di poco o tanto la quantità temo la quantificheranno le singole situazioni di vita. 
L'attenzione cade sulle elezioni amministrative che inevitabilmente portano con loro strascichi polemici in egual misura, fra chi ne è uscito vincitore e chi no. Un monotono déjà-vu che mi fa tenere alzata la soglia dell'attenzione sui prossimi ballottaggi, almeno quelli che riguardano le grandi città, Torino e Roma. Sulle polemiche striscianti fra chi vince e chi perde.
Polemiche così stucchevoli che rischiano di rovinare l'inizio della giornata. Meglio passare oltre, ma oltre non è che sia molto gliore di dove ero prima.
Proprio sulla scorta delle polemiche elettorali c'è la polemica sugli scoop giornalistici, su chi farà le proprie fila schieri presunti fascista (già), estremisti, disonesti in generale. Un affresco della politica diventata carrozzone, corrotta e corruttibile, almeno stando ai primi sussurri a ridosso del voto.
Osservo un piccione fermo sul cornicione. Ha freddo pure lui ma non ha il caffè per scaldarsi; lo osservo immobile, quasi rannicchiato su se stesso mentre le montagne davanti a me hanno il loro colore naturale, senza più traccia di rosa.
I colori scopro che fanno male anche a chi vota persi, contrariati in polemiche rosse, nere, di partito o appartenenza.
E allora vado ancora un po' avanti, cercando di scappare dalla giostra dei colori che l'informazione odierna mi sta propinando. Scorro poche pagine, il colore divente verde, come il pass necessario per riprendere la vita di tutti i giorni. Leggo, penso alle puntuali manifestazioni che ogni sabato arrivano fin sulla soglia del negozio dove lavoro.
Il piccione è fermo sul cornicione, raggiunto da un altro volatile.
Stavolta è un verde che mi dà fastidio, perché non parla dei punti di visto, diversi, personali, legittimi, no. Stavolta parla di un verde che diventa rosso e forse nero. Di lacrimogeni, di una città, Roma, in mano alla rivolta, che non capisci guidata e fomentata da chi. Il nero e il rosso mi stanno avvelenando il caffè, preferisco grattarmi il mento e finire il caffè. Mi preparo ad uscire, farà freddo ma darò un nuovo colore, magari blu, alla giornata.
I due piccioni non ci sono più, chissà che non abbiano deciso di vedere luoghi decisamente più confortevoli.



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