Il sabato del villaggio

Sabato post Black Friday, centro città. Ormai è buio, si cammina un po'più svelti per recuperare il rientro a casa, auto, bicicletta, mezzo pubblico che sia. La Galleria è affollata, il vigilante fa il suo lavoro, vigila, i negozi come me lavorano. Natale venti ventuno come ormai è prassi citare l'anno in corso è vicino, troppo.
È però anche un sabato di vigilia; da lunedì la regione, Friuli Venezia Giulia, entrerà in zona gialla e non è assolutamente una novità né tantomeno ingiusto, e dallo stesso lunedì alcuni Paesi chiuderanno per un nuovo natalizio lockdown. Osservo i turisti, parlo poco oggi italiano, le cadenze sono decisamente mitteleuropee e slave. Il lockdown li chiuderà in casa in pieno Avvento, logico che oggi e domani lo shopping sarà tricolore, incentrato sul Natale.
È buio e piove, quelle piogge sottili e fredde che ti fanno capire che l'autunno scivola veloce verso l'inverno.
All'ora dell'aperitivo la Galleria riverbera di luci blu, lampi sul tetto di vetrocemento. E di fischietti e tamburi. Esco, io e i colleghi dei negozi vicini. C'è un corteo, il solito ormai. Il camion che li precede segue l'auto delle forze dell'ordine a passo d'uomo, sul cassone aperto c'è una brutta copia di un capobranco che arringa la folla di seguaci e quanti si trovano, tanti, nel loro passaggio. Sono scortati da lontano da forze dell'ordine miste in tenuta da sommossa, noto con una collega che questa volta sono più numerose delle altre. Conveniamo che forse è il caso che sia così.
È l'ennesima sfilata di chi protesta perché contrario al Green Pass, prossimamente come già detto in altro post nella sua vera Super, e non vuol proprio smuoversi dalla propria posizione di vittima sacrificale. 
In giro per l'Italia questo tipo di manifestazioni ha creato danni materiali ed economici a persone, attività, strutture. Finora ad Udine non si è registrato nessuna aggressione ma osservando questa manifestazione mi convinco che il riverbero blu lampeggiante sarà una costante, anche se i prefetti vorrebbero tenere questi cortei lontani dai centri storici. 
Il discorso a questo punto si amplia su come sui social sia più facile organizzarsi quasi in anonimato per ritrovarsi in massa praticamente ovunque e come le forze dell'ordine debbano mediare in qualche modo fra massa, leggi e costituzione per non scivolare via via in una forma di guerra civile.
Forse è un'esagerazione questa affermazione ma mentre osservo la massa disordinata e urlante noto l'assenza di mascherine, un assembramento esagerato visti i tempi (due cose che per me negoziante sono soggette a controllo continuo come da protocollo Covid pena multa e chiusura dell'attività) e una forma di "maleducazione giustificata dalla protesta". 
Ecco, qui i punti che mi si aprono in testa sono tanti: capisco la mediazione delle forze dell'ordine, capisco la voglia di protestare quando ci si sente privati di un diritto. Respirando e parlando un po'ancora con la collega "tocco con mano" il malessere dei manifestanti che mi mostrano dita medie e mi mandano sorridendo a quel paese.
Io e la collega teniamo la mascherina ben ferma su bocca e naso, da dietro le nostre protezione ci escono due sorrisi tristi. Ci guardiamo, vorremmo rispondere, ridiamo.
Penso che questo sia il punto di rottura più grande fra chi è pro e chi è contro. 
Basterebbe il rispetto.
Io condivido il mio quotidiano fra chi è vaccinato e chi non lo è e come tutto lo staff del negozio conviviamo con persone che sono contro a prescindere e da venti mesi ci insultano se ricordiamo "che all'interno del negozio bisogna tenere la mascherina, sanificarsi le mani e tenere un po' la distanza fra le persone"; insulti a volte pesanti puniti dagli stessi con recensioni negative via social. Sicuramente alcuni di questi "contro" stanno sfilando davanti a me, con la famiglia, incuranti che poi i figli contagino i compagni di scuola e a volte gli insegnanti, che a loro volta hanno una loro vita. Ecco, rispetto.
Poi penso che sto guardando loro in transumanza per il centro alle sette di un sabato sera; ora di punta, ora in cui sono per strada.
La loro scritteriata voglia di manifestare non mi sta facendo lavorare, la gente è bloccata "o di qua o di la del corteo" e per un periodo di tempo lungo non si può spostare. Non entrano nei negozi e la spinta del sabato si ferma per tutti i negozi che si trovano a contatto col corteo. E in silenzio devo guardare la stessa famiglia che mi chiede le palline per l'albero di Natale mandarmi a quel paese. Vediamo la coda lampeggiante del corteo e rientriamo, ormai il sabato pomeriggio si è fermato. Sospiriamo per quest'ultima ora letteralmente buttata.
Il rispetto è anche protestare senza arrecare nessun tipo di danno agli altri.
Ma mi rendo conto che è un concetto difficile quando una persona a caso sale su un camion ed arringa una folla che altrimenti sarebbe un pesce rosso in una brocca.
Penso anche che sia un diritto protestare ma che sia sbagliato, scorretto ed impossibile, prendersi da soli il diritto di scrivere le leggi (quello andava bene nel Far West). Ci sono i rappresentanti del popolo per questo, gli illustri figuri, o figuranti, che abbiamo eletto tutti noi al Parlamento italiano. La brava gente che lavora per il paese, per farlo uscire, presto e bene dalla crisi pandemica.
Rientrando a casa quel pensiero lo rielaboro; piove, non c'è più nessuno per strada perché anche il manifestante non vuol bagnarsi, e i chilometri in bici aiutano il pensiero.
Penso al parlamento (così, minuscolo come mi appare), alla ministra Bonetti, alla Violenza contro le donne. Lei ha parlato in un aula con solo otto deputati presenti. Otto.
Una totale mancanza di rispetto (maschile e femminile e stupidamente bipartisan) verso un problema enorme del nostro tempo.
Ecco, torniamo alla mancanza di rispetto, alla mancanza di buono esempi dei nostri rappresentanti.
E capisco perché sorgano sempre più manifestazioni becere, volgari e violente.
Rientro a casa stanco e "fanculato" da padri di famiglia come me. 
E l'Avvento non è ancora cominciato.

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