Al netto dell'emergenza Covid che ormai costantemente occupa buona parte della nostra informazione, trovo tristemente entusiasmante il gran ballo delle candidature per la presidenza della Repubblica, ormai imminenti. Addirittura per il nuovo capo di stato si parla del 24 gennaio 2022, nei tempi previsti dalla Costituzione come possibile data dell'atteso annuncio.
Il 3 gennaio 2022 si chiuderà quindi il settennato di Sergio Mattarella, criticato forse ogni limite dal mondo politico e dal mondo social (quest'ultimo mondo fin troppo libertario nel permettere critiche a chiunque), ma che conclude il suo mandato sicuramente in positivo, più in positivo di qualche predecessore lodato in maniera esagerata.
Saluterà quindi il Colle con la nuova carica di Presidente Emerito e osserverà con la discrezione di sempre, le vicende nazionali dallo scranno del Senato.
Lascierà in parole povere, le beghe nazionali e non ad altri, presunti professionisti della politica. Altri che allo stato attuale delle cose hanno mille nomi, nessun certezza e curriculum vitae che spaziano in lungo e in largo per la professione politica.
Ad oggi che il Natale è vicino ogni forza politica, anche se sembra più corretto dire ogni agglomerato politico, manda alle agenzie il proprio candidato, presentandolo come il solo adatto a ricoprire il ruolo.
Ruolo che la maggior parte delle volte è quasi simbolico ma che altre volte può coronare una carriera politica, esattamente come potrebbe accadere nel nostro paese fra poco più di un mese.
Con la pandemia di coronavirus ancora in corso la candidatura a più voci dell'attuale premier Mario Draghi viene dallo stesso respinta nonostante sembri essere la persona più adatta, quell'uomo delle istituzioni, come detto dallo stesso durante la conferenza di fine anno con la stampa. L'idea è quella di un premier che prima di lasciare Palazzo Chigi voglia finire il proprio lavoro, quello iniziato dal proprio governo.
E gli altri nomi?
Sono nomi che si potrebbero definire "soliti noti", nomi usciti dagli appunti della Seconda e addirittura della Prima Repubblica; nomi derivati da vecchi partiti ormai spariti, mutati nel tempo, riapparsi sotto altre insegne. Dei due "soliti noti" più famosi forse quello di Casini, ex Democrazia Cristiana è quello che fa aggrottare meno le ciglia. Più inquietante la candidatura, la seconda, dell'ex socialista Amato, già Presidente del Consiglio, più volte chiamato a ricoprire ruoli istituzionali. Entrambi i nomi non sembrano riscaldare i cuori dei connazionali più di tanto.
Abbastanza fredda l'accoglienza anche per la candidatura dell'ex Presidente del Senato Pera.
E poi?
Poi ci sono due nomi che si potrebbero definire "forti", spendibili dalle forze politiche attualmente presenti negli scranni dell'Emiciclo: l'attuale Ministro della Giustizia Cartabia e l'ormai onnipresente Berlusconi, onnipresente nelle esternazioni di Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia.
Sarebbe bello, un segnale importante anche a livello sociale se finalmente i senatori, i cosiddetti grandi elettori che eleggeranno il nuovo Presidente della Repubblica, scegliessero una donna. Precedente in passato solo sfiorato dall'esponente radicale Emma Bonino. Sarebbe un gesto di rottura col passato, con la tradizione di uomi piuttosto avanti con gli anni. Cosa questa che sfavorisce il candidato del centrodestra Berlusconi forse più dei trascorsi politici e personali. Certo, è un nome che per il centrodestra è il più spendibile, forse l'unico davvero candidabile fra quelli lanciati alle agenzie, ma è altrettanto vero che forse nel segreto dell'urna in Senato prevarranno quelle logiche che solitamente non vengono lanciate anzitempo alle agenzie.
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