Il Bar dello Sport

I videogames modello arcade, grandi cassoni colorati con al centro uno schermo video, li trovavi sempre nell'angolo più nascosto del locale, spesso nel corridoio appena prima delle toilette. Isolati dagli altri spazi, quasi a impedire che l'assembramento di adolescenti risultasse molesto per l'altra parte del bar. Ed invece anche quell'assembramento era parte del locale eccome. E il locale in questione non era solo un esercizio pubblico, no, il Bar Sport era il ritrovo del paese, uno spaccato della sua realtà. Spesso il locale aveva due ingressi, opposti uno all'altro, entrando dai quali la prima cosa che potevi notare era il bancone; un misto di marmo e legno con dietro le mensole a specchio, grandi, piene di bicchieri e bottiglie di alcolici e superalcolici. Dietro il bancone più del barista si poteva notare la grande macchina da caffè, "che dava le spalle al cliente" con il grande spazio superiore pieno di tazzine bianche di ceramica spessa. E poi i tavoli, apparentemente disposti a caso anche se a caso non erano. Osservando con più attenzione, dall'angolo dei videogiochi lo si notava meglio; i tavoli così disposti disegnavano delle zone specifiche, quasi delle salette. I tavoli più distanti dagli ingressi, sovente al lato del bancone, erano quelli destinati al gioco delle carte, madrassa, briscola, ramino, crogiolo di espressionu blasfeme ed insulti anche ai parenti più prossimi. Giochi per persone di una certa età che osservavo senza capire bene, dal mio angolo con in mano le dieci monete da cento lire con cui potevo giocare un pomeriggio intero. Ogni tanto alle carte ci giocava anche il mio papà, quasi sempre il sabato e la domenica. Gli altri tavoli, quelli davanti al bancone, quasi a ridosso degli ingressi erano per gli avventori comuni, quelli di tutti i giorni, quelli che erano spesso le signore del paese, vestite "di festa" la domenica dopo la messa, il gruppo dei pensionati intenti a discutere di politica, motori e poco di donne. C'erano certe volte tavoli occupati dalle mamme reduci dall'aver accompagnato i figli a scuola, a calcio, a qualsivoglia impegno. Era un microcosmo perfetto, con i suoi equilibri, i suoi spazi e i suoi ritmi. Il lunedì era però il giorno in cui mi divertivo di più; era il giorno della ripresa del lavoro, della scuola e il pomeriggio c'era più spazio per noi che di anni ne avevamo ancora pochi. E il lunedì c'era lo spazio per osservare bene la quotidianità del Bar dello sport; l'ora del caffè, dello spritz, del Cynar o del Campari, dei bicchieri da alcolico lunghi e stretti con un fondo spesso e una sottile riga in trasparenza ad indicare la quantità corretta da versare. Era anche il giorno in cui carpire qualche segreto del gioco delle carte, di come scartare un asso o chiamare la giocata al compagno. Soprattutto il lunedì si parlava di calcio, non solo "quello vero di serie A" ma anche quello che riguardava direttamente la squadra dl paese, in perenne altalena fra le ultime categorie dilettantistiche, anche se in fondo ai presenti non importava proprio la categoria e il commento a quanto visto sul campo di gioco il giorno prima era di vitale importanza. E a fasce orarie la discussione teneva banco tutto il giorno, fin dal mattino. Da quando il barista riempiva l'espositore delle brioches (la scelta era fra quelle con la marmellata e quelle vuote, semplicemente; per tutto il resto dei gusti c'erano le brioches confezionate senza possibilità di scelta) e iniziava a servire caffè e cappuccini. Iniziava con il solito pensionato, sempre quello solitamente, quello che aveva più tempo libero, che prendeva il giornale locale, aprendolo sulla pagina sportiva, e togliendo dal muro la lavagnetta con le lettere colorate gialle, bianche e rosse, che aveva uno sfondo nero rivestito di uno strato di velluto. La posava sul tavolino in attesa del caffè che sarebbe durato tutta la mattinata e toglieva tutte le lettere per ricomporre risultati e classifica con pazienza certosina. Terminato il lavoro riappendeva la lavagna alla colonna posta in mezzo al locale, a fianco di un'altra uguale elencante il listino prezzi. Ecco forse più di tutte le altre cose, dei profumi, dell'odore del tabacco e del caffè mescolati assieme, queste due lavagne sono il ricordo più bello del mio Bar dello Sport. Un luogo ideale che uguale ad allora non esiste più. Rivedere per caso una lavagnetta ha aperto il cassetto dei ricordi.




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